Stragi di cani nel Napoletano:
«È un reato e nessuno paga»

Stragi di cani nel Napoletano: «È un reato e nessuno paga»
di Nello Fontanella
Giovedì 18 Gennaio 2018, 10:12 - Ultimo agg. 10:33
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A Roccarainola come a San Paolo Bel Sito; a Marina del Cantone, sulla costa di Massa Lubrense, come a Quarto e Giugliano: un fenomeno diffuso quello dei crimini ai danni degli animali. E sottovalutato. Animali vittime di violenza: picchiati, dopati, persino uccisi. Un'escalation di brutalità: negli ultimi giorni sono stati trovati morti, avvelenati da esche e bocconi, decine di cani (e a Marina del Cantone anche di gatti) di varie razze e taglie. Episodi che rappresentano l'iceberg di un fenomeno molto più vasto che non risparmia nessuna provincia in Campania. È in costante aumento infatti il numero di denunce per reati contro gli amici a quattro zampe. I fascicoli aperti sono diversi, come riportato nel rapporto Zoomafie 2017. Nella sola Procura di Nola sono stati aperti sei procedimenti nei confronti di nove indagati e 11 fascicoli contro ignoti. Il reato ipotizzato è l'«uccisione di animali», cani quasi sempre. Ma in nessun caso si è arrivati a un processo. In Italia si stima una denuncia ogni ora. In linea la procure di Napoli nord (6 procedimenti con 8 indagati, 5 contro ignoti; Napoli (6,9,37); Torre Annunziata (2,2); Vallo della Lucania (2,2,5) e Nocera Inferiore e Salerno rispettivamente con 8 e 15 procedimenti contro ignoti. «Ma siamo ancora lontani da un'adeguata risposta repressiva», spiega il criminologo Ciro Troiano, responsabile Osservatorio Zoomafia Lav: «Le denunce presentate sono solo una minima parte rispetto ai reati effettivamente commessi».
 
Chi avvelena, chi uccide? Diversi i profili. Che cambiano anche a seconda delle zone. «Nelle aree dove si svolge attività venatoria - spiega Troiano - è accertato che spesso vengono avvelenati cani predatori, per non farsi fregare la selvaggina: finisce che ne fanno le spese altri cani tranquilli. Altrove accadono vendette per controversie tra vicini, liti condominiali che colpiscono i più deboli. Nelle aree rurali l'avvelenamento e quindi l'eliminazione avviene per tutelare le coltivazioni. In città, iù semplicemente, si pensa di risolvere così il problema del randagismo. Il nonno che ha paura dei nipotini o il cittadino che pensa che il cane possa sporcare con gli escrementi».

Poi c'è la malavita. L'eliminazione di animali da combattimento per le scommessse clandestine, ammazzati solo perché non più «utili», perchè non rendono più. Accade per i cani, ma anche per i cavalli, impegnati in corse clandestine con conseguente giro di scommesse, il mercato più ambito. Poi macellazione clandestina, lotte illecite, bracconaggio di specie rare. Sono solo alcune delle principali fonti di guadagno e dei teatri di violenza. Infine, i canili. È qui che, secondo l'esito di diverse inchieste, si compiono grandi abusi legati al business del pagamento della diaria a carico dei Comuni per i cani randagi. «Forse - dice un animalista che vuol mantenere l'anonimato - una delle causa principali di queste morti collettive: i cani accalappiati e sterilizzati hanno un costo per i singoli Comuni, meglio eliminarli». Una sorte comune a molti randagi trovati in provincia di Napoli. A Marigliano, anni fa, fu condannato il padrone di una di queste strutture. Ma, a parte la chiusura della struttura, la sanzione fu solo pecuniaria. È finita qui? Macché: alle forze dell'ordine succede sempre più spesso di bloccare camion stipati di cuccioli che arrivano in condizioni pietose dall'Europa dell'Est in Italia. Una rotta consolidata, per un business fiorente. I cui protagonisti, nella maggior parte dei casi, la fanno franca.
 
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