Cure e prevenzione, rilancio al palo: Asl Napoli, esami rinviati per mesi

Cure e prevenzione, rilancio al palo: Asl Napoli, esami rinviati per mesi
Martedì 23 Ottobre 2018, 11:08 - Ultimo agg. 11:35
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Governo della Salute. Su una cosa sindacati medici, operatori e manager sono unanimemente concordi: il processo di riordino, portato avanti sul versante degli ospedali è ancora al palo riguardo alla medicina del territorio. Il Programma triennale varato nel 2016, scade alla fine di quest’anno ma finora ha mosso appena i primi passi. Eppure si tratta di un pezzo importante della Sanità regionale, la seconda gamba su cui far camminare il governo della Salute in Campania e su distretti e ambulatori, sull’assistenza domiciliare e le cure psichiatriche, su prevenzione e screening, la Regione si gioca, da qui al 2019, alcune carte importanti nel percorso di valutazione dei Lea che conduce fuori dal piano di rientro.
 
I DISTRETTI
Sono l’alternativa alle cure in ospedale per famiglie, malati cronici, anziani e disabili. Ma dopo dieci anni di Piano di rientro e uno stop al ricambio dei camici bianchi che risale nel tempo, nei Distretti le forze in campo sono ai minimi termini. In questo fulcro strategico, che dovrebbe spostare dall’ospedale al territorio il baricentro dell’assistenza, lavorano pochi camici bianchi, spesso alle soglie della pensione. Compiti che spaziano dai controlli sugli accreditamenti agli adempimenti per i ticket, dalle verifiche sulla medicina di base alle cure specialistiche, dai Cup all’attività domiciliare, dalle dimissioni protette di pazienti fragili all’igiene degli alimenti fino alle politiche per la Salute degli immigrati. E poi vaccinazioni, screening, salute mentale, cure per le dipendenze patologiche.
GLI SCREENING
Sugli screening contro i tumori i dati di performance sono molto bassi in tutte le Asl, limitati al 15-20% della popolazione nel migliore dei casi. Al dato culturale, che fa della popolazione campana una delle più recalcitranti ai controlli periodici, fa da contrappunto la parcellizzazione degli interventi, l’inefficace pianificazione delle chiamate da parte dei medici di famiglia e l’inspiegabile esclusione delle strutture accreditate a fronte della capillare distribuzione sul territorio e della dotazione in tecnologie e personale. A mancare è anche un Cup unico regionale (o provinciale) per la diagnostica strumentale e la specialistica anche a fronte di ingenti risorse stanziate negli ultimi 15 anni. 
IL PERSONALE
Non dispongono, i Distretti, del personale necessario per procedere agli ingenti investimenti strutturali, tecnologici e di personale per riqualificare l’assistenza. Il recente acquisto di 9 mammografi a Napoli deve fare i conti con la mancanza di tecnici per far funzionare le macchine, consentire la doppia lettura dell’esame, gestire l’accompagnamento nei percorsi definiti dal piano oncologico. Anche sul fronte dei tetti di spesa per le strutture accreditate la situazione, a conti fatti, non è cambiata rispetto al passato quando a fine anno si esaurivano le risorse. “Nella Asl Napoli 1 e Napoli 2 nord - avverte Pierpaolo Polizzi presidente Aspat - conteggiando il totale dei giorni di fermo in un anno, si va dai 5 mesi per le branche specialistiche ai 7 mesi di stop per la cardiologia ai 6 mesi per la diabetologia (a Napoli 1). A Napoli 2 nord poi questo settore assistenziale è orfano dei volumi di cure che sarebbero a carico di 8 centri finora al palo. Non va meglio per i laboratori di analisi che in media stanno fermi sei mesi all’anno”. 
I CENTRI
In questo settore vanno segnalate anche le crescenti difficoltà dei centri di riabilitazione. Un punto di crisi che investe anche le cure palliative e il settore sociosanitario con cooperative che gestiscono da decenni pezzi di assistenza con le Asl e che nella fase di rinnovo dei contratti vedono a rischio centinaia di posti di lavoro e una fetta dell’assistenza. “In Campania abbiamo sette richieste al giorno per cure palliative – sottolinea Sergio Canzanella che gestisce un osservatorio e un call center – legate ai problemi più disparati, dalle richieste di ricoveri in Hospice all’assistenza domiciliare. Malati e famiglie spesso disperati, confusi da lungaggini burocratiche e mancanza di informazioni”. 
LE CURE
Pochi i passi avanti anche sulle previste aggregazioni funzionali territoriali tra medici di famiglia (Aft) lasciate al fai-da-te dei medici ma lontane dall’aver configurato capillarmente, nei quartieri delle città, studi medici aperti sulle 12 ore e con un minimo di tecnologia e organizzazione per fare efficacemente filtro agli accessi impropri nei pronto soccorso. Ancora più indietro le Uccp (Unità complesse di cure primarie), le Sps (Strutture polivalenti per la salute) e gli ospedali di Comunità. Strutture in cui sostituire un catetere, inserire accessi venosi, garantire supporto nutrizionale, praticare terapie endovena, effettuare controlli strumentali a bassa invasività, ovvero praticare cure specialistiche in regime ambulatoriale e in cui accogliere malati cronici in fase sub-acuta per gestire patologie che finiscono per affollare i pronto soccorso incidendo anche sulle liste di attesa. Anelli intermedi di cura che mancano da affidare alla regia della Medicina di base e alla specialistica ambulatoriale per garantire anche prestazioni infermieristiche di II livello. Poco o nulla, infine, dei 300 milioni della prima tranche dei fondi per l’edilizia ospedaliera, sono stati dedicati alla riorganizzazione del territorio.
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