Malaria a Napoli, sei migranti malati
salvata bimba di venti mesi

Malaria a Napoli, sei migranti malati salvata bimba di venti mesi
di Ettore Mautone
Sabato 23 Settembre 2017, 23:22 - Ultimo agg. 25 Settembre, 08:43
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Malaria, due gravi casi registrati al Cotugno negli ultimi quindici giorni. In totale salgono a sei (tre adulti e tre bambini) se si considera anche agosto. Un picco epidemiologico, rispetto ai circa trenta casi di media registrati ogni anno, messo in relazione con i frequenti viaggi che le popolazioni immigrate, pur residenti da anni in Italia, compiono nel periodo estivo nelle zone di origine (Africa e Asia soprattutto), dove la malaria è endemica e diffusissima e dove è facile venire in contatto con la zanzara che diffonde la malaria.

Nell’ultimo mese in particolare, sono stati ricoverati 4 pazienti di cui tre bambini. Due di essi, con una presenza del parassita nel sangue molto alta. Si tratta di un bambino di nove anni e di una piccola di venti mesi entrambi residenti a Castelvolturno. La più piccola è stata ricoverata prima al Santobono e poi al Policlinico Federico II e quindi trasferita al polo infettivologico napoletano per la comparsa dei tipici sintomi della più grave forma cerebrale (come quella costata la vita due settimane orsono alla bambina ricoverata a Trento che però aveva la salute già gravemente compromessa).

«Per fortuna dopo un trattamento rianimativo durato due giorni – avverte Fiorentino Fragranza, responsabile della unità intensiva del Cotugno – la piccola paziente, che ha risposto benissimo ai protocolli farmacologici, è fuori pericolo di vita ed è stata ora trasferita in reparto per continuare la degenza e le cure».
Più lieve la forma di malaria che ha colpito un’altra ragazza di 12 anni curata solo con la terapia orale e che è già stata dimessa. «Ormai la nostra è una società multietnica – aggiunge Fragranza – i casi di malaria, come di altre malattie infettive non comuni alle nostre latitudini, sono in aumento in tutta Europa. Ma sono patologie contratte quasi sempre in viaggi nelle zone endemiche, dell’Africa e dell’Asia. L’attenzione è massima, sia degli organi regionali sia del direttore generale Giuseppe Longo».

I casi di malaria registrati al Cotugno sono tutti non autoctoni, ossia contratti da soggetti immigrati che si ammalano nel corso di soggiorni, soprattutto d’estate, nelle loro zone di origine. Solo in quelle aree, oltre al micidiale microbo (Plasmodio) è presente anche la zanzara Anopheles, l’unica capace di far replicare e maturare il germe nel proprio organismo contagiando anche altre persone con la puntura. 

«In assenza di un vettore come questa specifica zanzara – spiega Carlo Tascini, primario del reparto di emergenze infettivologiche del Cotugno – non vi può essere contagio. L’Anophele è ormai scomparsa in Italia, grazie a bonifiche e disinfestazioni compiute a metà del secolo scorso nelle zone paludose». Zone tuttavia, che comprendevano il Casertano e il basso Lazio. A fronte dei cambiamenti climatici e della globalizzazione bisogna tenere alta la guardia. In Italia alcune sporadiche colonie di zanzara Anophele sono state avvistate nelle zone aeroportuali, importate con i viaggi, nelle stive e nei bagagli. Ma l’unico caso noto di malaria aeroportuale risale a una ventina di anni fa in Emilia Romagna. 

«È importante far capire alle popolazioni immigrate – conclude Tascini - l’importanza delle vaccinazioni e anche della profilassi. Quest’ultima va praticata prima di un viaggio in zone esotiche. Anche gli immigrati, se residenti da molto tempo in Italia o i bambini, che non sono mai stati in quei luoghi, sono esposti in quanto privi di immunità che, invece, protegge (sebbene solo in parte), le popolazioni continuamente a contatto col plasmodio della malaria».
La profilassi, consigliata per chiunque deve recarsi per turismo o per lavoro in zone di endemia della malaria, può essere protratta fino a massimo tre mesi. Per soggiorni più lunghi invece, la tossicità dei farmaci non consente di continuare le cure.
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