Farmaci, la pista delle tangenti:
indagini sulla onlus del Pascale

Farmaci, la pista delle tangenti: indagini sulla onlus del Pascale
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 9 Marzo 2017, 08:31
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Hanno trovato il finanziamento, credono di aver chiuso il cerchio: diecimila euro sul conto corrente di una fondazione che farebbe capo al primario del Pascale finito agli arresti domiciliari due giorni fa. Una novità confermata in queste ore, che spinge la Procura di Napoli a compiere verifiche su tutto ciò che è circolato in questi anni su quel conto corrente. E su quella fondazione. Parliamo di una onlus, della Fondazione amici del Pascale (negli anni scorsi era presieduta dal nonno di Izzo, Ferruccio De Lorenzo, ex presidente dell'Ordine dei Medici), insomma del fiore all'occhiello in materia di stimolo alla ricerca scientifica. Materiale da prendere con le molle, massima cautela da parte della Procura, che comunque porta a casa quello che ritengono essere un elemento di straordinaria importanza per definire uno dei capitoli di indagine legato alla gestione degli acquisti di medicinali al Pascale. Ma proviamo a fare chiarezza, in relazione agli ultimi dati emersi dall'inchiesta che tiene agli arresti - ai domiciliari - l'attuale direttore generale della Asl Napoli uno Elia Abbondante, il primario Francesco Izzo, la moglie Giulia Di Capua e altri tre specialisti nel settore della vendita dei medicinali.

Il versamento sospetto

Stando alle ultime acquisizioni, un versamento sul conto corrente della Fondazione risale di sicuro all'ottobre del 2015, parliamo di una dazione di diecimila euro: siamo nello stesso periodo in cui Izzo al telefono con l'informatore Marco Argenziano parlava del farmaco Nexavar, in una conversazione che viene indicata come un elemento utile a sostenere l'accusa di corruzione. In sintesi, il rappresentante della Bayer avrebbe offerto 10mila euro (una «elargizione liberale», un dono) a Izzo, in cambio dell'acquisto del farmaco salvavita. Acquisti raddoppiati da un anno all'altro - dicono gli inquirenti - ora c'è anche il tracciato bancario. Quanto basta a spingere la Procura ad alzare il tiro e a compiere altre verifiche: accertamenti in corso sul conto corrente dedicato alla Onlus, c'è esigenza di trasparenza, alla luce di una domanda. Quel finanziamento alla fondazione amici del Pascale è una tangente mascherata da liberalità? Inchiesta condotta dai pm Celeste Carrano e Henry John Woodcock, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Alfonso D'Avino, c'è un doppio profilo investigativo da battere. Due i reati che hanno spinto il gip Pepe a firmare gli arresti domiciliari: un'ipotesi di turbativa d'asta, in relazione agli ordinativi di apparecchiature e materiale medico firmati dal primario Izzo in favore di aziende riconducibili alla moglie Giulia Di Capua (dal 23 aprile del 2014, anche i vertici amministrativi dell'azienda sono a conoscenza del rapporto tra i coniugi); e la presunta tangente per raddoppiare l'acquisto (non la prescrizione) dei farmaci salvavita, sulla scorta di un accordo interamente captato dagli investigatori. Decisivo il lavoro dei finanzieri del nucleo di polizia tributaria agli ordini del colonnello Giovanni Salerno (in campo anche il nucleo valutario), c'è un intero spaccato amministrativo sotto i riflettori.

La difesa: tutto regolare

Centrale il rapporto tra il primario Francesco Izzo e la moglie Giulia Di Capua. Difesi dai penalisti Michele Cerabona e Fabrizio Rondino, i coniugi sono pronti a dare battaglia. Chiara la posizione difensiva: il comportamento di Izzo è ritenuto conforme a quelle che sono (ed erano) le regole in materia di appalti; in quanto operatore, Izzo chiedeva la strumentazione necessaria al proprio lavoro, che veniva fornita sul territorio da un solo canale di distribuzione. Ma non è tutto. La difesa si dice pronta a discutere anche un altro punto, quello della «infungibilità» dei prodotti richiesti dal Pascale, della loro «esclusività»: un concetto che sta alla base degli arresti di due giorni fa, che viene invece respinto dai difensori, alla luce di una prima ricognizione della materia trattata. Stando alla difesa, quel materiale venduto all'ospedale (in particolare una fornitura di aghi per intervenire sui tumori) era realmente «infungibile» dunque esclusivo: non era possibile reperirne altrove, quindi era inevitabile la trattativa diretta.


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