Intercettazioni | Il killer di Simonetta
«Io quello lo sotterro...»

Intercettazioni | Il killer di Simonetta «Io quello lo sotterro...»
di Nicola Sorrentino
Mercoledì 23 Agosto 2017, 10:15 - Ultimo agg. 10:20
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Quando il figlio fu picchiato allo stadio lo scorso 5 febbraio da un ucraino, Y.S. , Antonio Pignataro è una furia. Per il boss l’offesa al sangue del suo sangue, il 24enne Alessandro, è intollerabile. Procura e gip sono concordi nel dire che: «Il figlio del leader carismatico di camorra sul territorio è intoccabile da ogni aggressione da chiunque portata e la sua reazione incarna una giustizia sommaria praticata da sè senza ricorrere all’apparato dello Stato».

In un’intercettazione ambientale l’ex boss manifesta un unico intento, quello di punire quello sgarro con la morte. A chiunque fosse coinvolto: «Passa da Pasquale - dice Pignataro - scendi con la pistola giù! Perché se vengo io ti faccio vedere, io nel novanta quanto ero... hanno ucciso un mio amico, no? Io andai sopra alla tomba di questo dissi io li uccido a tutti quanti, stiamo parlando di un mio amico... dei figli miei, io li macino hai capito? Mo chiunque affianco a questi io li macino o sennò mi devono uccidere... lo sotterro». Il padre rimprovererà anche lo stesso figlio: «Quelli ti hanno infumato... si fanno forti per il cognome che tieni... ne scemo che sei... la gente finora non ti ha atterrato perché sei ancora Pignataro, devi ringraziare a tuo padre... che figura mi fai fare».

Gli investigatori registrano in seguito la preoccupazione che nutrirebbe Y.S. e altri soggetti, tra i quali i fratelli Michele e Luigi Cuomo (lo straniero, inizialmente nella loro orbita, si staccherà nel periodo in cui la Dda indagha sulla guerra a colpi d’arma da fuoco tra bande criminali a Nocera). I due pensano prima di “punire” chi ha picchiato il figlio, poi alla presenza di Ciro Eboli (la «longa manus» del boss) intendono chiedere poi « di essere ricevuti da zio Antonio per porgergli le loro scuse per il pestaggio subito dal figlio ad opera di un loro uomo».
È proprio indagando sui fratelli Cuomo che l’Antimafia aprirà la nuova indagine sul gruppo di Pignataro. Tra le parti vi sono rapporti e relazioni di amicizia che si intrecciano, al punto che Giuseppe Mariniello (che insieme al fratello Macario aveva fondato il disciolto clan omonimo Mariniello-Pignataro) fa intendere come il gruppo di Michele fosse «almeno in parte guidato da Pignataro». «Non davano fastidio a nessuno - dice Mariniello - si inciarmuliavano, ma è venuto questo e li ha sistemati, li ha rovinati. Ma quello (riferendosi a Michele Cuomo) si è rovinato appena ha avuto il contatto con quell’Antonio».

Sarà proprio Pignataro (tra i superstiti del gruppo della Nco di Cutolo e diventato poi novello boss a Nocera per mano di Pasquale Galasso, luogotenente di Carmine Alfieri e capo della “Nuova Famiglia”) a sancire la pace tra Michele Cuomo e Francesco Manzo - il giovane ferito nell’agguato all’esterno di una palestra lo scorso ottobre - in un incontro a casa sua. Per il gip Stefano Berni Canani il gruppo di Pignataro altro non rappresentava che una «novella cellula autonoma di un disciolto clan», che voleva rinnovare il suo potere sul territorio utilizzando la propria forza di intimidazione basata su carisma e fama criminale dei propri adepti. E dunque, «determinare omertà tra i cittadini, sostituirsi allo Stato, condizionare le decisioni della pubblica amministrazione e risolvere conflitti con spedizioni punitive».

Nel giustificare la misura in carcere, il gip riprende anche il contenuto di una recente e inquietante intercettazione ambientale captata dai Ros. A parlare è Ciro Eboli in auto, con un’altra persona. Si capisce che non solo lui, ma lo stesso Pignataro, disporrebbero anche di armi. «Quanti ne sono di loro? Il ferro lo tengo - dice Eboli - tengo due fucili a canne mozze, tre pistole, due 9 per 21, una sette e settantacinque, due fucili a canne mozze e tengo cinque bombe. Mò mi devono portare una mitraglietta, tengo una nove per ventuno tanta così. Lo “zio” pure sta pieno di ferri… e vabbè ma tiene i fucili per andare a caccia! Tiene pure la pistola, 7 e 65, non me l’ha mai fatta vedere... non l’ha mai pigliata».

Le indagini su questa nuova organizzazione - ha spiegato il procuratore capo di Salerno Corrado Lembo - nascono da una «improvvida custodia ai domiciliari dopo la collaborazione». La scarcerazione dell’ex boss avvenne il 19 giugno 2014 per ragioni di salute. La diagnosi medica parlò di «quadro clinico complesso e necessità di trattamenti specialistici con possibili effetti collaterali di difficile gestione in ambiente carcerario».
 
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