Messico, quella lunga scia di sparizioni: 27mila casi in 2 anni

Messico, quella lunga scia di sparizioni: 27mila casi in 2 anni
di Paolo Barbuto
Venerdì 23 Febbraio 2018, 12:18
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Lo scorso 28 gennaio a città del Messico vennero arrestati due poliziotti che avevano partecipato all'arresto e al probabile pestaggio di Marco Antonio Sánchez, uno studente che manifestava. Di Marco si erano perse le tracce dopo il fermo. È stato ritrovato una settimana dopo mentre vagava in stato confusionale, pieno di lividi e sotto gli effetti di un medicinale che lo aveva intontito. La scomparsa di Marco, prima ancora di quella dei tre napoletani, ha fatto nuovamente sanguinare una ferita mai rimarginata in Messico: quella del coinvolgimento delle forze dell'ordine in casi di violenza gratuita, corruzione e malaffare. Chi è stato nel Paese sa che spesso ai turisti viene suggerito di non fidarsi troppo delle divise, forse il suggerimento non è sbagliato.

In Messico c'è un buco nero nel quale si perdono migliaia di persone. Secondo Amnesty International, in quella nazione sono scomparse 27mila persone nel giro di due anni: per avere un'idea della vastità della vicenda provate a pensare al quartiere di Posillipo oggi e immaginate di tornarci fra 24 mesi senza trovare più anima viva, e nessuno che sappia spiegare che fine hanno fatto.

C'è una pagina ufficiale del governo messicano nella quale sono censite tutte le persone per le quali è stata denunciata la scomparsa. Attualmente non sono ancora compresi i tre napoletani per i quali sono scattate le ricerche e, in mezzo alle 34.681 segnalazioni, solo quattro sono riferite a cittadini italiani: a due di queste sono collegati i nomi, di chiara matrice ispanica (Ricardo Hernandez e Nancy Corona); altre due denunce di sparizione risultano anonime, sono riferite a due uomini di 59 e 61 anni dei quali si conosce solo la provenienza italiana. Sono affiancate solo da segni particolari, cicatrici, tatuaggi. Uno è scomparso nel 2015, il dieci di settembre, l'altro circa un anno fa, il 23 marzo del 2017. E sapete dove sono scomparsi? Nella regione di Jalisco, la stessa che ha inghiottito Raffaele Russo, il figlio Antonio e suo nipote Vincenzo Cimmino.

Nell'elenco ufficiale manca il nome di Roberto Molinaro, scomparso nel nulla quattro anni fa. Era anche lui in Messico per vendere generatori elettrici: una notte non è rientrato nell'hotel di Vera Cruz dove s'era sistemato con il fratello. Subito venne lanciato l'allarme. Il giorno seguente la sua carta di credito venne utilizzata compulsivamente prima di essere bloccata: si pensò a una rapina finita tragicamente. La sua famiglia, del Lavinaio, non s'è mai data per vinta nella battaglia per conoscere la sorte di Roberto che, tutt'ora, risulta «desaparecido».

Anche Ciro Poli vendeva generatori elettrici, nell'area di Nuevo Leòn. Aveva avuto problemi con la giustizia messicana: venne fermato, nel luglio del 2013, assieme a un altro napoletano, Fabio De Rosa e accusato di frode nella vendita di generatori e motoseghe per le quali non forniva documenti fiscali. Qualche mese dopo, alla fine di ottobre del 2013, improvvisamente Ciro sparì. Anche in quel caso partì subito la denuncia, la famiglia chiese ricerche immediate. Purtroppo qualche giorno dopo la scomparsa, il 5 novembre, il corpo di Ciro venne ritrovato carbonizzato all'interno dell'automobile che utilizzava per i suoi spostamenti.

 

Non aveva nessun collegamento con il mondo dei venditori ambulanti, invece, un altro napoletano, Filippo Guarracino, morto in circostanze oscure. La sua è una storia drammatica di soprusi e di violenze inaudite, ancora più sconvolgente perché Filippo, che aveva 30 anni nel 2004 quando decise di andare in Messico, cercava solo aiuto e giustizia. Filippo Guarracino doveva trascorrere una vacanza a Cancun, era entusiasta del viaggio. Dopo soli due giorni, però, si ritrovò al centro dell'inferno: aveva subito il furto del passaporto, decise di rivolgersi al consolato per chiedere come risolvere la questione. Prese un taxi ma l'autista non andò verso il consolato, lo lasciò nella zona dell'aeroporto dopo avergli rubato anche lo zaino con gli altri documenti e i soldi. Travolto dagli eventi, il giovane napoletano tentò di farsi aiutare dalla polizia ma un agente pretese denaro in cambio di un intervento ufficiale.
Filippo chiese aiuto ad amici e parenti in Italia. La sorella contattò il Ministero degli Esteri che fece intervenire l'ambasciata di Città del Messico. L'uomo venne accompagnato in un albergo dove avrebbe potuto attendere il rilascio di un nuovo documento e finalmente rientrare in Italia, a Napoli.

Sembrava la fine di un incubo. Invece l'incubo vero doveva ancora iniziare. Filippo contattò nuovamente la sorella spiegando di aver bisogno urgente di soldi perché era stato minacciato di morte. Da quel momento non si sa cosa sia accaduto: il giorno seguente la sorella venne raggiunta da una telefonata: Filippo è morto d'infarto.
Anche la conclusione della storia è sconvolgente. Alla famiglia venne detto che il corpo poteva essere riportato in Italia solo dopo essere stato cremato o imbalsamato. Si decise per questa seconda opzione che, però, non ha mai consentito alle autorità italiane di scoprire le reali cause della morte del trentenne.

Tre anni dopo a Playa del Carmen si verifica un evento straordinariamente simile: il leccese Simone Renda, in vacanza in Messico, muore d'infarto in carcere. Anche Simone s'era trovato di fronte la polizia, nella camera d'albergo, il giorno prima di rientrare in Italia. Per un motivo non chiaro era stato tratto in arresto: e anche nella vicenda del giovane pugliese si sono affastellate decine d'incongruenze. Alla fine, però, in questo caso la giustizia ha fatto il suo corso: due anni fa sono arrivate condanne severissime dopo aver appurato le torture subite da Simone nel corso della detenzione. 25 anni di reclusione ai vicedirettori del carcere municipale di Playa del Carme, Pedro May Balam e Arceno Parra Cano, ventuno anni per le guardie carcerarie Luis Alberto Arcos e Najera Sanchez Enrique, identica pena per il responsabile dell'Ufficio ricezione del carcere, Gomez Cruz.
Attualmente c'è ancora preoccupazione per l'imprenditore veneto Alessandro Bozzato. Alla fine di gennaio ha contattato i parenti in Italia spiegando di aver ricevuto minacce di morte e di essere braccato dalla polizia: da qual momento si sono perdute le sue tracce.
p. b.
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