Dal rogo alla faida di potere
«Niente soldi senza piano»

Dal rogo alla faida di potere «Niente soldi senza piano»
di Adolfo Pappalardo
Martedì 25 Settembre 2018, 08:34
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Sino alla terribile notte del 4 marzo 2013 Città della Scienza sembrava immune. Immune dalla maledizione che fa l’area di Bagnoli, l’ex polo dell’Italsider, l’eterna incompiuta di tutta la storia post industriale di questo Paese. Da quel momento Città della Scienza, un tempo fiore all’occhiello di quella Napoli capitale del Mezzogiorno innovativo, entra in una crisi nerissima che dura ancora oggi. Con gli 84 lavoratori arrivati ieri a 7 stipendi arretrati. Dopo un anno di commissariamento che doveva segnare la svolta e invece ha portato la Fondazione sull’orlo di un baratro. Tra crisi di attività, ormai ferme da mesi, e una guerra sui bilanci. In rosso. Prima per circa 2 milioni, poi per quasi sette a seconda di come si voglia leggerli. 
 
IL BILANCIO
Per anni il fatturato della Fondazione si attestava su circa 12 milioni. Tra i 2 milioni garantiti dalla Regione, un altro dal Miur e il resto dalle attività di Città della Scienza. Sino al dicembre 2017 quando la crisi della governance e l’aggravarsi delle passività (circa 13 milioni) vede la Regione commissariare la struttura sollevando i vertici. È un terremoto che dovrebbe salvare la Fondazione in attesa di un rilancio. O almeno così salutano l’evento anche i lavoratori speranzosi che ci sia il punto di svolta. Non è così e la prova avviene il 31 luglio scorso quando l’assemblea dei soci della fondazione viene chiamata ad approvare il nuovo bilancio 2016 proposto dal commissario Giuseppe Albano. Quest’ultimo porta la perdita dai 2,2 milioni di euro del «bilancio Silvestrini», l’ex presidente e fondatore, ai 6,6 del commissario spedito dalla Regione. Un rosso enorme per una fondazione in cui vecchia e nuova governance leggono e interpretano in maniera diversa le varie voci di spesa. Compresa quella più corposa dell’indennizzo assicurativo per il rogo del 2013 che entra nelle partite di cassa. Tra 4,5 milioni per tasse, 6 per estinguere i mutui sugli edifici andati a fuoco come hanno imposto le banche e altri 4,5 per la cassa ordinaria. Non sono stati usati per investimenti, per la ricostruzione (che nel frattempo si è bloccata perché l’edificio distrutto deve essere riedificato lontano dal mare ma in un’area dove non è stata ultimata la bonifica) ma per la contabilità ordinaria. Non è però il solo punto di scontro tra i soci privati e la Regione che, nel frattempo, a fronte dello stanziamento della stragrande maggioranza dei finanziamenti, vede il suo ruolo uguale ad altri soggetti. «Oltre ad alcuni scienziati, tra i soci ci sono la Città Metropolitana di Napoli, l’università di Camerino e la Banca popolare di Ancona. Non possiamo mettere solo noi i soldi e fare la fine dei finanziamenti del teatro San Carlo...», dicono dai piani alti di palazzo Santa Lucia, dove i rubinetti verso la struttura di Bagnoli, dopo grandi entusiasmi iniziali, si sono interrotti. Accade plasticamente nell’ultima assemblea che approva il bilancio dopo un lungo braccio di ferro tra i soci.
LO SCONTRO
Il duello si consuma tra i due bilanci: quello dell’epoca Silvestrini e quello redatto dal commissario Albano. Una diversa interpretazione sull’Iva (2 milioni), da partita di giro a mero costo, e le spese per la progettazione della ricostruzione dello Science Centre (1,3 milioni), scatenano una guerra tra i soci per approvare o no l’esercizio contabile. È il 31 luglio scorso, fa un caldo infernale e i condizionatori rotti (non ci sono i soldi per la loro manutenzione) rendono l’aria irrespirabile. Alla fine il bilancio con una perdita di 6,6 milioni viene approvato con 3 voti contrari, 3 astenuti e 12 favorevoli, tra cui, determinante, la Regione Campania. Ok che viene salutato come una svolta dalla Cgil mentre la Uil e alcuni dirigenti interni fanno notare come «con conti come questi non si può più presentarsi come credibili a banche, interlocutori istituzionali, fornitori». Ma l’idea dei primi è che ci pensi ora la Regione e l’assessore alla Ricerca Antonio Marchiello abbandona la seduta, ricostruiscono alcuni sindacalisti, perché il Consiglio al Centro direzionale sta per varare il contributo straordinario. «È fatta», esultano in molti a quella riunione. Ma è una doccia fredda perché il Consiglio regionale approva sì la variazione di bilancio però con la novità di ripristinare il contributo ordinario che viene riportato a 3 milioni di euro ma, chiarendo, come «verrà concesso solo dopo l’approvazione di un piano industriale e un nuovo statuto». Variazione che non avviene, congelando così il finanziamento. Sino ad oggi. 
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