L’assalto alla movida napoletana: in 30 armati di spranghe e coltelli. Chiaia, ecco la dinamica del raid

L’assalto alla movida napoletana: in 30 armati di spranghe e coltelli. Chiaia, ecco la dinamica del raid
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 20 Novembre 2017, 23:00 - Ultimo agg. 21 Novembre, 19:09
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Avevano un solo obiettivo quella notte. Andare «là» a prendersi la zona. Guardare in faccia «quelli là», vomitare bestemmie, colpire a sangue. Si sono esaltati a vicenda, forti del look metropolitano oggi rilanciato da fiction televisive particolarmente seguite hanno impugnato coltelli, spranghe, manganelli. E avevano una certezza: nessuno li avrebbe fermati («tanto chi ci ferma a noi?», ripetevano all’inizio del raid): nessuno li avrebbe ostacolati, in quei sette chilometri che separano San Giovanni a Teduccio dalla zona della movida di Chiaia. 

Sapevano con certezza, che qualunque cosa avessero fatto nella zona dei baretti non avrebbero trovato un presidio in grado di arginarli, non avrebbero trovato un solo agente o militare in grado di arrestare il loro cammino e che al limite se la sarebbero cavata con una semplice segnalazione. Sapevano (e sanno) di essere padroni di una fetta di città, la più importante, quella che fa gola a chi è nato e vive nelle palazzine popolari di via Taverna del Ferro, in quello spaccato di edilizia post terremoto battezzato «Bronx 2001». 

Hanno rotto gli argini e hanno fatto irruzione in quello che un tempo era il salotto buono di Napoli, forti del caos dominante nei giorni festivi, tra auto in doppia e tripla fila, tra orde di parcheggiatori abusivi padroni di ogni marciapiede, tra pusher che si contendono le piazze dell’hashish e della cocaina, proprio lì dentro alla zona dei baretti.

E sapevano di rimanere impuniti, anzi, per loro era una certezza: non immaginavano però che dall’altra parte non c’erano solo ragazzini o studenti impauriti desiderosi di provare l’ebbrezza delle ore piccole, ma anche qualcuno lesto di mano e in grado di parlare la loro stessa lingua. 

Non immaginavano che alle spranghe e ai coltelli, qualcuno avrebbe replicato impugnando un’arma e facendo fuoco, sparando ad altezza d’uomo come in un assurdo «Bataclan» napoletano, dove a far premere il grilletto non è il terrore targato Isis, ma il terrore di venire massacrato di botte o di perdere la faccia di fronte a «quei cafoni» di fuori, insomma, quelli della periferia.

Eccola la ricostruzione della notte da far west, al termine dell’audizione in Questura di una decina di testimoni o vittime della rappresaglia iniziata da quelli di San Giovanni (tra i quali alcuni soggetti del clan Formicola) e conclusa con la reazione che non ti aspetti, con i colpi di pistola esplosi da un paio di soggetti ritenuti legati all’area di Fuorigrotta e Pozzuoli. 

 

Domenica notte, mancano due ore all’alba, dunque. Siamo tra vicoletto Satriano, via Bisignano, via Carlo Poerio. In trenta contro dieci - ricostruiscono oggi gli inquirenti - tutti armati e decisi a fare male, per dimostrare che ormai comandano loro, anche sui marciapiedi del by night napoletano. Erano in trenta, gente legata alla camorra di Napoli est, che hanno ripetuto un copione già andato in scena altre volte nei fine settimana, tra il lungomare e i baretti. Sono arrivati a Chiaia in sella a scooter senza casco, hanno fatto irruzione nella ztl: prima una decina di soggetti, tutti under venti, un po’ a piedi un po’ in sella agli scooter, che hanno fatto una ronda iniziale, passando per via Bisignano, urtando altri ragazzi, creando i presupposti per la rissa. Non è finita. Il primo gruppo di dieci o quindici soggetti di San Giovanni si è incuneato alle spalle della scuola materna (quella con la struttura rossa), unendosi ad altri dieci o quindici malviventi, facendo massa. È così che in trenta hanno aggredito e menato fendenti. È questo il ricordo più vivo dei testimoni ascoltati domenica scorsa in Questura.

Indagini coordinate dai pm della Dda Mariella Di Mauro e dalla collega della Procura minorile Claudia De Luca, tutti hanno ripetuto la stessa cosa: erano una trentina, hanno iniziato a picchiare e a colpire senza alcun motivo. Una versione che sembra attendibile anche alla luce di un elemento: i ragazzi rimasti feriti non sono soltanto i sei refertati al Loreto e al Vecchio Pellegrini, ma sono molti di più. Una volta in via Medina, alcuni ragazzi hanno mostrato tagli all’altezza delle gambe, delle spalle, mentre c’è addirittura un ragazzo con il setto nasale completamente spaccato. Ed è uno di questi testimoni ad avere offerto un’immagine choc al taccuino degli inquirenti: «Ho visto un ragazzo impugnare la pistola, prendere la mira e sparare. Ha fatto fuoco cinque o sei volte, mi sono girato e sono scappato». Indagini affidata agli uomini della Mobile del primo dirigente Luigi Rinella, al capo dell’Upg Michele Spina e al dirigente del commissariato San Ferdinando Maurizio Fiorillo. Riflettori puntati su un gruppetto di Fuorigrotta e di Pozzuoli, in seno al quale ha giocato la sua carta chi ha deciso di impugnare la pistola e fare fuoco. Uno o due i pistoleri in azione, nella notte di domenica. Dopo aver subito una prima aggressione, quando ha capito che avrebbe avuto la peggio, ha estratto la pistola e ha sparato. Cinque o sei volte, tra caos e paura. Un’onda di ragazzi si è dispersa lungo i vicoletti dei baretti, tanto da rendere impossibile un intervento repentino da parte della pattuglia di agenti e militari dell’esercito lasciata sola a presidiare la zona dei baretti. Un tema che sarà discusso in seno al comitato per l’ordine pubblico, mentre si pensa a soluzioni rapide in materia di sicurezza. Una sola auto di polizia o carabinieri non è in grado di fronteggiare la nuova frontiera della criminalità giovanile, bisogna blindare l’intera zona, scoraggiare ogni forma di illegalità (dai parcheggiatori abusivi, allo spaccio, per finire alle azioni di branchi di periferia). Poca voglia di parlare per chi è ricoverato in ospedale (tre della periferia orientale, tre della zona di Pallonetto e Quartieri spagnoli), mentre si prova a mettere a fuoco i volti del branco dei Formicola grazie alle telecamere dei negozi in zona. Hanno spranghe e coltelli, iniziano a picchiare senza un motivo, non aspettano neppure un pretesto. Hanno un solo interesse: quello di ripetere gli slogan di sempre, «simm tornati», «stamm arrivando», come se l’obiettivo in palio fosse la conquista di quella zona di Napoli vista sempre da lontano. Indagini in corso, movida insanguinata rivista al replay, in un fascicolo aperto per tentato omicidio contro soggetti non ancora identificati. Da un lato quelli di San Giovanni, a loro volta legati ai Formicola, dall’altro quelli di Fuorigrotta, che prima di uscire il sabato notte, non hanno esitato a «vestirsi con il ferro addosso», tanto per ricostruire il modo di pensare di chi ai coltelli ha risposto con le pistole. 

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