Lipardi: «Licenziato per le mie idee
ho fatto ricorso contro la Fondazione Idis»

Lipardi: «Licenziato per le mie idee ho fatto ricorso contro la Fondazione Idis»
di Valerio Esca
Venerdì 24 Novembre 2017, 08:32
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È stato licenziato con una raccomandata recapitata a casa mentre era a Pechino. A ricevere la lettera, con la quale il presidente di Città della Scienza, Vittorio Sivestrini, lo ha messo alla porta, c'era sua figlia di 11 anni, che è «scoppiata in lacrime». Vincenzo Lipardi, segretario generale della Fondazione Idis, non ci sta e propone un ricorso d'urgenza al Tribunale di Napoli, sezione Lavoro. Si dice «amareggiato e sorpreso», ma al tempo stesso «sicuro delle sue ragioni».

Cos'è accaduto Lipardi?
«Ho ricevuto una lettera da Silvestrini in cui mi comunica il licenziamento per condotta anti-sindacale. Secondo il professore avrei impedito il diritto di sciopero ai lavoratori. È stata presa come pretesto una mia intervista alla Rai in cui, mesi fa, provai a chiarire la situazione della Fondazione. Questo ha scatenato evidentemente una reazione. Ho subito fatto ricorso. Il 5 dicembre ci sarà l'udienza».

Il suo licenziamento è arrivato perché non c'è più condivisione di un percorso comune con Silvestrini?
«Si è voluto colpire la persona, solo perché la penso diversamente dal presidente. Città della Scienza è un grande polo di innovazione, non una caserma».

Nessuno l'ha avvisata, è stato licenziato con una raccomandata.
«Sì, mentre mi trovavo ad un evento internazionale sui temi dell'innovazione in Cina, al quale ha preso parte anche il ministro dell'Istruzione Valeria Fedeli. L'ha ricevuta mia figlia, che ha pianto e mi ha chiesto cosa fosse successo. Una cosa spiacevole».

Ma i rapporti con Silvestrini si erano incrinati da tempo.
«Con il professore sono stato cofondatore di Città della Scienza nel 2004, e quando si decise che la strada da intraprendere doveva essere quella pubblica andai via perché non ero d'accordo. Silvestrini mi ha richiamato nel 2011 per rilanciare l'ente e mi spiace che oggi, dopo la tragedia dell'incendio del 2013, si sia aperta una nuova crisi, più per fatti interni che esterni».

 

A cosa si riferisce?
«Sulla mia figura c'è stato un accanimento. Si individua in me il male assoluto, quando invece ho solo provato a spingere Città della Scienza oltre le Colonne d'Ercole. Una sfida, quella della Fondazione, che vale per tutto il Mezzogiorno. Avere ancora in testa l'idea del posto pubblico oggi è sbagliato. Bisogna sì partire dal pubblico, ma per ritrovarsi in una fase successiva sul mercato dell'innovazione, per creare sviluppo e posti di lavoro».

Cosa intende per posto pubblico?
«Città della Scienza non è nata con l'obiettivo di dare un posto fisso a 40 persone. La Fondazione dovrebbe imparare a stare sul mercato ed autofinanziarsi, tra risorse pubbliche e private. Ritengo che la Regione stia facendo ciò che può e ciò che deve. Se la Fondazione non riuscirà a capire che bisognerà fare un salto in avanti verso i mercati, le crisi continueranno a ripresentarsi».

I lavoratori continuano lo sciopero ad oltranza e ieri hanno annunciato che il termine perentorio della diffida della Regione alla Fondazione Idis, per assicurare il ripristino dell'ordinaria gestione della struttura, è scaduto. Augurandosi l'arrivo di un commissario...
«Una buona parte dei lavoratori è in sciopero, non tutti. Il gruppo dirigente, come quello che ha organizzato la presenza in Cina, è sempre rimasto al lavoro. Questo improvviso impazzimento della struttura, che ha portato allo sciopero, per me è davvero folle. Come si fa a bloccare un'istituzione del genere, per mesi? Si sono persi milioni di euro».

Città della Scienza è un ente maledetto: è nata appena 14 anni fa, ha attraversato già quattro crisi, oltre il terribile incendio del 4 marzo 2013. C'è ancora speranza di poter ridare nuova linfa alla struttura?
«Immagino un grande rilancio, che passi per il piano di riqualificazione complessivo di Bagnoli. Per intenderci una industrializzazione 4.0. Non bisogna commettere lo stesso errore del 2004, quando nacque Campania Innovazione, partecipata regionale poi fallita. Non ci sono le condizioni per riproporre lo stesso modello. I lavoratori vorrebbero che la Regione prendesse di fatto in gestione l'ente. Una strada che non condivido».
 
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