La notizia un po’ alla volta comincia a circolare e a questo punto basta poco per farla arrivare all’orecchio del marito. Ed è proprio lui, Antonio, a decidere di raccontare questa vicenda, prima al vescovo di Vallo della Lucania, poi in Vaticano e infine ai giudici del tribunale ecclesiastico campano che ormai da cinque anni lavorano sul caso: «Sì, mia moglie rimase incinta. Non sapevo ancora nulla, il parroco voleva farla abortire, cominciò a minacciarla... Alla fine la gravidanza l’ha interrotta ma per fortuna c’ero io che le sono sempre stato accanto». Antonio non nega la responsabilità della moglie ma la giustifica parlando di «fragilità, debolezza e tanta insistenza da parte di quel prete». A questo punto la vicenda si sarebbe anche potuta considerare conclusa se Antonio non avesse deciso di andare avanti e chiedere giustizia.
«Non potevo credere che dopo tutto quello che era successo il parroco rimanesse al suo posto, come se niente fosse, a dire messa tutti i giorni e ad accogliere i fedeli.
Mi sembrava assurdo. Così mi rivolsi al vescovo di Vallo della Lucania che, dopo avermi ascoltato, non fece praticamente nulla. O meglio: si limitò a spostare il sacerdote in un’altra chiesa a pochi chilometri da lì dove, tra l’altro, ricopre tutt’ora il ruolo di vice parroco». Ma Antonio non molla e decide di rivolgersi direttamente alla Congregazione per il clero presso la Santa Sede: «Qui - racconta - finalmente prendono davvero in esame il nostro caso. Interrogano me e mia moglie, ascoltano i fatti e incaricano il tribunale regionale ecclesiastico della Campania di avviare un processo penale nei confronti di quel sacerdote». Era il 2012. Ad oggi sono stati ascoltati tanti testimoni, gli ultimi due sacerdoti della diocesi di Vallo della Lucania solo un paio di settimane fa.
La Rete L'Abuso onlus che da anni lotta contro gli abusi e le violenze da parte dei sacerdoti fa sapere che per segnalare eventuali casi è possibile collegarsi qui.
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