Napoli, la faida di Forcella per il tesoro sparito della «paranza dei bambini»

Napoli, la faida di Forcella per il tesoro sparito della «paranza dei bambini»
di Giuseppe Crimaldi
Sabato 22 Settembre 2018, 22:58 - Ultimo agg. 23 Settembre, 17:12
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La voce girava già da tempo. Da mesi. «I denari? State senza pensiero, quelli stanno al caldo»: così rassicurava il suo interlocutore subito dopo la fine della faida che tra il 2014 e il 2015 vide protagonisti i baby boss della paranza d’e creature di Forcella. È l’autunno del 2015 e la guerra di camorra si è chiusa con un bilancio pesantissimo in termini di vite umane e di giovani finiti dietro le sbarre. «I soldi sono in luogo protetto», rassicura il camorrista, senza immaginare di essere intercettato. In quasi due anni di gestione delle piazze dello spaccio (tante nel solo quadrilatero compreso tra via Duomo, Forcella, la Maddalena, il Vasto e Porta Capuana) il cartello criminale dei Sibillo-Giuliano ha accumulato un fiume di soldi; anche il racket ha fatto confluire decine e decine di migliaia di euro nelle casse dei giovanissimi ras.  
Impossibile fare una stima precisa di questo «tesoretto»: lo si può tuttavia stimare nell’ordine di oltre un milione di euro. Soldi sporchi. Calmate le acque, chiusa la mattanza, succede però qualcosa. Qualcosa di grave che da vicino ricorda quello che nei codici di camorra viene indicato come uno sgarro. Un affronto imperdonabile. Perché di quei soldi messi da parte - o almeno buona parte di essi, che avrebbe dovuto anche servire a garantire l’assistenza di mogli e figli dei carcerati, a pagare gli avvocati che devono assisterli nei processi, oltre che a pagare i rifornimenti di ingenti partite di stupefacenti - pare si siano perse le tracce.
LA LITE
Nell’aprile scorso si verificò un episodio da molti archiviato come una banale lite stradale. Nella centralissima piazza Calenda (lo stesso luogo in cui si trova l’agenzia di scommesse presa di mira mercoledì da alcuni uomini armati) si incrociarono due gruppi di persone. Uomini e donne, nuclei legati peraltro da lontani rapporti familiari. Le prime a fare la voce grossa furono le donne, gli animi si surriscaldarono e in breve - con il supporto degli uomini - si scatenò una violenta rissa, sedata solo grazie all’arrivo delle forze dell’ordine. Oggi, sussurrano i bene informati, quell’episodio assume tutt’altra valenza: perché l’oggetto del contendere era legato proprio a ingenti somme di denaro accumulate dai Giuliano-Sibillo-Brunetti-Amirante per conto di tutti i componenti il sodalizio, la cui gran parte non si trova più. La sparizione di quei denari ha soprattutto fatto incrinare un asse che appariva inossidabile: l’alleanza tra il gruppo dei Giuliano di terza generazione e quello che fa capo a un pregiudicato, Salvatore De Martino, tenuto strettamente d’occhio dagli investigatori in quanto considerato un «emergente» nel panorama criminale.
L’IPOTESI
Che cosa può essere successo? A questo punto (e da qualche tempo sull’ipotesi stanno lavorando anche gli inquirenti) è probabile che la causa scatenante della scissione tra i due gruppi un tempo uniti, e che sta rischiando di far piombare Forcella in un nuovo inferno, sia legata non solo al controllo delle piazze dello spaccio, ma anche - e forse soprattutto - a debiti non onorati, a soldi mai restituiti ad alcuni affiliati che si erano esposti ad anticipi anche consistenti nell’acquisto di partite di hashish e cocaina. «Sui patrimoni accumulati illecitamente soprattutto dai Sibillo - spiega a Il Mattino un investigatore che da vicino ha seguito le vicende degli ultimi tre anni nel centro storico - effettivamente c’è ancora molto da fare. C’è chi sostiene che custodi siano alcune donne della famiglia e del clan rimaste in libertà, non toccate da indagini giudiziarie. Se oggi gli equilibri si sono di nuovo rotti a Forcella non è escluso che a determinare la frattura ci siano sempre e solo i soldi. Mai come in questo momento essenziali per ricostruire quella che ambisce a diventare la nuova cosca dominante della zona».
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