Napoli, gli ex dell'Umberto uniti per la prof Luisa Breglia: «Lezioni di vita, è sempre con noi»

Napoli, gli ex dell'Umberto uniti per la prof Luisa Breglia: «Lezioni di vita, è sempre con noi»
di Davide Cerbone
Venerdì 24 Novembre 2017, 13:01
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Mezzo secolo dopo, gli ex ragazzi del '67 tornano a scuola. In un venerdì di fine novembre, li trovi riuniti nell'aula magna del liceo Umberto, intorno ad un focolare che dopo una vita lontano dai banchi scalda ancora. C'è chi è venuto da Londra, chi da Bruxelles. Tutti, comunque, hanno aperto una parentesi tra oneri e impegni per incontrarsi nel nome e nel ricordo dell'amata insegnante scomparsa lo scorso agosto a 104 anni.

Nella scuola di Chiaia la professoressa Maria Luisa Breglia dal '46 al '77 ha insegnato Lettere. Oggi pomeriggio alle 17 una riunione di classe un po' differita la ricorderà con una celebrazione per immagini e parole che vuole essere una sorta di festa della gratitudine. La sua lezione, infatti, vive ancora dentro diverse generazioni di studenti. Adolescenti «acerbi e distratti», come si definiscono in una memoria scritta a più mani, diventati in molti casi eccellenti: tra gli altri, l'ambasciatore italiano a Londra Pasquale Terracciano, l'ex sindaco di Firenze Leonardo Domenici, il direttore generale dell'Unione Industriali di Napoli Michele Lignola, l'avvocato e docente universitario Francesco Barra Caracciolo, la ginecologa Patrizia Piatti, la direttrice del segretariato regionale del Mibact Mariella Utili, l'economista Marco Pagano, la direttrice di Villa Pignatelli Denise Pagano, il neurochirurgo Massimo Natale. E ancora: Laura Ballio, ex redattrice capo al Corriere della Sera, Giorgio Volpe, vicedirettore dell'Unione industriali di Napoli, l'ordinario di Diritto amministrativo Alfredo Contieri e Massimo Mendia, brillante e innovativo piccolo imprenditore in campo ambientale.

Forgiati alla scuola della Breglia, negli anni a venire, furono anche l'assessore regionale Amedeo Lepore e il capo della Tgr Campania Antonello Perillo, che modererà il dibattito. Per tutti loro, e per molti altri «la Breglia», nata a Messina nel 1913 da madre di origine tedesca e padre ufficiale di marina dal quale ereditò la disciplina marziale, fu certo maestra di italiano, latino e greco, di storia e geografia. Ma soprattutto di stile e di etica, di rigore e lealtà. Insegnante, dunque, ma prima ancora educatrice. «Se incontri sul tuo cammino persone che, come lei, sanno trasferire valori come cittadinanza, rispetto e tolleranza, la scuola può dare alla tua vita un'impronta decisiva», afferma Lignola.

Sulla spinta di questa convinzione, gli ex-ex studenti dai capelli bianchi hanno voluto organizzare quella che lo stesso Lignola definisce «un'iniziativa inconsueta e per questo particolarmente significativa». Il direttore dell'Unione industriali non ha dubbi: «Se in venti ci ritroviamo dopo tanti anni nel suo nome e nel suo ricordo è perché riconosciamo di aver avuto il privilegio di un magistero che oggi è rarissimo». La ginecologa Patrizia Piatti conferma: «Con la professoressa Breglia bisognava combattere. Ma era dura, non autoritaria. Ci faceva sviluppare il carattere, e sotto la scorza dura aveva slanci di grande umanità».

Nei suoi 150 anni di storia, il liceo che ha diplomato Giorgio Napolitano e Raffaele La Capria, Giuseppe Patroni Griffi e Francesco Rosi (senza dimenticare Antonio Ghirelli, Erri De Luca, Mario Martone, Andrea Ballabio e Vincenzo Salemme) ha avuto docenti autorevoli come il latinista e grecista Giovanni Lamagna e la socialista eretica Vera Lombardi. Nessuno, però, come la professoressa Breglia ha suscitato un sentimento capace di resistere ai decenni. «In vista di questa giornata, alcuni di noi della IV e V L del biennio '67-'69 abbiamo dato vita ad una chat che aveva una mera funzione di raccordo - racconta il professor Barra Caracciolo - Incredibilmente, in pochi giorni nella chat si sono uniti quasi tutti gli allievi di quel biennio, con i quali avevamo interrotto ogni contatto. E, cosa ancor più straordinaria, è esplosa una irrefrenabile voglia di comunicare, di raccontare e raccontarci, di condividere non solo ricordi ma anche tanti eventi, piccoli e grandi, del nostro presente e della nostra vita. Come se da quel biennio non fossero trascorsi ben cinquant'anni». L'ambasciatore Pasquale Terracciano, che per gli amici è semplicemente Quito, ha le valigie pronte per Mosca. Ma prima passerà dalla sua Napoli, dal suo liceo. «Quello dal '69 al '71, dai 13 ai 15 anni, è stato un periodo molto intenso e formativo. In quei due anni lei ha gettato le basi del mio diventare una persona adulta». Due anni, insomma, che valgono una vita. «Era non solo una fantastica insegnante, ma una persona in grado di trasmettere valori. Qualcuno mi chiede perché facciamo questa commemorazione. Io rispondo che la facciamo anche per celebrare la fortuna di essere diventati quello che siamo grazie ai suoi insegnamenti. Ancora oggi, a me come ad altri, è successo di domandarci: Qui come mi avrebbe giudicato la Breglia?. Ecco, era il nostro faro, il nostro punto di riferimento. E ha inculcato in tutti l'idea che se non avessimo fatto il nostro dovere avremmo ingannato noi stessi». Leonardo Domenici, ex sindaco di Firenze e ex europarlamentare, oggi presiede la fondazione Cittalia, che si occupa di progetti di accoglienza e di integrazione. «Sono a Bruxelles, ma rientro in Italia domani (oggi per chi legge, ndr) perché voglio esserci», spiega. E ricorda: «Quando avevo 13 anni mio padre per motivi di lavoro si trasferì a Napoli, dove ho vissuto fino ai 19 anni. Sono stati anni importanti, nei quali la figura della professoressa Breglia è stata molto importante per la mia formazione non solo scolastica ma anche etica e morale», dice Domenici. Poi riavvolge il nastro della memoria: «Per l'esame di maturità preparai una tesina sul pensiero morale di Leopardi. Lei la lesse, pur non essendo più la mia insegnante. Mi disse che le era piaciuta, e quando andai via mi regalò la sua edizione dello Zibaldone di Leopardi, quella della Garzanti, che conservo ancora gelosamente. Un gesto che mi commosse profondamente». In nome di questa eccezionale gratitudine, gli ex liceali hanno pensato ad un gesto di restituzione: «Il sabato ci faceva fare un'ora di lettura e ci obbligava a fare la sintesi e il commento - ricordano Piatti e Lignola - Quei libri li doneremo agli studenti di oggi, in un ideale passaggio di testimone».

