Vesuvio, un anno dopo gli incendi è primavera senza ginestra

Vesuvio, un anno dopo gli incendi è primavera senza ginestra
di Francesca Mari
Martedì 1 Maggio 2018, 08:07 - Ultimo agg. 2 Maggio, 08:38
3 Minuti di Lettura
Primavera senza ginestra sul Vesuvio. Così appare il primo sentiero del Parco Nazionale, la Valle dell'Inferno accessibile da Ottaviano, di solito a maggio e a giugno colorata dal fiore giallastro cantato da Giacomo Leopardi nel 1836. Il fiore che il poeta recanatese osservava incantato dalla villa Ferrigni (l'attuale Villa delle Ginestre di Torre del Greco) spuntare «sull'arida schiena del formidabil monte sterminator Vesevo» e che è diventato simbolo della resistenza e della specificità della natura, in un ambiente tanto speciale quanto impervio, non ha resistito alla devastazione degli incendi dello scorso luglio. È l'allarme lanciato dalla «Rete civica per il Parco», nata dall'unione di 15 associazioni ambientaliste del territorio, che domenica mattina hanno effettuato la prima escursione blitz del ciclo «Torniamo sul Vesuvio. In cammino per la rinascita». Una serie di tre passeggiate e sopralluoghi con esperti geologi, agronomi, naturalisti e ricercatori (le altre due previste per il 13 maggio e il 2 giugno) al fine di verificare lo status dell'habitat, della flora e della fauna nelle aree protette e del rischio idrogeologico, alla luce dell'allarme incendi dello scorso anno e l'imminente arrivo della stagione estiva.

La prima escursione di domenica mattina, lungo il sentiero numero uno del Parco Nazionale attraverso un percorso di circa 14 chilometri con un dislivello di 300 metri ha allarmato gli esperti, soprattutto per l'aspetto più evidente: la mancanza del manto arboreo giallo della caratteristica ginestra che negli anni precedenti esplodeva, in particolare, proprio nella Valle dell'Inferno e nell'Atrio del Cavallo fino a creare una fitta boscaglia. Nel corso di quest'ultima escursione, invece, gli ambientalisti hanno riscontrato la mancanza dell'exploit di colori, determinati dalla ginestra come da altri fiori specifici dell'area, ritrovandosi in un ambiente ancora «spettrale e cinereo». Stessa segnalazione fatta per molti dei tradizionali pini del Vesuvio che, almeno nella zona monitorata, sono stati completamente bruciati dai fuochi.
 
«La natura stenta a riprendersi il grido della Rete Civica molti alberi e piante uccisi, non si sa quanto tempo ci vorrà. La differenza rispetto agli altri anni in questo periodo è notevole». Tra l'altro la situazione è in controtendenza con uno studio effettuato alcuni anni fa da un'équipe di ricercatori di Agraria dell'Università Federico II, coordinata da Adriano Stinca, in cui si prospettava un'invasione sul Vesuvio della cosiddetta Ginestra Etnea (Genista Aetnensis), la versione arborea e più grande della nostra arbustiva ginestra classica di leopardiana memoria, che fu impiantata sul Vesuvio dopo l'eruzione del 1906 proprio per contenere al massimo i movimenti franosi. Quello studio pubblicato sulla rivista scientifica americana «Ploss one» dai ricercatori di Napoli rilevava il rischio di un'infestazione della Ginestra Etnea fino a trasformare pendici e Gran Cono in una grande prateria gialla. Ma attualmente, almeno nella Valle dell'Inferno e sul versante di Torre del Greco, una delle aree maggiormente devastate dai fuochi, di invasione del fiore giallo c'è ben poco.

Nel corso dell'escursione, inoltre, è stata rilevata dagli ambientalisti, diretti dal geologo Paolo Beneduce, una scarsa mitigazione del rischio idrogeologico. Salendo lungo il sentiero, infatti, l'esperto ha fatto notare la presenza di frane che sono state contenute con mezzi di fortuna, come tronchi bruciati usati a mo' di briglie, ma che tendono ad estendersi più rapidamente rispetto al passato. L'appello è agli Enti preposti che velocizzino le azioni in campo attraverso sinergie, perché una risorsa straordinaria come quella del Vesuvio, dal 1997 Patrimonio Unesco tra le riserve mondiali della biosfera, non perda le sue specificità che la rendono unica al mondo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA