Campi Flegrei, la protezione civile: «Sisma, a rischio quattro scuole su 10»

Campi Flegrei, la protezione civile: «Sisma, a rischio quattro scuole su 10»
di Nello Mazzone
Mercoledì 14 Marzo 2018, 09:09 - Ultimo agg. 13:54
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Nella zona rossa del supervulcano dei Campi Flegrei, dove abitano 500mila persone tra i quartieri flegrei di Napoli e i Comuni dell’hinterland flegreo-giuglianese, lo scenario di rischio vulcanico si mescola con quello sismico. Nel rapporto preparato dagli esperti per il dipartimento nazionale di protezione civile viene analizzata la vulnerabilità fisica per le strutture e il rischio per la popolazione in uno scenario di evento sismico pari ad una magnitudo di 4,5 con «danni attesi significativi sia per numero che per estensione territoriale». Lo scrive il team di scienziati, tra cui Giovanni Macedonio, Marcello Martini e Giulio Zuccaro che hanno lavorato alla simulazione e sull’ipotetico impatto di un terremoto di medio-alta intensità. L’area è ampia quasi 90 chilometri quadrati, ha una densità abitativa media di 3mila 700 abitanti per chilometro quadrato, è piena zeppa di scuole, case, ospedali, strutture ricettive. E le strategie di «difesa» tornano d’attualità dopo lo sciame di microscosse nell’area flegrea. 
 
Nella zona rossa che comprende i quartieri napoletani di Fuorigrotta, Bagnoli, Soccavo, Vomero, Posillipo ci sono 53 circoli e plessi didattici, dalle primarie alle medie superiori, mentre nei Comuni di Pozzuoli, Giugliano, Marano, Quarto, Bacoli e Monte di Procida ci sono nel complesso 79 tra circoli e plessi scolastici dalle materne agli istituti superiori. Migliaia di studenti dai 4 ai 18 anni. E basta consultare il Portale unico dei Dati della Scuola italiana per verificare che almeno il 40% degli edifici scolastici non si è adeguato agli ultimi aggiornamenti della legislazione antisismica, diventata molto più severa dopo la tragedia di San Giuliano di Puglia. Non si tratta di plessi o scuole fuorilegge o pericolanti – sia chiaro – ma di strutture costruite in una epoca in cui non era obbligatoria la progettazione antisismica e che solo negli ultimi anni sono state parzialmente oggetto di restyling statico. A giugno 2017, sul suo portale istituzionale, il Miur pubblicò una nota nella quale evidenziava che «i dati presenti oggi nell’Anagrafe dell’edilizia scolastica fanno riferimento alla progettazione degli edifici - se o meno costruiti secondo le più recenti norme antisismiche - e non sono aggiornati, al momento, con i successivi adeguamenti. Il dato sulla progettazione, inoltre, non equivale a quello sulla sicurezza o sull’adeguamento sismico. Ma soprattutto non è presente il dato sulla vulnerabilità sismica degli edifici, che è quello che serve per stabilire o meno la sicurezza di un edificio in caso di sisma». Ancora oggi, consultando il Portale unico nazionale, quel dato sulla vulnerabilità statica non è aggiornato. E spulciando l’elenco delle scuole napoletane presenti in zona rossa e progettate senza i parametri antisismici, si possono trovare la «Belvedere» al Vomero, la «Marechiaro» a Posillipo, la «Minniti» e la «Andrea Doria», mentre a Pozzuoli in via Agnano-Pisciarelli, praticamente nel cuore della Solfatara, c’è la scuola «Artiaco-Pisciarelli». Tutte scuole pienamente agibili e ritenute sicure, anche se costruite senza la progettazione antisismica in zone a sismicità medio-alta. Stesso discorso per Bacoli, Giugliano, Monte di Procida, Quarto e Marano. Dopo la tragedia di San Giuliano la norma sulla sicurezza nelle scuole è cambiata più volte e a fine mese entreranno in vigore, salvo slittamenti, le nuove prescrizioni per aumentare ancora di più la sicurezza dei plessi. Ma mettersi in regola per i Comuni sarà una impresa titanica, mentre solo una parte di questi edifici sono stati oggetto di verifiche tecniche di vulnerabilità sismiche.

Una verifica che riguarda anche le strutture pubbliche di ricovero. Gli ospedali dell’Asl Napoli 1 ricompresi nella zona rossa sono stati solo in parte oggetto di queste verifiche. Nell’aprile 2011 e, poi, nel maggio 2017 la Na1 ha provveduto a realizzare interventi di adeguamento tecnico-funzionale nei padiglioni dell’ospedale Cardarelli, mentre all’ospedale San Paolo di Fuorigrotta sono stati spesi negli ultimi anni quasi 5 milioni di euro per adeguamenti strutturali. Mancano le verifiche di vulnerabilità, come finora accaduto anche per gli ospedali Monaldi, Cotugno e Cto-Ospedale dei Colli, la cui direzione generale ha bandito solo un mese fa una gara pubblica che si chiuderà tra una settimana per affidare l’incarico di eseguire le verifiche di vulnerabilità sismica. Stesso discorso per gli ospedali di Pozzuoli e Giugliano dell’Asl Napoli 2 Nord: oltre 320 posti-letto e un incarico affidato qualche mese fa dal direttore generale Antonio D’Amore ad un ingegnere per avviare controlli sui pilastri delle strutture ospedaliere e fare lavori di rafforzamento antisismico.

Nello scenario di rischio ipotizzato nel Rapporto inviato al dipartimento di protezione civile, poi, a pagina 109 viene tratteggiata l’ipotesi di crolli di edifici privati concentrati in particolare nei centri storici tra Monte di Procida, Bacoli e Pozzuoli e lungo alcune vie di fuga che potrebbero ostacolare l’esodo di massa. Strutture realizzate negli anni ’50-’60 del secolo scorso, quando non c’erano ancora le rigide norme antisismiche. E, per tale motivo, più a rischio collasso statico. Discorso diverso, invece, per gli insediamenti di edilizia popolare costruiti con i fondi della legge 219/81 e 167. Case-scatoletta. Senza alcun comfort, eppure paradossalmente più sicure delle altre in quanto antisismiche.

E ci sono, infine, le vie di fuga. Un groviglio di cantieri aperti da decenni, strettoie, lamiere contorte, stazioni ferroviarie fantasma e viuzze a rischio crolli. Come il Gavitello a Bacoli o la strettoia di Torregaveta: in caso di esodo di massa per una scossa 4,5 Richter, migliaia di montesi dovrebbero scappare transitando per una stradina incastrata tra due guard-rail e larga appena un paio di metri. Per non parlare di via Campana, da oltre 10 anni un cantiere aperto o la salita di Montegrillo, dove ogni inverno frana un pezzo di collina. Da un anno l’Acam, l’Agenzia regionale per la mobilità sostenibile, attende di conoscere dalla Regione e dai Comuni flegrei il percorso da fare con i bus in caso di esodo di massa: finora ci sono state solo decine di riunioni ma di quei percorsi nemmeno l’ombra.
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