 


Mariella Utili, ex responsabile del Polo Museale della Campania ora alla guida del segretariato regionale del Mibact, sottolinea: «Non è una commemorazione, ma un atto di gratitudine. Ha speso una vita nell'insegnamento, se potesse saperlo, non potrebbe che esserne felice». Un concetto che Barra Caracciolo rafforza: «Non siamo affatto, per dirla con Taddeus Kantor, una Classe morta, non abbiamo vocazione alla nostalgia un po' lagnosa dei bei tempi che furono», assicura. E, citando Flaubert, dice: «Noi siamo la Breglia. Una professoressa che per qualità non ha eguali in Italia e vive attraverso noi e l'amore che portiamo per lei». Il pensiero di Mariella Utili, intanto, va agli incontri più recenti: «Fino agli ultimi giorni della sua lunga vita, io e Denise Pagano andavamo a trovarla un paio di volte l'anno». L'unico ricordo amaro è venato di tenerezza: «Una sola volta fui cacciata dall'aula perché suggerivo ai compagni. Mi disse che non ero stata leale, questo mi annientò», sorride Utili. Così gli umbertini delle classi tra il '67 e il '69 raccontano la loro amabile antagonista. «Ci educava al confronto democratico, spingendosi ad una assunzione di responsabilità. Non a caso, la L era la sezione più ambita. Ma al tempo stesso la Breglia incuteva molta soggezione. Al primo anno ne bocciava sette o otto». Ne sa qualcosa Massimo Natale. Anzi, «Natale Massimo», come ama firmarsi ancora oggi che è un affermato neurochirurgo. «Ci obbligava a mettere prima il nome e poi il cognome. Da allora, per ripicca, mi firmo così». Una chiara e mai ammainata forma di insubordinazione dovuta alla bocciatura in quinto ginnasio dalla quale Natale si è riscattato brillantemente. «Nonostante abbia subito soprattutto a causa sua la bocciatura, non ho mai serbato rancore per la prof. Anzi, ho sempre nutrito stima ed affetto. Ciononostante - precisa il neurochirurgo, confermando la natura di bastian contrario - non ritengo che fosse una persona perfetta. Aveva le sue preferenze e aveva un atteggiamento un po' radical chic. Tuttavia, di lei ho il ricordo di una persona severa, intransigente e tenace ma capace e dedita al lavoro. Con la sua forte personalità ha impresso in ciascuno di noi qualcosa».
Di quella intransigenza la professoressa si scusò all'alba dei novant'anni, in una lettera preparata per la festa organizzata dai suoi allievi di sempre al Circolo degli artisti, il 31 maggio 2003. Un testamento morale e sentimentale con un incipit che racconta più di mille parole. «Dilectissimae puellae, Amati discipuli», esordiva la professoressa di Lettere. «Voglio dirvi quanto la vostra presenza qui sia per me motivo di profonda commozione e intensa gioia. Gioia di avervi intorno a me come nei giorni andati, ma senza registri, né testi da commentare. Sono sempre la vostra maestra, ma come una vecchia nonna e tutti voi miei nipoti carissimi. È questa anche una occasione per chiedervi perdono, sì perdono se durante gli anni in cui sono stata la vostra insegnante ho commesso verso di voi degli errori, delle ingiustizie, se sono stata troppo dura e intransigente. Non ho che una giustifica: vi volevo bene, convinta che dovevo essere severa per prepararvi non soltanto agli esami scolastici, ma ai più difficili e aspri esami della vita», scriveva l'insegnante. Oggi le sue «puellae» e i suoi «discipuli» sono di nuovo qui, a dirle che non l'hanno mai dimenticata.
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