La 15enne fra i rifiuti, tre inchieste
la madre: non sono un mostro

La 15enne fra i rifiuti, tre inchieste la madre: non sono un mostro
di Rosa Palomba Inviato
Domenica 3 Settembre 2017, 13:12 - Ultimo agg. 16:52
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 Torre del Greco. Pio Monte della Misericordia. Palazzo nobiliare di inizio ‘800. Qui trascorrevano la villeggiatura gli alti prelati, specialmente quelli della Curia di Napoli; quando il mare era pulito e il Vesuvio anche. Qui si è consumata la desolante vicenda della ragazzina segregata tra rifiuti ed escrementi. Una storia tra il noir e l’horror che coinvolge due Comuni, due Asl, diversi assistenti sociali e alcuni psichiatri. «Non sono un mostro. Ora dovete aiutarmi», davanti al vecchio portone, una donna grossa fatica a camminare. È la madre dell’adolescente che l’altro ieri è stata strappata all’inferno della sua casa-galera, della sua famiglia. La donna cambia espressione decine di volte in pochi attimi. Piange. Poi ride. Poi si arrabbia.

Abile e rapida cambia volto, sguardo, tono di voce. Ed è inquietante che ogni volta tutto sembra la verità. «Non maltrattavo mia figlia - aggiunge - ho fatto di tutto per non farmela portare via. Ero io e sono io che ho bisogno di aiuto». Poi sale al primo piano della casa che avevano in affitto i suoi nonni, una delle centinaia di proprietà del Pio Monte. Una bella corte su cui si affacciano una decina di abitazioni. «Qui siamo inquilini», dice qualcuno tra i residenti che ha ristrutturato gli interni e aspetta che l’Ente morale napoletano si decida a vendere o a restaurare gli esterni che cadono in pezzi.

Al piano terra del palazzo, anche il negozio di mobili del presidente del consiglio comunale Pasquale Brancaccio, in carica fino ad agosto, quando il Comune è stato commissariato. Poco più di 400 euro al mese sarebbe l’affitto che il nonno materno della ragazzina avrebbe continuato a pagare nonostante vivesse in Polonia da anni. Della sua nipotina, nata con un disturbo cerebrale, da due anni si erano perse le tracce. Finita la scuola media Giovanni Mazza, nessuno l’aveva più vista al centro di riabilitazione psicomotoria convenzionato con l’Asl3. E nessuno l’aveva più cercata. Fino a quando il cattivo odore proveniente da quella casa non ha reso insopportabile la vita dei coinquilini.

Segnalazione su segnalazione, fuori quella porta che chissà in quale occasione e per quale ragione veniva chiusa dall’esterno con un catenaccio, il 16 luglio è arrivata un’assistente sociale. Poi i vigili urbani. L’uscio sull’orrore è però rimasto chiuso. E anche il capitolo assistenza. Ma il quartiere ha insistito: «Venite a vedere cosa va a male in questa casa». La polizia del vicequestore Davide Della Cioppa, ha così svelato uno scenario impressionante perfino per gli agenti. Ieri, un fascicolo di inchiesta è stato aperto alla procura di Torre Annunziata. «Per il momento abbiamo individuato il reato di maltrattamenti in famiglia», dice il procuratore Alessandro Pennasilico.

Per il momento, perché il dossier potrebbe essere voluminoso: un’indagine al Comune per verificare responsabilità e omissioni e una per abbandono di incapace. Si procede con cautela: bisogna infatti accertare se una madre di famiglia che vive tra rifiuti, escrementi e disordine,fosse “capace”. La vicenda intanto, si tinge anche di giallo. Non è escluso che la famiglia della quindicenne abbia cercato di sfuggire ai controlli sanitari attraverso un escamotage che comincia all’Anagrafe. Sui documenti del nucleo familiare è infatti indicata la residenza a Casoria e il domicilio a Torre del Greco, dove la bambina è andata a scuola e dove a fasi alterne frequentava un centro per la riabilitazione psico-motoria compresa di logopedia, in seguito a una diagnosi di “lieve autismo”. Ed è Casoria che sua madre sarebbe stata brevemente seguita dal centro di Igiene Mentale e più volte “minacciata”: «Se continui così ti portiamo via la bambina».

Ma a Torre del Greco, la schiera di addetti che fino a due anni fa seguiva il caso, non si era accorta delle condizioni fisiche e psicologiche in cui vive la donna. Una doppia “identità” che ha consentito il rimpallo burocratico tra le varie Politiche sociali, sanitarie, assistenziali in cui secondo gli investigatori sono nascosti troppi buchi neri. Un’inchiesta parallella è stata avviata anche dalla procura per i minori di Napoli. Tra l’altro, bisognerà verificare se la piccola abbia subito danni fisici. «Mia figlia la lavavo come potevo. Con i fazzolettini imbevuti», aggiunge la signora prima di entrare un «attimo in casa», dove la polizia ha trovato materassi impregnati di urina e di tutto il resto. La donna richiude l’uscio e non apre più. Il campanello all’ingresso c’è ma non squilla. I fili dell’energia elettrica, quelli del telefono e i tubi del gas sono stati strappati dalle pareti in una sorta di maniacale e riuscito tentativo di isolarsi.

«Facevamo molte raccolte di soldi. E a volte preparavamo da mangiare anche per loro perché lei non cucinava». I soldi, anche i 500 euro che la ragazzina percepiva come pensione di invalidità, finivano tutti in pizzette, patatine, dolcetti. «La bambina era grassa - dicono nel quartiere - abbiamo tentato di farglielo notare alla mamma ma siamo stati aggrediti».

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