Varriale, ascoltato nell'immediatezza dei fatti, riferì che Alessandra si era aggrappata alla macchina, una dichiarazione, secondo l'avvocato difensore Nicola Pomponio, inutilizzabile perchè formulata come mera supposizione.
Poi, secondo i giudici di secondo grado, la circostanza che conferma che Varriale era consapevole che Alessandra si fosse aggrappata, è riconducibile alle parole proferite quanto ai medici una volta giunto davanti al pronto soccorso dell'ospedale: le telecamere della videosorveglianza lo inquadrano mentre chiede aiuto dicendo «si è aggrappata». Frase che gli investigatori hanno ricavato analizzando il labiale di Varriale. La Corte di Appello sottolinea anche che non era sua intenzione uccidere Alessandra. Però, viene evidenziato, Varriale, compiendo quell'accelerazione, «per sottrarsi alla mal sopportata invadenza della sua ex fidanzata», mentre lei era aggrappata, non poteva non prevedere che lei «potesse farsi male cadendo o sbattendo». La ricostruzione della dinamica dei fatti, infine, esclude, come invece sostenuto dalla famiglia attraverso dei periti di parte civile, che Varriale potesse avere investito Alessandra volontariamente, dopo avere ingranato la retromarcia.