San Giuseppe Vesuviano, Alessia “resuscita” dall'arresto cardiaco: «Grata ai medici dell’ospedale del Mare»

Defibrillatore usato tre volte, poi il cuore è ripartito

Malata e in arresto cardiaco, la 17enne Alessia “resuscita”
Malata e in arresto cardiaco, la 17enne Alessia “resuscita”
di Melina Chiapparino
Sabato 20 Gennaio 2024, 23:50 - Ultimo agg. 22 Gennaio, 07:28
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«Alessia è rinata a 17 anni dopo tre arresti cardiaci e una rara sindrome genetica». Le parole di Oleksandra Kotsiborska sono cariche di emozione e gratitudine ora che l’incubo vissuto insieme alla figlia minore si è trasformato in una storia a lieto fine. La ragazzina di San Giuseppe Vesuviano dove la madre di origini ucraine abita da più di 20 anni, era arrivata moribonda all’ospedale del Mare, lo scorso 22 luglio, quando le equipe del presidio le hanno salvato la vita.

Ora che la minore è ritornata a vivere con un defibrillatore impiantato nel cuore, Oleksandra e sua figlia hanno racchiuso il sentimento di gioia e riconoscenza in una lettera di ringraziamento indirizzata a medici e infermieri dell’ospedale del Mare che «ci hanno restituito la possibilità di un futuro e di una vita normale». 

«Alessia è affetta da una rara sindrome cardiaca di natura genetica, denominata QT lungo che si manifesta, a causa di aritmie ventricolari, con svenimenti e il rischio di morte improvvisa» racconta Oleksandra riferendosi alle forti tachicardie che da sempre rischiano di compromettere tragicamente la vita di sua figlia costretta ad assumere quotidianamente farmaci. «Probabilmente le medicine non sortivano più effetti positivi perché lo scorso 22 luglio, intorno alle 3 di notte, sono iniziati gli episodi di perdita di conoscenza e vomito» continua la mamma che quella stessa notte si è messa alla guida dell’auto per trasportare al più presto la ragazzina in ospedale. «Mentre guidavo le condizioni di mia figlia peggioravano ed insieme a mio marito e la sorella maggiore che erano con me, abbiamo chiamato il 118 che ci ha raggiunti sulla statale 268 in direzione Napoli dove ci trovavamo per raggiungere l’ospedale del Mare» spiega Oleksandra ancora commossa al ricordo delle emozioni provate quel giorno. «L’ambulanza è arrivata in poco tempo e mia figlia è stata trasportata in codice rosso nel presidio di Ponticelli - continua la donna - le sue condizioni sono apparse subito gravi, il primo elettrocardiogramma evidenziava una tachicardia che metteva a rischio la sua vita». 

«È stato necessario rianimare Alessia con il defibrillatore per tre volte e non dimenticherò mai la paura che ho avuto di perderla» spiega la mamma che, insieme al resto della famiglia, non si è mai allontanata dalle mura ospedaliere fino al giorno della dimissione della 17enne, il primo di agosto. A salvare la giovane paziente sono state le equipe del pronto soccorso e dell’Unità Operativa Complessa di Cardiologia del primario Berardino Tuccillo che dopo una prima fase di ricovero in Terapia Intensiva hanno proceduto all’intervento chirurgico del defibrillatore impiantabile automatico. «Gli arresti cardiaci che intervenivano a ripetizione sono stati la fase più critica dell’assistenza, soprattutto perché la paziente non rispondeva ai farmaci tradizionali e abbiamo calibrato altri medicinali appositamente per la sua condizione clinica» spiega Raimondo Calvanese che ha operato la 17enne insieme a Gennaro Izzo, entrambi medici in forza all’Unità di Cardiologia. «L’impianto defibrillatore di piccole dimensioni è un salvavita e viene inserito sotto cute per riconoscere e regolare le aritmie, scongiurando qualsiasi rischio di mortalità» spiega Izzo, specialista aritmologo che sottolinea il monitoraggio a distanza reso possibile da «un trasmettitore che consente di allertare immediatamente l’ospedale in caso di riscontro di aritmie minacciose». 

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Le visite ambulatoriali e il monitoraggio del defibrillatore proseguiranno per Alessia insieme al piano terapeutico dell’ospedale del Mare con un farmaco importato dagli Stati Uniti. Altrettanto importante sarà il percorso di affiancamento psicologico per la 17enne perché «accettare una patologia che costringe a confrontarsi con la morte così giovane non è facile» come ha spiegato Emma D’Aietti, responsabile del reparto di Psichiatria che segue la ragazza e i suoi familiari.

Ora che l’incubo è finito, Oleksandra nella lettera racconta la «profonda gratitudine per le equipe dell’ospedale del Mare, dai primari a medici, capisala, infermieri e operatori socio sanitari che hanno contribuito, ciascuno nel meglio delle proprie abilità e professionalità, a salvare la vita di mia figlia, contro ogni probabilità del caso, ed a permettermi di aver vissuto, non solo la morte di mia figlia, ma anche la sua rinascita». 

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