Catacombe, ecco il documento che ha portato alla lite tra Vaticano e Paranza

Catacombe, ecco il documento che ha portato alla lite tra Vaticano e Paranza
di Giuliana Covella
Giovedì 15 Novembre 2018, 08:50
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«In riferimento alle competenze economiche derivanti dalla vendita dei biglietti, si stabilisce che l’incasso verrà suddiviso al 50% tra la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e l’Arcidiocesi di Napoli che gestisce le Catacombe». Eccolo l’articolo della discordia tra la Santa Sede e la cooperativa sociale “La Paranza”, secondo la convenzione firmata – come si legge dal timbro sul documento – il 21 luglio 2009 tra la commissione del Vaticano e la Curia partenopea. Un atto che, circa dieci anni fa, ha messo nero su bianco i punti cardine di quell’accordo (in scadenza a luglio) che ha fatto nascere un caso in merito alla gestione delle Catacombe di San Gennaro da parte della coop del Rione Sanità. Oggi, alla luce di una mobilitazione collettiva, che ha portato a quasi 70mila firme la petizione con cui si chiede l’intervento di Papa Francesco per dirimere la questione, “La Paranza” rende pubblica la convenzione dello “scandalo”. 
L’ACCORDO
Secondo l’accordo, i giovani di padre Antonio Loffredo avrebbero dovuto versare alla Chiesa di Roma la metà degli incassi derivanti dalla vendita dei biglietti.
Ma vediamo, punto per punto, quali sono i motivi dello scontro tra Santa Sede e cooperativa. Tutto parte – come si legge nella premessa – dalle “Inter Sanctam Sedem et Italiam conventiones”, ovvero i patti bilaterali siglati il 18 febbraio 1984 tra Stato e Chiesa, secondo cui la Santa Sede «conserva la disponibilità delle catacombe cristiane esistenti sul suolo di Roma e nelle altre parti del territorio italiano», con l’onere della «custodia, manutenzione e conservazione». E già qui c’è una prima obiezione da parte della coop: «Perché sin da quando abbiamo avuto in gestione il sito – dice il presidente Giovanni Maraviglia – ci siamo occupati noi di custodire e conservare quel patrimonio rimasto abbandonato per 41 anni». E, riguardo alla manutenzione: «Abbiamo curato sia quella ordinaria sia straordinaria, provvedendo alla pulizia quotidiana degli ambienti e agli interventi di restauro degli affreschi paleocristiani sepolti dalla polvere, grazie ai finanziamenti di privati». Restauri che, beninteso, sono stati possibili previa autorizzazione della Pontificia Commissione («essa sola decide sulle escavazioni, esplorazioni e restauri», è scritto nell’accordo). 
GLI OBBLIGHI 
Scorrendo il documento sottoscritto dal presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra Gianfranco Ravasi e dal cardinale di Napoli Crescenzio Sepe, si legge che la Curia partenopea assume la custodia delle Catacombe «per il periodo di 5 anni, con termine il 20 luglio 2014». E che «si protrarrà automaticamente di due anni in due anni». Ciò che, di fatto, finora è avvenuto. A dare merito al lavoro dei ragazzi è l’articolo 4, dove si parla di «obbligo di soddisfare le esigenze dei visitatori sia per la conoscenza della lingua sia per l’illustrazione dei monumenti da un punto di vista teologico e storico-artistico». «Lo facciamo in pieno con guide specializzate e laureate in beni culturali, come Lisa e Anna» rimarca Maraviglia. Pedissequamente rispettato anche quanto prevede l’articolo 5, che fa divieto di «celebrazioni liturgiche o altre manifestazioni nelle catacombe» senza l’ok della Pontificia Commissione. Vigilanza, pulizia e orari di accesso al sito sono disciplinati ai punti 6 e 7, che prevedono anche di facilitare le visite del personale venuto da Roma, che più volte sarebbero state ostacolate: «Li abbiamo sempre accolti e ospitati nelle nostre strutture, come la Casa del Monacone», replicano i ragazzi. 
I BIGLIETTI
La nota dolente è al punto 10, laddove si fa riferimento al versamento della metà degli incassi alla Pontificia Commissione. «Non ci è mai stato chiesto in questi anni». A rimarcare le richieste c’è l’articolo 12: «gli introiti derivanti da vendita biglietti, pubblicazioni e materiali illustrativi devono essere rimessi mensilmente» alla Commissione dalla Curia con tanto di bollettino «compilato e sottoscritto». «Ora ci chiedono la metà degli incassi – ribadisce Maraviglia – ma sono venuti a vedere come abbiamo riportato alla luce affreschi, realizzato l’impianto elettrico e abbattuto le barriere architettoniche?». Perché nessuno dalla Santa Sede è mai venuto a chiedere i soldi mensilmente, com’è scritto nella convenzione? E, soprattutto, perché lo fa solo adesso? Domande che i ragazzi della “Paranza” si continuano a fare, mentre è in bilico il loro futuro.
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