Guerriglia alla Stazione, 23 denunciati: «Volevano lo scontro con CasaPound»

Guerriglia alla Stazione, 23 denunciati: «Volevano lo scontro con CasaPound»
di Gigi Di Fiore
Martedì 20 Febbraio 2018, 09:50 - Ultimo agg. 11:30
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Il giorno dopo è quello delle accuse incrociate e delle recriminazioni. Le quasi due ore di incidenti in via Galileo Ferraris alimentano polemiche politiche a distanza e ricostruzioni diverse tra i protagonisti. Il giorno dopo, i centri sociali convocano un’assemblea pubblica in piazza Giusso per «denunciare senza mezzi termini la violenza delle forze dell’ordine che ha colpito il corteo antifascista che voleva contestare la kermesse di Casapound».

Stavolta, tutto fila liscio con un corteo che attraversa le vie del centro storico. Dai megafoni degli organizzatori, partono strali contro la gestione dell’ordine pubblico del giorno prima. «Questa è la nostra risposta pacifica», si sente. In Questura, si visionano i video ripresi alla manifestazione, la Digos prepara le relazioni da inviare al Servizio centrale di prevenzione. E viene tirato un bilancio sui feriti del giorno prima: tre agenti di polizia e un carabiniere.
 

Napoli come Bologna, o Venezia. Casa Pound, organizzazione che si richiama alla destra e si presenta con proprie liste alle prossime elezioni, chiama a raccolta simpatizzanti ed elettori. Domenica pomeriggio, all’hotel Ramada in via Galileo Ferraris, arriva il leader nazionale Simone Di Stefano. Che rivendica la legittimità della sua presenza e il suo diritto a parlare: «Abbiamo seguito le regole democratiche, raccogliendo le firme per poterci candidare. Noi fascisti? Non riproporremo modelli autoritari».
 
Simboli, riferimenti storici, richiami culturali parlano di un’eredità che guarda al Ventennio fascista bandito dalla Costituzione. E questo, nella sostanza, viene contestato dai manifestanti che si radunano domenica nelle stradine del quartiere Vasto. Ci sono esponenti e frequentatori dei centri sociali napoletani, quelli conosciuti alla Digos che si riuniscono in sedi concesse o tollerate dal Comune, ma ci sono anche molti studenti. Ci sono tanti adolescenti, alunni delle scuole superiori che hanno risposto alla convocazione dei giorni scorsi, con volantinaggi e assemblee negli istituti scolastici e nei centri sociali. 

Del corteo e del percorso che gli organizzatori intendevano seguire non c’è stata alcuna comunicazione ufficiale alla Questura. Una circostanza lamentata dal questore Antonio De Iesu, che parla di «irregolarità a monte». Ma, nei giorni scorsi, naturalmente la Digos ha fatto il suo lavoro di intelligence preventiva, acquisendo informazioni. Per questo, le forze dell’ordine sanno bene che l’incontro di Casa Pound è un obiettivo «a rischio ordine pubblico». Domenica scorsa, tra la partita Napoli-Spal e il controllo dell’area tra la Stazione centrale e via Ferraris, sono stati schierati circa 400 uomini tra carabinieri e agenti di polizia dei reparti mobili.

Nell’hotel Ramada, blindato dalla barriera di automezzi e agenti, si riuniscono circa 300 persone. Parla Di Stefano e parla anche la capolista alla Camera di Casa Pound a Napoli, Emmanuela Florino, figlia di Michele, in passato parlamentare e consigliere comunale del Msi. Tiene il suo discorso, parla di uscita dall’euro, di lavoro stabile da assicurare a tutti, di diritto alla proprietà della casa. Fuori, invece, comincia a muoversi il corteo di protesta. Ci sono circa 200 persone. Il primo stop, all’altezza della libreria Feltrinelli. La barriera degli agenti di polizia è insormontabile. Il corteo non passa, si disperde ancora per le strade del Vasto. 

