Materazzo, l'avvocato: «Caso uguale
a Puigdemont, Luca presto in libertà»

Materazzo, l'avvocato: «Caso uguale a Puigdemont, Luca presto in libertà»
di Paola Del Vecchio
Domenica 7 Gennaio 2018, 11:07 - Ultimo agg. 8 Gennaio, 09:38
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Madrid. Per ora è rinchiuso nella prigione madrileña di Soto del Real, ma potrebbe - è una ipotesi dell'avvocato spagnolo che lo difende - anche tornare in libertà in attesa di un'estradizione, che si annuncia ben più problematica del previsto. Nel predicibile copione difensivo, Luca Materazzo, ultimogenito di una delle più note famiglie partenopee, accusato del fratricidio dell'ingegnere Vittorio, dopo l'arresto a Siviglia continua a professarsi non solo innocente e vittima di un complotto familiare. Ma, in un colpo di scena meno immaginabile, sostiene ora che non sapeva di essere ricercato, inseguito da oltre un anno dall'ordine di arresto per omicidio premeditato, emesso dal gip Bruno D'Urso su richiesta della Procura di Napoli. In Spagna è venuto da libero cittadino, per sottrarsi al complotto dei familiari, che tentano di incolparlo della morte del fratello, dopo che avevano già provato invano ad accollargli quella del padre Lucio, a dire dell'avvocato Maria Teresa Olmeda Sanchez, che lo assiste in terra iberica.

E c'è di più. Nella battaglia legale, che la penalista madrileña è decisa a combattere, Luca Materazzo potrebbe ricevere un assist decisivo dal fatto che il codice penale spagnolo non contempla l'ergastolo per il reato pure gravissimo omicidio premeditato aggravato - di cui è accusato in Italia. Per cui, la giustizia iberica potrebbe considerare non applicabile il procedimento di estradizione richiesto da quella italiana per un delitto castigato con il carcere a vita. È quanto sostiene la legale del presunto omicida di Chiaia che ha presentato in tempo record un doppio ricorso alla detenzione e al via libera dato dall'Audiencia Nacional alla riconsegna dell'imputato alle autorità italiane.

«Stando agli accordi vigenti nello spazio Schengen, l'estradizione si basa sul principio di mutuo riconoscimento delle decisioni penali fra Stati. Ma sempre e quando un delitto o una pena siano contemplati nel codice penale del Paese, che ha in carico il procedimento di consegna. E in Spagna l'ergastolo non esiste», ricorda la Olmeda Sanchez in un colloquio con Il Mattino. «Per cui, il mio assistito potrà essere consegnato all'autorità giudiziaria di Napoli solo se questa si impegna a non condannarlo al carcere a vita», aggiunge. Il che, in termini legali, equivarrebbe a una revoca dell'ordine europeo di detenzione o a una modifica dei capi d'imputazione. «Siamo davanti a un caso uguale a quello che visto protagonista l'ex presidente catalano Carles Puigdemont e 4 consiglieri, rifugiatisi a Bruxelles, per i quali la giustizia spagnola ha chiesto al Belgio l'estradizione e ha poi dovuto fare marcia indietro, ritirando l'euro ordine per sedizione, ribellione e malversazione», rileva la penalista. Una vicenda giudiziaria che, ai primi di dicembre, ha tenuto banco sui media globali. «Il reato di sedizione, infatti, non è previsto dal codice penale belga», aggiunge il legale. «E, per evitare che fosse la giustizia di Bruxelles a decidere su quali capi di imputazione dovessero essere processati gli accusati il giudice istruttore dell'Audiencia Nacional ha dovuto revocare i mandati di arresto europei, che avrebbero condizionato il processo penale interno». L'ex «president» catalano e consiglieri restano tuttora liberi in Belgio, anche se potranno essere detenuti non appena rimetteranno piede sul suolo patrio.

In altre parole, Luca Materazzo potrebbe beneficiare della diversa natura giuridica riservata nel codice penale spagnolo all'omicidio premeditato. Del fatto che il «carcere permanente soggetto a revisione» - ovvero la condanna a vita revisionabile dopo 25/35 anni - si applica solo nei casi di omicidio aggravato se le vittime sono minori o persone particolarmente vulnerabili, di attentati terroristi, genocidi o crimini di lesa umanità.
 
