La morte di Tiziana, il pm chiede
il processo per l'ex compagno

La morte di Tiziana, il pm chiede il processo per l'ex compagno
di Leandro Del Gaudio
Domenica 20 Maggio 2018, 22:59 - Ultimo agg. 21 Maggio, 14:04
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Ora sarà un giudice a stabilire cosa accadde in quegli ultimi mesi di vita di Tiziana Cantone, la bella e triste 31enne morta sucida nel 2016. Sarà un giudice del Tribunale di Napoli a verificare quanto possa reggere l’accusa a carico di Sergio Di Palo, imprenditore napoletano ed ex convivente della donna che decise di farla finita con la vita, di fronte alla gogna social dei video hot postati in rete. Una «storiaccia» che risale al settembre di due anni fa, diventata per molti versi un caso da manuale, a proposito di privacy e di macelleria mediatica: la donna si uccise di fronte all’impossibilità di arginare la moltiplicazione delle immagini hot riservate a un circuito chiuso (quello dedicato ad alcuni scambisti), postate su una piattaforma aperta, dunque potenzialmente fruibili da tutti. 

A distanza di quasi tre anni dal suo suicidio, c’è una svolta che porta la firma del pm Valeria Sico, magistrato oggi impegnato sul fronte dei reati contro la pubblica amministrazione, fino a qualche tempo fa in forza al pool fasce deboli: in questi giorni è stata infatti inoltrata alla sezione gip del Tribunale di Napoli la richiesta di rinvio a giudizio a carico di Di Palo, imprenditore napoletano ed ex convivente di Tiziana Cantone. 

Sono tre i reati contestati a carico dell’imputato: simulazione di reato, calunnia, accesso abusivo del sistema informatico. Tre accuse, tre momenti diversi degli ultimi mesi di vita della giovane donna di Mugnano. 
In sintesi, la simulazione di reato risale alla falsa denuncia di smarrimento del telefonino fatta assieme a Tiziana nell’aprile del 2015; la calunnia in relazione alla prima denuncia sporta a maggio del 2015, nei confronti di cinque persone accusate in un primissimo momento di aver diffuso i filmati: cinque interlocutori di una chat ristretta che poi sono stati scagionati dalla stessa Tiziana (nella sua terza denuncia), che ammetteva che la storia dello smarrimento del cellulare non si reggeva in piedi; infine l’accesso abusivo nel sistema informatico del telefonino di Tiziana Cantone: quest’ultima accusa è decisamente più complessa e riguarda il tentativo di utilizzare un consulente privato per entrare nel «cloud» della compagna e per rimuovere alcune tracce. 

In sintesi, Di Palo avrebbe assoldato un perito che avrebbe dovuto cancellare una serie di conversazioni con Tiziana dalla memoria remota. Secondo l’accusa, Di Palo avrebbe girato al consulente le password della compagna, firmando anche un’istanza per conto della stessa Tiziana Cantone. Diversa invece la posizione della difesa dell’imprenditore napoletano, rappresentata dall’avvocato Bruno Larosa, per il quale c’era pieno assenso da parte della 31enne nel dare mandato al consulente privato, in vista della rimozione di filmati o chat che la perseguitavano da tempo per il loro contenuto virale e drammaticamente pubblico. Una vicenda che ora attende gli esiti di un probabile processo. 

 

A marzo del 2017, fu il gip Pietro Carola a rigettare una richiesta di processo immediato firmato dall’allora pm Alessandro Milita (oggi aggiunto a Santa Maria Capua Vetere). Vennero restituite le carte in Procura (che poi finirono al pm Sico), anche sulla scorta della memoria difensiva firmata dall’avvocato Larosa: non c’era l’evidenza della prova a carico di Di Palo (per altro accusato in concorso con la deceduta Tiziana Cantone per i primi due capi di accusa), occorreva riformulare le proprie conclusioni. Ora sarà il filtro dell’udienza preliminare a stabilire quanto reggono le accuse dei pm napoletani, nel tentativo di accendere i riflettori sugli ultimi mesi di vita di una giovane e fragile donna. diventata - suo malgrado - vittima sacrificale della gogna mediatica ad opera dei social network. 
 
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