Napoletani scomparsi in Messico: l'avvocato: «Individuati i responsabili»

Napoletani scomparsi in Messico: l'avvocato: «Individuati i responsabili»
Lunedì 11 Giugno 2018, 15:31 - Ultimo agg. 12 Giugno, 09:24
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C'è, in Messico, una persona che conosce la sorte toccata ai tre italiani di cui non si hanno più notizie dal 31 gennaio scorso: a Jalisco tutti lo conoscono, si chiama come don Angel. È lui, secondo le indagini della Procura messicana, che ha preso in consegna i cugini Antonio Russo e Vincenzo Cimmino, grazie alla collaborazione di alti funzionari corrotti della polizia locale. Ed è sempre lui, secondo le dichiarazioni rese dagli agenti arrestati e poi rinviati a giudizio che, almeno quel giorno, sapeva anche dov'era Raffaele Russo, il primo degli italiani svaniti nel nulla. I nomi delle persone coinvolte nella sparizione dei tre italiani e il ruolo che hanno avuto sono contenuti nelle 22 pagine di verbali degli interrogatori venute in possesso dell'avvocato Claudio Falleti, legale delle famiglie Russo e Cimmino. Un dossier che a breve sarà consegnato anche alla Procura di Napoli.

Il legale, oggi, in una dichiarazione all'Ansa ha chiesto, per l'ennesima volta, che lo Stato italiano muova le sue leve perché, ora, la verità è vicina: «i responsabili delle sparizioni hanno un nome e la vicenda è stata ricostruita. È il momento di agire, di fare pressione affinché, finalmente, dopo quattro mesi, si possa conoscere la sorte di Raffaele, Antonio e Vincenzo». In quelle pagine è descritta la dinamica di quanto accaduto quel tragico 31 gennaio: Raffaele esce, per portare avanti i suoi affari. Il figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino, che si trovano con lui a Jalisco, insieme con l'altro figlio, Francesco, che invece è a Guadalajara, ad un certo punto non riescono a contattarlo. Scatta l'allarme. Uno dei figli chiama l'agenzia dove ha noleggiato l'auto e, grazie al segnale gps rintracciano il luogo dove si trova la vettura. Antonio e Vincenzo partono e si recano nella località indicata ma, nei pressi di un distributore, vengono fermati e presi in consegna dalla polizia locale. Antonio invia un messaggio whatsapp al fratello Francesco: «Siamo in auto con la polizia», scrive. Saranno le sue ultime parole. I due Credono di andare in commissariato. E, in effetti, anche a Francesco viene riferito da una centralinista del commissariato che sono in arrivo due italiani. Ma nel posto di polizia non arriva nessuno. Durante il tragitto gli agenti ricevono l'ordine, da un superiore, di recarsi in un preciso punto. Ci vanno e lì trovano il vice capo della polizia di Jalisco, Hilario Farias Mejia, e don Angel, personaggio del posto piuttosto noto, ritenuto legato alla malavita locale, che viene descritto in maniera precisa dai poliziotti: «era a bordo di un suv rosso senza targa, ben vestito e con un dente di platino». Intanto Francesco richiama in commissariato per sapere se i suoi congiunti sono arrivati. Ma, questa volta, gli viene detto che lì non era previsto l'arrivo di italiani. Gli agenti inoltre riferiscono che don Angel fa capire a tutti di sapere dove si trova Raffaele. Dopo avere caricato in auto Antonio e Vincenzo, infatti, dice: «ora li prendiamo e li portiamo dov'è l'altro italiano». Intanto Farias intima a suoi sottoposti di non rivelare a nessuno l'accaduto. Da quel momento dei tre italiani non si sa più nulla.

Domani pomeriggio, a Montecitorio, l'avvocato Falleti e alcuni congiunti dei tre scomparsi, saranno ricevuti dal presidente della Camera, Roberto Fico. La famiglia, ora, si attende risposte: «È il momento di assumersi le proprie responsabilità - dice infine Falleti - facciamo finalmente luce su questa vicenda». Gli agenti sono stati rinviati a giudizio mentre risultano latitanti il capo e il vice capo della polizia, anche loro incriminati. Nei confronti di don Angel, invece, nessuna misura cautelare.
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