Caso «La Gloriette», il pm chiede l'archiviazione: nessun reato del Comune

Caso «La Gloriette», il pm chiede l'archiviazione: nessun reato del Comune
di Leandro Del Gaudio
Martedì 22 Maggio 2018, 10:59
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L'espressione chiave è questa: esercizio dei poteri discrezionali del comune di Napoli, poteri che non sono sindacabili dal giudice penale. A distanza di un anno dalla nascita del caso «La Gloriette», c'è una svolta che non passa inosservata, a proposito della gestione degli spazi della ex villa posillipina del boss del contrabbando Michele Zaza.

Poche righe che portano la firma del pm Sergio Amato, magistrato in forza al pool coordinato dal procuratore aggiunto Alfonso D'Avino, per chiedere l'archiviazione del fascicolo.

Dopo aver ascoltato i vertici delle aziende che concorrevano per la gestione degli spazi all'interno della villa sequestrata e dopo un'attenta analisi del bando di gara, la Procura non ha dubbi: la giunta guidata dal sindaco Luigi De Magistris si è mossa nella sfera della discrezione riservata a un pubblico amministratore, al punto tale da rendere spuntata l'ipotesi di abuso d'ufficio in vista di un processo.
 
Ma facciamo un passo indietro, alla luce di quanto emerso da una inchiesta del Corriere del Mezzogiorno, ma anche di testimonianze incrociate dei vertici delle due concorrenti al bando di gara.

Due le compagini societarie impegnate nel sociale che ambivano alla gestione della struttura immobiliare anni fa confiscata agli Zaza: l'arca «Agende rosse» e la cooperativa «Orsa maggiore».

Il Comune - spiega oggi il pm - «rispettati i principi di trasparenza e di pubblicità», ha agito anche nel rispetto della finalità sociale (rivolta alle fasce deboli) perseguiti dalla legislazione di riferimento.

Ma è il punto che segue a chiudere il caso, almeno alla luce delle valutazioni della Procura di Napoli: «In particolare, l'unico punteggio che nella valutazione comparativa vede soccombente la cooperativa sociale Orsa maggiore rispetto all'assegnataria ultima dell'immobile (rispettivamente 25 punti contro 29) è quello relativo alla qualità complessiva del progetto, di talché ogni valutazione in punto di logicità ma soprattutto di opportunità della scelta ultima effettuata, in assenza di violazione di legge o di regolamento, non è riconducibile allo schema normativo dell'articolo 323 del codice penale, anche laddove tale scelta sottendesse l'intenzione di favorire uno specifico concorrente, circostanza quest'ultima che non può escludersi nel caso di specie».

Insomma, ammesso pure che ci fosse una volontà di favorire uno dei due concorrenti, non si può non tenere in considerazione che c'è stato il rispetto delle griglie oggettive in sede di valutazione della commissione.

Nulla di fatto, anche per quanto riguarda il secondo reato ipotizzato, quello di falso ideologico, sul quale pure aveva battuto la Procura di Napoli.

Stando alla ricostruzione dell'accusa, non sono emersi riscontri in sede di indagine su un punto che era stato prospettato nel corso della denuncia presentata in Procura.

Ma seguiamo anche in questo caso il ragionamento fatto dal pm: «Quanto al falso ideologico prospettato in denuncia e riferito all'indicazione del verbale numero quattro del 14 dicembre del 2016 della data di individuazione del progetto vincitore in un giorno non indicato tra quelli in cui la commissione si sarebbe riunita, le molteplici letture alternative del fatto non consentono di ritenere la sussistenza del delitto di cui all'articolo 479 del codice penale».

Quindi: non c'è una lettura univoca o esclusiva delle scelte e delle conclusioni adottate in sede di commissione. Ma cosa accade ora di fronte al ragionamento della Procura? A questo punto, c'è la possibilità da parte di chi è stato escluso dal bando, di indirizzare una eventuale richiesta di opposizione alla sezione del gip del Tribunale di Napoli. Sotto i riflettori, per oltre un anno, la correttezza dei bandi di gara, ma anche tutte le procedure amministrative che hanno consentito l'insediamento di un gruppo societario a discapito di altri all'interno della ormai ex villa posillipina dell'antico padrino della camorra napoletana.
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