Napoletani scomparsi in Messico, svolta nell'inchiesta: indagati 33 poliziotti

Napoletani scomparsi in Messico, svolta nell'inchiesta: indagati 33 poliziotti
di Paolo Barbuto e Giuseppe Crimaldi
Giovedì 22 Febbraio 2018, 08:41 - Ultimo agg. 20:52
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Trentatré agenti di polizia sotto interrogatorio. Nel Messico delle efferate violenze che si consumano quotidianamente ai danni di tanti innocenti, nel paese che si contende il tragico primato degli abusi e delle contaminazioni tra chi veste una divisa e chi fa parte di bande criminali pronte a tutto, spunta uno spiraglio nelle indagini sui tre napoletani scomparsi nel nulla dal 31 gennaio. Quale che sia l’origine e lo sviluppo di questa oscura vicenda, arriva una buona notizia: un vertice investigativo tra gli organi inquirenti italiani e messicani.
Un incontro per coordinare le indagini e fare finalmente il punto della situazione. Dove sono Raffaele Russo, suo figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino, dei quali dal 31 dicembre scorso non si hanno più notizie? E che cosa ne ha determinato la scomparsa? Si tratta di un sequestro di persona? O, piuttosto, dietro la coltre di silenzio e al muro di gomma che ha caratterizzato l’atteggiamento delle autorità messicane ci sono scenari semmai ancor più inquietanti?
Il summit. Martedì - ma la notizia è stata diffusa soltanto ieri - le autorità della polizia di Jalisco (la regione in cui si trovavano i tre napoletani scomparsi nel nulla) hanno incontrato il rappresentante dell’ambasciata italiana in Messico ed un dirigente del Viminale. Un vertice importante teso - spiegano i giornali locali - teso a «scambiarsi informazioni finalizzate a localizzare i tre italiani finiti in un allarmante cono d’ombra». All’incontro hanno partecipato il segretario generale del governo locale, Roberto López Lara, il procuratore generale dello Stato, Raúl Sánchez Jiménez, il procuratore regionale, Fausto Mancilla Martínez, oltre a Simone Landini, consigliere dell’ambasciata italiana in Messico e Guido Iannelli, addetto di polizia italiano. Da fonti locali si apprende che «i diplomatici hanno discusso del progresso dell’indagine, che è stata generata da una denuncia presentata il 31 gennaio dai parenti dei tre cittadini italiani». 

 

