Il direttore del Cam si ammanetta
«Le istituzioni ci tutelino di più»

Il direttore del Cam si ammanetta «Le istituzioni ci tutelino di più»
Martedì 12 Dicembre 2017, 17:16 - Ultimo agg. 18:00
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Il direttore del Contemporary Art Museum di Casoria, Antonio Manfredi, si è incatenato a una valvola del termosifone nella stanza del sindaco Pasquale Fuccio per protestare contro la possibile chiusura del museo fondato da lui tredici anni fa. «Siamo un bene da tutelare» dice Manfredi raggiunto al telefono. In queste ore chiama all'appello tutti i politici che sono stati al Cam, lancia un sos che scongiuri la chiusura. In un passaggio della nota inviata alle redazioni dice: «Non permetterò ancora di giocare con un museo che da tredici anni lotta per la sopravvivenza e realizza mostre contro ogni forma di sopruso sociale e culturale in una terra di camorra e di problematiche sociali spaventose».

Fondato nel 2004, il Contemporary Art Museum di Casoria si estende su 3000 mq: è un'area aperta con una collezione di 1500 opere di artisti internazionali provenienti da più di 50 nazioni con all'attivo più di 60 mostre internazionali, ma - si legge sul sito - soprattutto un museo di frontiera che negli anni ha lottato con le sue mostre contro la politica corrotta, la mafia, il razzismo, la pedofilia accendendo una luce sulla condizione delle donne. Non solo un luogo di raccolta di arte, ma uno spazio aperto in cui si produce cultura e ricerca e si fa didattica insieme a numerose scolaresche.

Il Cam, che ha intitolato una sala allo scrittore Roberto Saviano, ospita una delle maggiori collezioni europee di arte multimediale, di arte orientale, di arte contemporanea africana e la più completa collezione di opere degli artisti napoletani contemporanei dal secondo dopoguerra ad oggi. Ma il museo, informa chi ci lavora, potrebbe chiudere nel 2018 perché «non è più possibile sostenere le spese di gestione di 3mila metri quadri e di una collezione di oltre 1500 opere d'arte internazionale». Manfredi non è nuovo a proteste estreme. Nel 2011 chiese asilo politico-culturale alla Germania e l'anno successivo insieme agli artisti del museo bruciò un'installazione.

Intorno alle 16, dopo quasi sette ore di pacifica «occupazione» dell'ufficio del sindaco di Casoria, il direttore del museo Cam Antonio Manfredi ha interrotto la sua protesta. «Sono riuscito ad ottenere un pò di ascolto e soprattutto un appuntamento in regione per aprire un tavolo e cercare una soluzione per il futuro del museo», annuncia al telefono, ringraziando anche il sindaco della cittadina campana «che non ha infierito, mi ha portato persino un caffé», anche se poi sono intervenuti i carabinieri che lo hanno denunciato per interruzione di pubblico servizio e che se non avesse deciso autonomamente di farsi liberare dalle manette che lo tenevano inchiodato ad un termosifone della sala, lo avrebbero dovuto arrestare.

«Ho deciso di slegarmi perché mi hanno chiamato il presidente della regione Campania De Luca e il vice presidente del consiglio regionale Tommaso Casilli - racconta Manfredi -. Mi hanno fissato un appuntamento martedì prossimo insieme al sindaco di Casoria e alla Regione Campania per aprire un tavolo per la risoluzione dei problemi del museo». All'attenzione arrivata dalla regione Campania, sottolinea, si sono aggiunte due richieste di audizione a risposta immediata, arrivate dai verdi e dai cinque stelle campani. «A quel punto ho ritenuto inutile farmi arrestare». Soddisfatto? «Parzialmente sì - risponde il direttore che qualche anno fa, sempre per chiedere l'attenzione delle istituzioni per il suo museo non esitò a dare fuoco, giorno dopo giorno ad una serie di opere della collezione - Il mio obiettivo oggi era muovere un pò le acque, sono convinto che tutti insieme, Regione, Comune e le varie forze politiche possano trovare il modo di evitare la chiusura del museo». Di certo, ribadisce, «dopo 13 anni di militanza, io non ce la faccio più».

Gestire il museo di arte contemporanea di Casoria con i suoi 3 mila metri quadrati di spazi e le 1500 opere della collezione spiega, «costa 25-30 mila euro l'anno senza pagare nessuno stipendio, solo per l'ordinaria manutenzione.
Il Museo Madre a Napoli riceve più di 2 milioni di euro l'anno di finanziamenti, noi non siamo molto da meno ma non siamo riconosciuti da nessuno. Dopo 13 anni ci aspettiamo finalmente risposte dalla politica».
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