Lucci: «Il fitto di casa lo pagava la Cisl, come a Furlan»

Lucci: «Il fitto di casa lo pagava la Cisl, come a Furlan»
di Paolo Mainiero
Domenica 15 Gennaio 2017, 14:04
4 Minuti di Lettura
Napoli, via Girolamo Santacroce. In questa strada del quartiere Avvocata abita Lina Lucci, l'ex segretaria della Cisl indagata per appropriazione indebita. È una storia di intrighi e veleni quella che sta sconvolgendo il sindacato. Nel mezzo c'è lei, la Lucci, che ora tira fuori gli artigli. «Non ho fatto nulla di cui mi debba pentire. Vogliono fermarmi, ma andrò avanti».

Le accuse contro di lei sono pesanti.
«Non conosco i contenuti delle presunte contestazioni che mi vengono mosse perchè nessuno si è mai degnato di farmi una sola, dico una sola, richiesta di chiarimenti».
Ma saprà che è indagata per appropriazione indebita.
«Leggo quello che è apparso sui giornali. C'è un solo punto fermo: non mi sono mai appropriata indebitamente neanche di un euro della Confederazione. Scrivetelo a caratteri cubitali! Ho piena fiducia nella magistratura e non ritengo opportuno e rispettoso fare anticipazioni. Lunedì (domani, ndr) il mio legale di fiducia si recherà in Procura per dare la mia piena disponibilità a essere ascoltata quanto prima possibile».
Questa sua casa di via Santacroce è finita nel fascicolo dell'inchiesta. Quante stanze ha?
«Un saloncino, una cucina, due camere da letto e uno studiolo. È un appartamento sicuramente non lussuoso».
È in fitto?
«Sono subentrata al contratto di locazione del mio predecessore dopo che lo stesso ha lasciato l'incarico di segretario generale della Campania».
Chi paga il fitto? La Cisl?
«Poiché ero residente in un altro comune, in un appartamento acquistato con un mutuo, la segreteria confederale nazionale ritenne, secondo regolamento, di pagare il canone di locazione. Del resto, il commissario Ragazzini e la stessa Furlan lo sanno bene perchè sono fruitori del medesimo beneficio, così come lo era il mio predecessore».
Quindi il fitto lo paga il sindacato?
«Non godo più di questo beneficio da tempo, da quando ho venduto l'appartamento in cui risiedevo e ho trasferito la mia residenza in via Santacroce».
È vero che ha ristrutturato la casa a spese della Cisl?
«Quei pochi interventi fatti li ho sempre pagati io, con transazioni tracciabili».
Nel dossier confezionato dall'attuale commissario Piero Ragazzini si ipotizzano rimborsi spese per abbigliamento e generi alimentari.
«Ripeto, non mi sono mai appropriata indebitamente neanche di un euro».
E delle spese di rappresentanza e delle spese per regali cosa dice?
«Si tratta sicuramente di spese ordinarie, in linea con le consuetudini di tutte le confederazioni e di tutte le categorie».
L'elenco delle accuse è lungo. Ha distribuito molte consulenze?
«Le consulenze sono tutte passate per il vaglio della segreteria e sono tutte state assegnate per fini legati all'esercizio dell'organizzazione. Per quel che so, si tratta di consulenze di legali per assistenza su vertenze di lavoro. Ma parliamo di importi ridottissimi».
Nella denuncia si fa riferimento a progetti di formazione finanziati e non decollati. È così?
«Tutti i progetti a cui ho partecipato sono veri e vi è la piena tracciabilità negli enti preposti. Già nel 2011, sulla base di un esposto anonimo, la Procura di Napoli aprì un'indagine. La Guardia di Finanza fece severe ispezioni e fornimmo una copiosa documentazione».
Se, come sostiene, le accuse contro di lei sono tutte infondate, come spiega il dossier di Ragazzini?
«Purtroppo, temo che la vicenda sia molto più complessa e articolata di quella che oggi appare. Con un sistema di relazioni molto più esteso».
Può essere più chiara?
«C'è un sospetto tempismo tra la presentazione del dossier contro di me e il lodo atteso all'esito di un mio ricorso ai probiviri della Confederazione. È palese la manovra a tenaglia messa in piedi in modo sistematico per screditare la mia immagine».
Cosa contiene il suo ricorso ai probiviri?
«Ho denunciato in maniera documentata il comportamento e gli illeciti di alcuni dirigenti apicali del sindacato. Non è da oggi che ho denunciato ben altre ruberie nell'organizzazione. Andrò fino in fondo a questa storia che parte da una mia denuncia del 2015. Ho chiamato a testimoniare anche Annamaria Furlan e l'intera segreteria perchè io non ho nulla da temere».
Dunque, vede una relazione tra il suo ricorso e il dossier in Procura?
«Sarà un caso, ma dal momento in cui ho depositato il ricorso non ho avuto più tregua. A cominciare dal commissariamento, avvenuto pochi giorni dopo. Ancora oggi continuo a ricevere minacce e segnali del tipo che sarebbe meglio da parte mia lasciar perdere. Ma non lascio perdere un bel niente perchè non ho nulla da nascondere».
Lei ha presentato alla Digos una denuncia per diffamazione e violazione della privacy. Nel suo ufficio è stata scoperta una telecamera nascosta?
«Uno schifo».
Era spiata dai componenti del suo sindacato?
«Quello che francamente mi ha sbigottito è che ho dovuto prendere atto, in questi giorni, di essere stata sistematicamente intercettata, video-registrata, ascoltata, spiata in quegli ambienti di lavoro che ho vissuto anche per quindici ore al giorno e che sono stati la mia vera casa».