«Io, colpito alla testa
nell'inferno del Vasto»

«Io, colpito alla testa nell'inferno del Vasto»
di Mariagiovanna Capone - Nico Falco
Venerdì 15 Giugno 2018, 08:40 - Ultimo agg. 10:02
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Una lunga ferita al centro della testa, con sospetta lesione cranica, causata da un colpo violento inferto con il tacco di una scarpa. Antonio Bencivenga è ancora incredulo mentre racconta dell'aggressione che ha subìto ieri intorno alle 7.50, quando è stato attaccato da un immigrato africano a cui aveva chiesto di spostare la bancarella che aveva allestito sul marciapiede.
 


L'uomo aveva appena fatto colazione in un bar poco distante e si accingeva ad alzare la saracinesca della farmacia «Principe Umberto» di via Firenze, dove lavora come magazziniere. Il ragazzo si era però piazzato davanti all'ingresso. L'aggressione sarebbe stata immediata, improvvisa: dopo essersi rifiutato di spostarsi, l'immigrato avrebbe afferrato la scarpa e lo avrebbe colpito. Il magazziniere è stato accompagnato in ambulanza al Cardarelli, dove è stato medicato e dimesso con 10 giorni di prognosi dopo una tac.

Signor Bencivenga, come sta prima di tutto?
«Meglio. Ancora stordito per quanto accaduto ma tutto sommato sto bene. Ho una profonda ferita alla testa chiusa con sette punti di sutura e dieci giorni di prognosi».

Le va di descrivere l'aggressione?
«C'è poco da dire. Come ogni mattina sono andato in farmacia per aprire i locali. Sono il magazziniere e mi preparavo alle consegne che di lì a poco sarebbero arrivate. Sul marciapiedi c'era un vero e proprio negozio di scarpe e borse usate, robaccia raccattata dall'immondizia sicuramente, sparsa davanti all'ingresso del negozio dove sono impiegato ma anche su quelli adiacenti, tra cui un alimentari».
 
E lei cosa ha fatto?
«Quello che avrebbe fatto chiunque di fronte a quello spettacolo indecoroso. Ho invitato gli ambulanti a spostarsi da qualche altra parte, che lì non potevano stare, che dovevamo lavorare».

Qual è stata la reazione?
«All'inizio di indifferenza. Era come se non avessi neanche parlato, che le mie parole neanche fossero state comprese. Poi quello che era davanti all'ingresso ha preso una scarpa dalla sua merce esposta e me l'ha battuta con violenza in testa. Non ho capito più niente. Il sangue usciva dalla ferita e sono corso nel bar all'angolo dove avevo fatto colazione pochi minuti prima, per recuperare del ghiaccio e qualche asciugamano per fermare l'emorragia».

Ha avuto paura che l'aggressione continuasse?
«Sinceramente no, non ho pensato a nulla in quei momenti se non a fermare il sangue che scorreva copioso. L'istinto mi ha suggerito questo e forse è stato meglio, perché ripensandoci adesso, non so cos'altro avrebbe potuto farmi se fossi rimasto lì».

Nessuno ha provato a difenderla?
«No. Nessuno ha provato a parlare o a difendermi dall'aggressione. Ma non colpevolizzo nessuno, quello che è accaduto a me è la prova che la loro reazione alla minima richiesta di legalità, è la violenza. Non può esserci dialogo, comprensione. È una questione di vita, la nostra, che è quotidianamente in pericolo».

E poi cosa è successo?
«Qualcuno ha chiamato la polizia. Per un attimo ci siamo affacciati dal bar e gli immigrati erano ancora lì, come se non fosse successo niente. Poi appena ha sentito la sirena, il mio aggressore ha chiuso il sacco con le scarpe ed è scappato via. Gli altri hanno fatto con più calma. Erano ancora lì quando sono arrivati gli agenti, che gli hanno chiesto di sgomberare».

Ha pensato in quei momenti che la reazione dell'uomo poteva essere ancora più violenta?
«Sinceramente in quei momenti no. Lo sto pensando ora. Invece della scarpa poteva spaccarmi la testa con qualche altro oggetto, oppure prendere un'arma. Non sappiamo nulla di queste persone ma conosciamo la loro arroganza. Ogni giorno ce la sbattono in faccia. Tutti i residenti e i lavoratori del Vasto hanno avuto a che fare con i modi aggressivi e violenti di queste persone che smerciano solo illegalità».

A pochi metri dalla farmacia di via Firenze dove lavora c'è il tristemente noto «mercatino della monnezza».
«Appunto. Sono anni che ci sgoliamo per difendere il nostro territorio da un'invasione di sporcizia, merce lercia e indecorosa. Questa era una dignitosa piazza, oggi è un letamaio. La notte precedente alla mia aggressione si è tenuto il mercatino come al solito. Arrivano non appena iniziamo a chiudere le saracinesche e per tutta la notte mettono in vendita questa robaccia, con i residenti chiusi in casa per paura, e il vociare che dura tutta la notte. Mi chiedo fino a quando si permetterà tutto questo».

Eppure da una settimana c'è l'ordinanza del sindaco per questo quartiere...
«Sì ma i controlli dove sono? Queste persone continuano a fare il loro comodo, nello spregio delle leggi».
 

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