Luca Materazzo: ambizioni da notaio, palestra e tanta solitudine

Luca Materazzo: ambizioni da notaio, palestra e tanta solitudine
di Maria Chiara Aulisio
Giovedì 4 Gennaio 2018, 09:17
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Schivo, riservato, timido e poco incline alla vita familiare, alla quale ormai non partecipava quasi più se non in rare circostanze; fisicamente esile, pallido in volto, ma con i muscoli scolpiti da ore di allenamento in palestra. Frequentava pochi amici, quasi sempre gli stessi, che hanno raccontato di avergli procurato anche da vivere in più di una occasione. Dopo la morte del padre, era rimasto praticamente al verde, in attesa di una eredità difficile da dividere, e spesso gli mancavano pure i soldi per fare la spesa. Pane, latte, pasta e carne: al supermercato, negli ultimi tempi, ci andavano i genitori di una ex fidanzata, che gli erano rimasti affezionati dopo la fine della storia d'amore con la figlia spesa per loro, e spesa anche per lui. Sperava in un lavoro, quello di avvocato, che avrebbe voluto esercitare grazie a una laurea in giurisprudenza presa fuori corso, ma con il passare del tempo il sogno di trovare occupazione in uno studio legale in città si allontanava sempre di più.

Eccolo qui Luca Materazzo, il più piccolo di sei fratelli, quattro femmine e due maschi, l'«ultimo di casa» come gli piaceva definirsi. Ma anche il meno forte psicologicamente, secondo gli amici, quello che più degli altri aveva sofferto della separazione dei genitori, avvenuta quando aveva appena tre anni. «Restai a vivere con papà e i miei fratelli, tutti molto più grandi di me raccontò in una intervista rilasciata all'indomani dell'uccisione del fratello Vittorio mentre mia madre andò a abitare da sola in un appartamento nello stesso palazzo». Anni più o meno sereni e vissuti in apparente armonia: padre e fratelli insieme in una casa, e la mamma solo qualche piano più su. Ma le cose erano poi cambiate, perché «nel giro di qualche anno i miei fratelli si sposarono e io rimasi solo con mio padre». Questo fino a quando nella loro vita non era entrata a farne parte un'altra donna, la nuova compagna dell'ingegnere, con cui Luca sarebbe rimasto ad abitare per diverso tempo anche dopo la morte del papà Lucio: Scintilla Amodio una seconda mamma e a pieno titolo figura di riferimento affettivo per il ragazzo, ancor più dopo la scomparsa della madre Wanda Kivel Mazuy, magistrato napoletano, quando lui era appena diciottenne.

Dolore, amarezza e solitudine; un contesto familiare sempre in bilico, tenuto insieme dalla presenza forte e dalla determinazione tenace dell'ingegner Lucio, il capofamiglia, in grado di gestire anche le più severe incomprensioni tra i fratelli. Ma ci è voluto poco per mandare tutto all'aria: dopo la sua morte, è arrivata la disputa per questioni legate all'eredità, che per Luca è andata fatalmente a sovrapporsi a vecchi rancori con il fratello Vittorio il primogenito, deciso a far scattare un'indagine sulla morte del padre, che lui non riteneva avvenuta per motivi accidentali. Un fascicolo aperto e però anche archiviato dalla Procura di Napoli, poiché dall'autopsia eseguita sul corpo dell'ingegnere riesumato nel marzo scorso non è stato possibile stabilire la causa del decesso.

 


L'immagine che viene fuori dei Materazzo che in questi mesi si è andata via via componendo grazie al racconto dei tanti testimoni sfilati in procura nel tentativo di mettere insieme ogni notizia utile alla cattura di Luca è quella di una numerosa, classica famiglia della buona borghesia napoletana: professioni stimati e facoltosi, sei figli, una quantità di nipoti, zii, cognati e cugini con cui trascorrere in armonia la vigilia di Natale e il pranzo di Pasqua. Questo almeno fino al 2013, quando, a poco più di ottant'anni, il patriarca è morto e si è trattato di dividere la sua eredità; qui tutto è improvvisamente cambiato. Soprattutto tra loro, i due fratelli maschi, il primo e l'ultimo: Vittorio (51 anni) e Luca (36), divisi dall'appartenenza a due generazioni diverse, ma anche due caratteri opposti che mai a detta degli amici avrebbero potuto trovare un punto di incontro. Un astio che alcuni fanno risalire a quando Vittorio ingegnere come il padre, e uomo di cui molti ricordano reazioni eccessivamente emotive e scatti d'ira venne scelto per succedere al padre nella gestione dell'impresa di famiglia, dalla quale il giovane Luca si sentì escluso. A nulla, negli anni, sarebbero valsi i tentativi di mediazione tra i due da parte delle quattro sorelle: una ingegnere a sua volta, una architetto, la terza dentista, la quarta notaio. Carriera, quest'ultima, che avrebbe voluto intraprendere anche Luca, prima di rendersi conto che non ce l'avrebbe mai fatta a superare quel concorso, cui possono ambire solo i migliori studenti di legge. Poca voglia di studiare e, negli ultimi tempi, anche le scarse risorse economiche, che non gli avrebbero permesso di passare altri anni sui libri, pagando pure la scuola che lo avrebbe dovuto preparare all'esame.
Si arriva così all'epilogo che ha sconvolto questa famiglia: quattro sorelle e due fratelli, un'infanzia vissuta insieme nel bell'appartamento al quarto piano di un palazzo al viale Maria Cristina di Savoia un edificio abitato quasi interamente dai Materazzo, dove, la sera del 28 novembre del 2016, Vittorio è stato ucciso a colpi di coltello. Luca, che ben conosceva le sue abitudini, lo avrebbe atteso sotto casa, scegliendo un lunedì sera d'autunno per dare sfogo a un rancore covato da tempo, e mettere in atto un piano sicuramente meditato. Un delitto quasi perfetto, pianificato in ogni dettaglio, inclusa la parte in cui il killer si sarebbe disfatto dei vestiti sporchi di sangue e dell'arma del delitto, e si sarebbe calato nel ruolo del fratello sbalordito e affranto dalla macabra scoperta.
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