Napoli, vivi per miracolo dopo l'incendio: «Una casa in ospedale per Antonio e Francesca»

Napoli, vivi per miracolo dopo l'incendio: «Una casa in ospedale per Antonio e Francesca»
di Maria Chiara Aulisio
Martedì 13 Novembre 2018, 10:30
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Hanno vissuto al Vecchio Pellegrini per quasi due mesi, Antonio e Francesca, 34 e 36 anni, i due figli di Rita Recchione, la donna di 65 anni morta lo scorso settembre a causa dello scoppio di una bombola di gas all'interno dell'appartamento alla Pignasecca dove viveva con loro. Povertà assoluta, niente lavoro, nessuna prospettiva per il futuro e l'ennesima visita dell'ufficiale giudiziario: «Da questa casa dovete andare via al più presto altrimenti arriveranno i carabinieri». Rita non resse il colpo, la paura di ritrovarsi senza un tetto con i due figli, entrambi affetti da più di un problema di salute, la convinse ad attuare un gesto estremo: «Prima sedò Antonio e Francesca con del sonnifero, poi diede fuoco alla casa facendo scoppiare la bombola del gas». Madre Antonietta, dell'ordine delle Suore figlie della carità, ha seguito la vicenda fin dall'inizio insieme con don Tonino Palmese, sacerdote da oltre trent'anni, vicario episcopale della Chiesa di Napoli e presidente della Fondazione Polis per i familiari delle vittime innocenti della criminalità. Don Tonino ogni domenica alle 10.30 dice messa nella chiesa del Vecchio Pellegrini e ben conosce la storia di Antonio e Francesca: «Dobbiamo ringraziarlo - aggiunge la suora - stesso ringraziamento anche per Mariella Corvino, la direttrice dell'ospedale. Se non fosse stato per loro, Antonio e Francesca sarebbero finiti a vivere per strada».
 
Uno in Ortopedia, l'altra in Medicina, i figli della donna vennero ricoverati lì subito dopo l'eplosione nell'abitazione al terzo piano di via Don Minzoni, e lì sono rimasti fino a qualche giorno fa: «Non era più possibile tenerli in ospedale - racconta ancora suor Antonietta - nonostante la grande solidarietà dimostrata dall'ospedale Vecchio Pellegrini bisognava portarli via. È vero, hanno avuto bisogno di cure, per questo sono stati ricoverati, adesso però ci vuole una soluzione alternativa, ovvero una casa tutta per loro dove vivere serenamente con l'obiettivo di dimenticare al più presto quello che è successo».

A disposizione della suora 250 euro al mese che l'Arciconfraternita dei Pellegrini si è offerta di pagare per provare a garantire un tetto ad Antonio e Francesca che, al momento, grazie all'intermediazione di don Tonino Palmese, alloggiano presso la «Casa Crescenzio», uno spazio all'interno del Centro La Tenda gestito da don Antonio Vitiello. «Non è un posto adatto a loro anche se per ora è la migliore accoglienza possibile - aggiunge suor Antonietta - Sto disperatamente cercando una casa che non costi più della cifra che ho a disposizione, ma ad oggi non ho ancora trovato nulla. Naturalmente non mollo, vado avanti nella ricerca e conto sulla provvidenza».

Duecentocinquanta euro al mese sono un po' pochi per prendere in affitto anche solo una stanza con un piccolo angolo cottura ma si spera che, con l'Arciconfraternita, qualcun altro decida di aiutare la coppia di giovani: «Cercheremo di trovarla lo stesso - commenta Francesco - abbiamo assolutamente bisogno di una casa. Poi ci metteremo a lavorare e allora potremo anche essere autonomi». Il desiderio di Francesco, affetto da una patologia piuttosto seria alla colonna vertebrale, è quello di tornare sui libri per prendere il diploma di terza media: «Mia madre mi ha fatto andare a scuola fino alla quarta elementare, poi non so per quale ragione decise che non ci dovevo andare più. Mi costringeva a stare a casa, si usciva raramente, non mi ha mai fatto fare neanche un documento di identità». Diversa la situazione di Francesca che invece i documenti li ha sempre avuti tutti in regola. Il perché lo spiega ancora suor Antonietta: «Soffre di ipoacusia, un indebolimento dell'apparato uditivo che le ha permesso di ottenere una piccola pensione di invalidità. Cercavano di sopravvivere con quella ma naturalmente non bastava. E alla fine sono rimasti senza un centesimo».

La storia comincia molti anni fa quando Rita, con i suoi due figli, lascia Reggio Emilia dove si era trasferita a vivere con il marito. La coppia si separa e la donna decide di tornare a Napoli portando con sè i bambini: «Papà nemmeno me lo ricordo - racconta Francesca - avevo circa tre anni quando siamo andati via da Reggio, da allora mai più visto. Andammo a vivere a casa della nonna dove siamo stati abbastanza bene, poi lei è morta e i soldi non sono bastati più. Meno male che abbiamo trovato qualcuno che è preso cura di noi altrimenti avremmo fatto una brutta fine».
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