Listopoli, dal pm i «big» del Pd
Si rafforza la pista economica

Listopoli, dal pm i «big» del Pd Si rafforza la pista economica
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 20 Febbraio 2017, 08:14 - Ultimo agg. 21 Marzo, 00:55
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 Dovranno raccontare la propria esperienza come soggetti politici vicini al comitato elettorale di Valeria Valente. Saranno chiamati in Procura nei prossimi giorni, ovviamente come persone informate dei fatti, per ricostruire scelte, strategie, atmosfera politica che la scorsa primavera ha animato la candidatura a sindaco della parlamentare Valeria Valente. Ecco il motivo che spinge la Procura a convocare tre big del Pd in Campania, vale a dire Mario Casillo (capogruppo Pd in Regione), ma anche i due parlamentari Marco Di Lello e Leonardo Impegno.

Soggetti politicamente vicini alla Valente, dai quali la Procura di Napoli punta a raccogliere informazioni sulla composizione delle liste, anche e soprattutto in relazione al livello di responsabilità interno allo staff dell’aspirante sindaco. E i tre politici non sono gli unici ad essere attesi in Procura. Sempre nella veste di testimoni, saranno ascoltati i componenti della commissione prefettizia che aveva il compito di verificare il lavoro dei vari organismi di partito, che non avrebbero notato le anomalie emerse nel corso dello screening della Procura sulla lista Napoli Vale.

Una vicenda che ruota attorno alla presenza di nove candidati piazzati in lista a loro insaputa, evidentemente per colmare i vuoti nel principale cartello a sostegno della Valente. Inchiesta condotta dal pm Stefania Buda, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Alfonso D’Avino, questa mattina inizia lo spulcio degli atti acquisiti nel corso del blitz all’interno dello studio di Gennaro Mola. Come è noto, la scorsa mattinata i finanzieri della sezione di pg della Procura, agli ordini del colonnello Luigi Del Vecchio, hanno acquisito una serie di documenti relativi alle candidature dello scorso maggio. Sul tavolo degli inquirenti sono finiti alcuni documenti, nel tentativo di capire chi è l’estensore dei modelli di accettazione delle nove candidature risultate fasulle.

Chiara la strategia investigativa, alla vigilia dell’interrogatorio di Gennaro Mola, da qualche giorno indagato per brogli elettorali, assieme al consigliere comunale del Pd Salvatore Madonna. Due personaggi chiave, al momento protagonisti di una sorta di faccia a faccia, di confronto a distanza, almeno a leggere le cronache di questi giorni. Difeso dal penalista Carlo Di Casola, Madonna ha ricordato che l’uomo che gli portò le liste fu Mola. Che, dal canto suo, smentisce. E si prepara a farlo anche nel corso dell’interrogatorio di martedì mattina. Difeso dal penalista Bruno Von Arx, Mola ha già dichiarato alla stampa che è pronto a smentire la versione resa dal consigliere comunale. Ora dovrà confrontarsi anche con gli esiti della perquisizione nel suo studio in via Toledo, ma anche con le verifiche che verranno fatte sui modelli di accettazione delle candidature.

E non è tutto. La Procura - facile a dirsi - è alle prese anche con un possibile movente di questa storia. Perché gonfiare la lista Valente di candidati fantasma? Perché inserire quei nove nomi, attingendo da chissà quale banca dati a disposizione? In queste ore, anche alla luce dei racconti resi da circa quaranta testimoni, sembra rafforzarsi il movente economico, anche sulla scorta di un semplice calcolo: la Lista Napoli vale era composta da 39 candidati, nove dei quali piazzati lì a loro insaputa; su trenta soggetti ascoltati non tutti si sono dimostrati convinti e convincenti dinanzi agli inquirenti, quanto basta a nutrire qualche sospetto sulla tenuta della lista stessa.

C’era un numero minimo di candidati, sotto il quale la Lista non poteva essere presentata. Quindi? Cosa c’entra il movente economico? Ormai da giorni, l’attenzione resta concentrata su quel rendiconto finale presentato dal responsabile economico dello staff elettorale che attestava 26mila euro di spese sofferte. Un conto che poteva essere indirizzato all’organo centrale del Pd, che in questa storia - bene ricordarlo - ha comunque sbloccato dei soldi per sostenere la Valente. Ed è stata proprio l’ex candidata al Comune a chiarire l’impegno economico della sua discesa in campo per Palazzo San Giacomo. Non è indagata, si definisce parte lesa di questa brutta vicenda, manifesta sempre e comunque stima per il lavoro fatto dai suoi collaboratori.

E al pm che l’ha ascoltata ha ricordato che nella sua campagna elettorale sono stati investiti 300mila euro (200mila da privati, 100mila dal Pd), soldi che comunque in un modo e nell’altro vanno giustificati, specie se il confronto è con il partito che ti sostiene. Sospetti, suggestioni tenute in vita dalla mancanza di una spiegazione valida rispetto a quei nove nomi di candidati fantasma. Nessuno finora è riuscito a chiarire come è stato possibile l’inserimento di quelle nove vite nel gruppone che sosteneva la Valente. Quanto basta a procedere con nuove convocazioni in Procura. Saranno ascoltati i big regionali del partito, gli uomini politici più vicini alla storia personale e al cammino pubblico della Valente che - giusto sottolinearlo - non è stata sfiorata da alcun rilievo di carattere penale.

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