Le indagini. Dal riserbo delle fonti ufficiali emerge tuttavia un particolare significativo. Le operazioni di ricerca dei tre napoletani sono state allargate ben oltre i confini della regione di Jalisco, estendendosi anche agli stati confinanti di Michoacán e di Colima. Si apprende anche - e a sostenerlo è un bene informato sito internet messicano, «Milenio.com» - che ai 33 poliziotti che erano in servizio il 31 di gennaio nella cittadina di Tecalitlan (e sui quali gravano sospetti almeno per ciò che riguarda la scomparsa di Vincenzo Cimmino e del cugino Antonio Russo) e che in queste ore vengono interrogati, sarebbero state anche ritirate le armi di ordinanza. L’incontro tra i vertici investigativi messicani e i rappresentanti italiani ha indotto il segretario Roberto López Lara ad «incaricare i pubblici ministeri di intensificare la ricerca dei tre italiani». E questo è già un importante e significativo passo in avanti. 
Nuove ricerche. Durante la conferenza stampa tenutasi a Città del Messico al termine del vertice, il procuratore generale dello Stato ha spiegato che «la magistratura messicana ha inoltrato alle autorità inquirenti italiane ulteriori informazioni sui casellari giudiziari che i dispersi avrebbero potuto avere nel loro paese, da tre anni, considerato che almeno uno di loro - il 60enne Raffaele Russo - risulta essere stato arrestato nel febbraio del 2014 nello stato di Campeche per il reato di frode». Notizia di cui sarebbe stata al corrente già l’ambasciata italiana. Il procuratore generale dei Jalisco, Raul Sanchez Jimenez, ha dal canto suo affermato che tra i moventi che avrebbero causato la scomparsa dei tre napoletani si prende in considerazione anche l’ipotesi che uno di essi possa avere commesso un errore poi risultato fatale: l’avere cioè truffato - nella vendita di generatori elettrici contraffatti («Caterpillar» di fabbricazione non originale, ma di provenienza cinese) - personaggi legati alla mafia locale. Verifiche investigative sarebbero in corso anche sull’operato del sindaco di Tecalitlan, Victor Diaz Contreras, per la parte che riguarda le attività della polizia municipale del distretto. Ma lui nega: «Su di me nessuna indagine». 
Indagini congiunte. Va ricordato che - oltre alle indagini avviate dalla magistratura messicana - sul caso della scomparsa dei tre cittadini italiani anche la Procura della Repubblica di Roma ha aperto quattro giorni fa un fascicolo d’inchiesta contro ignoti. Gli inquirenti messicani, in questa fase, puntano la loro attenzione anche su ambienti che ricondurrebbero agli appartenenti ad un cartello criminale attivo nella regione di Jalisco: «Jalisco new generation», che controlla ampie aree della zona e con cui i tre italiani potrebbero essere entrati, anche involontariamente, in contatto. Si tratta di una delle bande di recente formazione nel centro del Messico, che - stando alle più recenti cronache - si è macchiata anche di efferati delitti.
Le famiglie degli scomparsi. Da 22 giorni senza notizie. Senza intravedere uno spiraglio, un solo barlume di luce. Si consuma così, intanto, il tempo per le famiglie dei tre scomparsi. Tra veglie di preghiera - alle quali si unisce l’intera comunità della zona del Mercato, a Napoli - e attese dinanzi a un telefono che non squilla. Uno dei figli di Raffaele Russo - Giovanni - resta ancora in Sud America: si è allontanato da Ciudad Guzman, la cittadina in cui il gruppo dei napoletani risiedeva, anche per sentirsi al sicuro. Ma resta un’amarezza profonda.
«La procura di Guadalajara indugia su dicerie legate agli interessi dei nostri cari in Messico per coprire il loro insuccesso e la situazione di stallo nelle operazioni di ricerca»: è la denuncia dei Russo e dei Cimmino, rilanciata ieri in una dichiarazione rilasciata all’Ansa. I familiari dei tre «desaparecidos» ribadiscono l’assoluta estraneità dei loro cari ad ambienti riconducibili al narcotraffico o ad organizzazioni criminali. «Il procuratore di Guadalajara in Messico - affermano - è a conoscenza di questo caso fin dal primo giorno e, anziché attivarsi nelle ricerche facendo tesoro delle nostre indicazioni riguardanti il coinvolgimento della polizia locale, continua a concentrarsi sui precedenti di Raffaele Russo, di suo figlio Antonio e di suo nipote Vincenzo Cimmino. Raffaele - insistono i parenti dei tre scomparsi, che da ieri si fanno assistere anche da un legale - siamo costretti a ripeterlo sperando di non doverlo fare più, è solo un venditore ambulante, un “magliaro”, non un camorrista e meno che mai un narcotrafficante». 
«L’impressione - concludono i parenti dei tre “desaparecidos” è che in Messico si preferisca dare credito a queste menzogne solo per coprire la mancanza di risultati nella ricerca».
La polemica.

Ma, proprio in seguito a queste dichiarazioni, nella serata di ieri è giunta una nota della «Fiscalia» di Jalisco, che certo non aiuta a rasserenare il clima di collaborazione avviato a livello diplomatico. «I familiari degli scomparsi - si legge sui siti messicani che rilanciano le dichiarazioni della magistratura regionale messicana - continuano a non aiutarci nel nostro lavoro, intralciando le indagini». Un’accusa pesante: «I parenti degli scomparsi - si legge su Milenio digital - mentirono dicendoci di essere venuti come turisti. E ci hanno denunciato la scomparsa dei tre parenti soltanto un giorno dopo».

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