Secondo la procedura, l'Audiencia Nacional ha ora 90 giorni di tempo per pronunciarsi sui ricorsi della difesa. «Il limite massimo in cui Luca può restare in cella è di 60 giorni, prorogabili per altri 30», evidenzia Olmeda Sanchez. «Tuttavia, valuto che il tribunale risolverà in una ventina di giorni. Potrebbe rifiutare l'estradizione e mettere nel frattempo Luca in libertà, perché in carcere non può preparare la difesa e, inoltre, non sussiste il rischio di fuga». L'agguerrita strategia difensiva si basa sulla confutazione dell'intera linea d'accusa. A cominciare dal fatto che il 36enne fosse un fuggiasco, mentre a Siviglia si era rifatto una doppia vita di cameriere dai modi affabili e sottopagato.
«Quando ha lasciato l'Italia, nel dicembre 2016, lo ha fatto con i suoi documenti di identità e in tutta tranquillità. Se uno come lui, laureato in giurisprudenza, avesse voluto nascondersi, si sarebbe occultato in un paese non Schengen», argomenta la legale. E, anche al momento dell'arresto, nel bar dove lavorava, non sapeva di essere ricercato. Non aveva idea dell'ordine di cattura spiccato nei suoi confronti. Giura di essere innocente, di non aver ucciso il fratello e di essere, invece, vittima di una trama familiare ordita per incastrarlo, anche della morte del padre, perché in gioco c'è un'ingente eredità. Per questo è la tesi del difensore - ha paura di essere estradato in Italia». Una narrazione in evidente contrasto con il film del crimine e della fuga ricostruito nelle indagini napoletane. Luca Materazzo aveva lasciato Napoli il 10 dicembre 2016, prima ancora che la Procura ne chiedesse l'arresto, su un autobus della linea FlixBus, partito da piazza Garibaldi e diretto a Genova. E l'eredità contesa, secondo l'accusa, sarebbe stata alla base della decisione di eliminare il fratello Vittorio, 51enne, maturata mesi prima, con premeditazione, proprio perché si era opposto allo smembramento del patrimonio lasciato da Lucio Materazzo, morto a 81 anni, per cause naturali, nel luglio 2013. Smontando uno a uno gli elementi a carico, Maria Teresa Olmedo Sanchez è determinata a ribaltare anche l'evidenza delle prove: «La misura cautelare emessa dal Gip di Napoli non spiega il perché di un'imputazione così grave, ma si limita a segnalare l'esistenza di un testimone, che avrebbe visto Luca Meterazzo sul luogo del delitto», argomenta la penalista. Quanto alla «prova regina» del Dna del 36enne detenuto, riscontrato sul coltello e sul giubbotto e i pantaloni usati dall'assassino e lasciati in vico Santa Maria della Neve la sera dell'omicidio - il 28 novembre 2016 - per la legale «non significa nulla, perché potrebbe essere falsa o le tracce biologiche trasferite per semplice contaminazione». La difesa rilancia l'immagine del «ragazzo molto corretto, sorpreso e impaurito dalla persecuzione sofferta a causa dei suoi familiari». Quanto agli aiuti eccellenti di cui Luca avrebbe goduto nei lunghi mesi della permanenza in Spagna, l'avvocato glissa. «È stato a Siviglia, vivendo di lavori precari e facendosi ospitare da amici, all'oscuro come lui del fatto che fosse ricercato». Amici come Carlos, il padrone della casa di Calle Teruel dove il presunto fratricida è rimasto per mesi. O come Miguel Mesa, che gli ha offerto un sofà sul quale dormire dal 30 dicembre al giorno dell'arresto. E che adesso è preoccupato perché la grande valigia e le cose di Luca incluso il computer? - sono rimaste in casa sua, a Siviglia, in calle Claudio Guerín. «Nessuno dalla Procura di Napoli ne ha chiesto il sequestro», rivela l'avvocato Olmeda Sanchez. «E, in mancanza di un'ordinanza con la richiesta di assistenza delle autorità giudiziarie italiane, la polizia spagnola non può intervenire di propria iniziativa».
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