La sentenza della pizza a portafoglio: 15 lavoratori a casa nel centro commerciale

La sentenza della pizza a portafoglio: 15 lavoratori a casa nel centro commerciale
di Marco Di Caterino
Mercoledì 18 Luglio 2018, 14:13
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Ci toccherà andare il pizzeria con il metro in mano. Il motivo? La sentenza di un giudice del tribunale di civile di Napoli, che ha reso esecutivo lo sfratto del ristorante pizzeria “ Rossopomodoro” nel centro commerciale Multibiti Uci Cinema di Casoria, che oggi spegnerà i forni e lascerà a casa quindici lavoratori. Il fatto è che i giudici hanno imposto lo sgombero dei locali affittati alla catena di pizzerie perché nel contratto non era prevista la vendita da asporto. Chiederete: che c’entra allora la misura della pizza? Non c’entra. È solo che le pizze da asporto o da mangiare piegate «a portafoglio» sono più piccole di quelle servite al tavolo. Come dire: se la pizza è da asporto (e quindi è più piccola), la pizzeria deve chiudere; quindi, per la proprietà transitiva, la pizzeria va chiusa perché fa la pizza piccola.

Al di là dell'ironia, la vicenda giudiziaria è interessante e parte dai difficili rapporti contrattuali tra le società L'Ulivo, che gestisce la pizzeria in franchising, e Immobiliare italiana, la società proprietaria del centro commerciale. La Immobiliare Italiana, alla quale la Rossopomodo pagava con regolarità un fitto da 12mila euro al mese, avrebbe più volte sollecitato la pizzeria a cessare la vendita «da asporto» e da consumare «a portafoglio», di dimensioni più piccole rispetto a quelle servite ai tavoli. In aggiunta la Immobiliare Italiana aveva anche intimato al titolare di attenersi alle disposizioni contrattuali secondo le quali nel locale devono essere servite soltanto pizze ai tavoli, e non da asporto. In pratica, anche se gli esercizi di somministrazione alimenti e bevande, alla cui categoria merceologica appartengono ristoranti e pizzerie, hanno legalmente diritto a vendere anche alimenti da asporto, le norme inserite nel contratto dalle due parti avrebbero escluso questa modalità di vendita. «Un assurdo, fin quando non ho letto l'ordinanza del giudice non ci credevo pensavo che si trattasse di uno scherzo dice l'avvocato Angelo Pisani che difende i pizzaioli ma ora penso, anzi credo sia opportuno continuare la battaglia legale in sede di appello, per risolvere legalmente un problema che vede la distruzione di un attività e la rovina di 15 famiglie rimaste senza stipendio per perdita del posto di lavoro dei dipendenti del ristorante . Ovviamente la produzione di pizze in formato ridotto è prevista dal contratto di locazione e dal franchising Rossopomodoro, quindi i pizzaioli oltre che fare pizze saporite non hanno mai violato alcuna regola; ma tutto ciò quanto conta in Italia? E nel caso specifico siamo disposti a ricorrere fino alla Corte di Giustizia Europea, per cancellare questa assurdità». Solo che i tempi della giustizia civile, non sono quelli della pizza, tre minuti e via, perché come ha sottolineato Angelo Pisani, per l'appello occorrono circa tre anni. Suggeriamo due soluzioni. La prima davvero difficile e sta nel come far capire ad un australiano - la società che gestisce il centro commerciale infatti è di quel continente - che la pizza di qualsiasi formato sia, nella sua culla partenopea non si nega a nessuno. Il secondo è di carattere pratico: aumentare da XXX a XXL sia la pizza da asporto che quella a portafoglio. Chissà! Forse il rosso, ora di imbarazzo, tornerà al suo posto, cioè al pomodoro.
 
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