Delitto Materazzo, Luca rischia l'ergastolo. Indagato un imprenditore per favoreggiamento

Delitto Materazzo, Luca rischia l'ergastolo. Indagato un imprenditore per favoreggiamento
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 11 Ottobre 2017, 09:20 - Ultimo agg. 11:56
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Non fu un raptus di violenza, un improvviso travaso di bile. No, il piano assassino era stato covato a lungo. E consumato a freddo, come il copione impone a chi sogna la vendetta perfetta. Eccola la sintesi dell'omicidio di Vittorio Materazzo, secondo la ricostruzione della Procura di Napoli. È di ieri l'ultima svolta formale sull'omicidio consumato lo scorso 28 novembre in viale Maria Cristina di Savoia. Un avviso di chiusa inchiesta è stato infatti notificato ai difensori di Luca Materazzo (i penalisti Gaetano e Marilù Inserra), indicato come unico autore del delitto. Ha ucciso il fratello - è la sintesi dell'avviso di garanzia - agendo con premeditazione, colpendolo con oltre quaranta coltellate in punti vitali. 

E non è l'unica novità legata alle indagini sull'omicidio dell'ingegnere 51enne. Nell'ambito dello stesso procedimento, la Procura di Napoli ha deciso di indirizzare un avviso di conclusione delle indagini anche a carico dell'imprenditore Domenico Giustino, che dovrà difendersi dall'accusa di false dichiarazioni al pm e di favoreggiamento. Inchiesta coordinata dai pm Luisanna Figliolia e Francesca De Renzis, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso, c'è un doppio binario: da un lato, la Procura si appresta a chiedere il rinvio a giudizio a carico del professionista 37enne, latitante dallo scorso 8 dicembre, indicandolo come responsabile della morte del fratello; dall'altro, invece, c'è un'accusa nei confronti di un imprenditore, accusato di aver aiutato Materazzo jr nel periodo in cui pesanti indizi gravavano sul suo conto. Difeso dal penalista napoletano Luigi De Vita, Domenico Giustino non ci sta e si dice disponibile a chiarire la sua posizione. 

Stando a quanto emerge, ci sarebbero delle contraddizioni tra quanto dichiarato da Giustino in un primo momento, quando venne sentito come persona informata dei fatti e quanto venuto fuori dai tabulati telefonici. In sintesi, Giustino avrebbe dichiarato di non aver mai parlato con le sorelle di Luca Materazzo dopo il delitto, un particolare che invece emerge dai contatti telefonici. Spiega ora l'avvocato De Vita: «Cercheremo di ricostruire date e rapporti avuti tra il mio assistito e componenti della famiglia di Luca Materazzo, anche alla luce di quanto ci viene contestato. Domenico Giustino conosceva la famiglia Materazzo da tempo ma non ha mai ostacolato indagini o coperto la fuga di Luca. Anzi. I rapporti avuti con l'indagato risalgono a un periodo precedente l'emissione della misura cautelare, quando non era chiara la veste del giovane professionista oggi ricercato per omicidio». Insomma, clima di piena collaborazione con la giustizia, massima disponibilità a fornire un contributo nella caccia all'uomo che va avanti ormai da mesi. Ma torniamo alla chiusa inchiesta a carico di Luca Materazzo. Per i pm non ci sono dubbi: si è trattato di un omicidio premeditato, un'accusa che - se venisse confermata in sede processuale - farebbe scattare una condanna all'ergastolo. Ma torniamo al delitto. Erano le sette passate, un lunedì sera: il Napoli in campo per una partita di campionato, città semideserta, Vittorio Materazzo torna a casa dopo una giornata di lavoro. Viene atteso dall'assassino, che ha indossato due giubbini, un casco integrale, pantaloni larghi e uno scaldacollo. E impugna un coltello da sub.

Vittorio proverà a difendersi dall'aggressore con tutte le sue forze, oltre a provare ad attirare l'attenzione chiedendo aiuto, urlando la propria disperazione. Venne colpito alle spalle, poi al torace, alla gola. Le prime ferite - quelle alle spalle - sono meno profonde di quelle riscontrate su altre parti del corpo: un delitto premeditato, con una via di fuga su cui hanno a lungo lavorato gli uomini della scientifica sotto il coordinamento della Mobile.

La storia è nota: l'assassino scappò lungo le scalette di viale Maria Cristina di Savoia, poi imboccò corso Vittorio Emanuele per deviare in un vicolo cieco, nella parte superiore di vico Santa Maria della Neve (strada chiusa per lavori). Non sapeva di essere seguito, non immaginava che qualcuno aveva ricostruito la sua uscita di scena. Un passante testimone, che indicherà il covo alla polizia, dove vennero trovati armi e vestiti zeppi di tracce biologiche. È la chiave di volta del processo, la prova regina, il Dna. Difesa dal penalista Luigi Ferrandino, ora la vedova di Vittorio Materazzo attende l'inizio del processo, dove potrà costituirsi parte civile. Chiusa nel proprio riserbo, Elena Grande attende una risposta dalla giustizia, sia in chiave penale, sia dinanzi ai giudici civili dove (assistita da altri legali) ha chiesto di surrogare la posizione di Luca Materazzo, in vista della ripartizione dell'eredità del patron Lucio, scomparso anni fa. 

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