Schettino, ultima mossa in difesa:
non hanno tenuto le porte stagne

Schettino, ultima mossa in difesa: non hanno tenuto le porte stagne
di Ciriaco M. Viggiano
Venerdì 21 Aprile 2017, 12:47
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META. Quello della Costa Concordia fu «un naufragio di tali immani proporzioni e connotato da gravissime negligenze e macroscopiche infrazioni delle procedure» che non è possibile concedere le attenuanti a Francesco Schettino. Perciò la condanna a 16 anni e un mese, inflitta all'ex comandante dalla Corte d'appello di Firenze, va confermata se non addirittura inasprita. Ecco la tesi sostenuta dalla Procura generale durante la prima udienza di Cassazione sul caso Concordia, la nave da crociera che colò a picco il 13 gennaio 2012 al largo dell'isola del Giglio uccidendo 27 passeggeri e cinque membri dell'equipaggio. A fine giornata la sentenza, data per probabile dagli avvocati di Schettino, non è stata pronunciata. In compenso, però, ai giudici della quarta sezione penale sono arrivate le durissime parole dell'accusa. Il sostituto procuratore generale Francesco Salzano ha dapprima invocato la conferma della decisione d'appello. Poi ha chiesto alla Cassazione di accogliere il ricorso presentato dalla Procura generale della Corte d'appello di Firenze, secondo la quale a Schettino va riconosciuta l'aggravante della colpa cosciente in relazione all'omicidio colposo: un'istanza che, se accolta, potrebbe portare all'apertura di un nuovo processo d'appello per il marittimo metese con conseguente rischio di aggravamento della pena.

Secondo Salzano, l'ex comandante avrebbe ordinato «una rotta improvvisata senza conoscere i fondali». E questo per motivi «futili»: compiacere gli ospiti con la navigazione sotto costa oppure rendere omaggio al maitre Tievoli o al comandante Palombo. In seguito all'urto con gli scogli, il marittimo metese avrebbe tentato una «manovra disperata», senza però «inviare il segnale di falla all'equipaggio per mettere subito in salvo i passeggeri». Una «latitanza gestionale» conclusasi con l'abbandono di circa 2mila persone al loro destino: «In quanto comandante ha osservato Salzano Schettino aveva l'obbligo di restare sulla nave fino all'ultimo. Invece, quando si calò sulla scialuppa, sapeva che dietro di lui c'erano altri ufficiali rimasti sulla Concordia».

Una ricostruzione contestata dall'avvocato Donato Laino, uno dei difensori dell'ex comandante: «Il suo ruolo è stato deciso a tavolino. Lo si accusa anche di essersi messo in salvo: mentre la nave stava cadendo si pretendeva che lui facesse la cariatide e la tenesse su. Schettino è il colpevole ideale». Perciò la difesa ha chiesto ai giudici di proiettare, nel corso dell'udienza già fissata per il 12 maggio, un video che dimostrerebbe come Schettino non abbia mai abbandonato la nave e come le conseguenze dell'incidente siano state aggravate dal cattivo funzionamento delle porte stagne. Proprio su quest'ultimo punto verte la memoria difensiva scritta dall'ex comandante: «La mancata tenuta delle porte stagne ha spiegato Schettino - avrebbe determinato l'allagamento dei compartimenti non interessati dalla falla, ma agli stessi attigui. Con la conseguente riduzione dei tempi di sopravvivenza della nave e lo sbandamento repentino della stessa, causa questa dei decessi». Il procuratore generale si è immediatamente opposto alla richiesta avanzata dalla difesa perché presentata fuori termine. Sul punto, comunque, i giudici si sono riservati la decisione che sarà resa nota il 12 maggio. In quella data sarà l'avvocato Saverio Senese a svolgere la propria arringa difensiva, dopodiché i magistrati si ritireranno in camera di consiglio per deliberare la sentenza.
Insomma, per conoscere la sorte di Schettino bisogna attendere ancora 22 giorni. Ieri il 56enne marittimo è stato irrintracciabile: di lui, a Meta, nemmeno l'ombra tra via Lamma, piazza Scarpati e piazza Ascensore, le zone dove abitualmente passeggia in compagnia del suo cane Leon. Secondo alcuni avrebbe atteso il possibile verdetto della Cassazione nella casa dove viveva insieme a moglie e figlia. I bene informati, però, vogliono che si sia rintanato in casa di amici per sfuggire all'assedio dei giornalisti. Una scelta che confermerebbe il basso profilo scrupolosamente osservato da Schettino negli ultimi mesi: giorni interminabili trascorsi a leggere le carte processuali, analizzare le prove e fornire spunti di riflessione agli avvocati.