«Qui Casapound ha provato, senza riuscire, a ritagliarsi uno spazio politico sull’onda della lotta al degrado; gli abitanti del quartiere, in maggioranza migranti, ci applaudono» dicono gli organizzatori della manifestazione. Il corteo si ricompone in via Ferraris, dalla parte opposta a quella dove era stato bloccato poco prima. Gli slogan di partenza vengono ripetuti: «Siamo tutti antifascisti; in Italia non c’è spazio per razzismo e fascismo». Anche stavolta, le barriere sono massicce a impedire l’arrivo all’hotel, dove sono in corso gli interventi degli esponenti di Casa Pound. Qualcuno urla contro gli agenti: «Il mondo vi detesta, siete dalla parte dei fascisti».

Qui, poco prima delle 20,30, cominciano gli scontri dalla doppia interpretazione. Il questore Antonio De Iesu parla di cariche necessarie a disperdere il corteo, dopo l’aggressione subita a colpi di bastoni, pietre, petardi, bombe carta. Cariche, in tutto due, senza lanci di lacrimogeni che riescono a disperdere i manifestanti in gran parte verso l’area parcheggio della Metropark dove stazionano i bus che collegano Napoli ad altre regioni. Il racconto dei manifestanti è diverso, ripetuto anche nell’assemblea in piazza Giusso.

«Impressionante il numero di mezzi impiegati a difesa della kermesse neo-fascista - dicono gli esponenti dei centri sociali - Impressionante la rete di contenimento sulle vie limitrofe, con centinaia di uomini in assetto anti-sommossa. Un intero quartiere è stato militarizzato ed è stato permesso ad una formazione neo-fascista di esporre pubblicamente il proprio programma politico».

Anche sui numeri, la versione dei partecipanti al corteo è diversa da quella della polizia. Parlano di tre, non due, cariche. Aggiungendo: «Tutte di violenza inaudita e una partita quando il corteo era già stato disperso; siamo stati caricati in maniera del tutto improvvisa».

Poi, i numeri sui feriti che non sono tutti rilevati dalle forze dell’ordine: dieci persone. Una avrebbe avuto due dita rotte, una seconda il naso rotto e una terza quattro punti di sutura alla testa. Di due soli, però, c’è traccia di referti ospedalieri. Dopo l’ultima carica, alcuni manifestanti sono rimasti isolati e fermati dalla polizia. Sono quelli, in prevalenza giovani, schierati con la faccia al muro e le mani dietro alla testa fotografati in via Ferraris. In 23 vengono portati in Questura per l’identificazione. Tra loro, ci sono anche due minorenni. In via Medina, si spostano i manifestanti in segno di solidarietà con i fermati. La polizia li disperde, perché bloccano il traffico.

Nella notte, anche i 23 vengono lasciati liberi rimanendo denunciati per resistenza a pubblico ufficiale, occupazione di luogo pubblico e interruzione di pubblico servizio. Il giorno dopo, i centri sociali diffondono ancora comunicati sull’accaduto: «Condanniamo la violenza espressa dalle forze dell’ordine e siamo fieri di difendere il diritto a vietare l’affermazione di politiche repressive e razziste proprie di Casa Pound. Fuori i fascisti da ogni luogo».

Il comizio di Casa Pound va avanti e termina senza problemi, all’interno quasi nessuno si rende conto di quanto accade fuori. Simone Di Stefano conclude il suo intervento, tra gli applausi. «Dobbiamo iniziare a lottare da oggi, portare questo movimento politico in Parlamento a combattere e lottare duramente» dice. Quando attivisti e simpatizzanti escono, sono protetti dalla polizia, ma la manifestazione antifascista si è ormai trasferita sotto la Questura per i 23 fermi. Solo in via Ferraris è visibile qualche segno delle cariche della polizia, ma ovunque tutto è tornato normale. Tra viaggiatori ignari che si affrettano verso la Stazione e utenti dei bus che affollano il parcheggio di Metropark.
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