Napoli col pienone, serrande abbassate: l'occasione persa del commercio

Napoli col pienone, serrande abbassate: l'occasione persa del commercio
di Paolo Barbuto
Lunedì 30 Aprile 2018, 09:32
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Pomeriggio assolato, i turisti aggrediscono il centro storico, si inebriano delle meraviglie di Partenope, comprano chincaglieria e souvenir: negozi aperti, affari a gonfie vele. Ma solo in quella piccola porzione di Napoli.

Il resto della città è un'inesorabile teoria di serrande abbassate, insegne spente, vetrine da guardare e basta perché il negozio è chiuso. Eravamo certi di riuscire a fare un viaggio nella Napoli della svolta turistica, della città «aperta per ferie» perché è proprio in queste occasioni che si misurano le capacità di crescita. Avevamo infastidito colleghi giornalisti di Roma, Firenze e Venezia: «Lì da voi i negozi sono aperti?», inflessioni dialettali diverse, risposte identiche e attonite: certo che sono aperti, perché?

Perché speravamo di poter dire che Napoli è esattamente come le altre città turistiche del Paese, capace di accogliere i visitatori aprendo loro le braccia e i negozi, magari per sfruttare anche un pochino l'entusiasmo di chi è in vacanza e ha voglia di spendere. Invece stiamo per raccontarvi un'altra storia, che racconta di negozi aperti solo ai Decumani e di consueta chiusura domenicale in tutti gli altri luoghi commerciali della città. Prima di partire è giusto precisare che, ovviamente (anche se il chiarimento sembra superfluo) non ci riferiamo a bar e ristoranti che sono stati aperti costantemente e in ogni zona, qui parliamo dell'altro commercio: abiti, scarpe, oggettistica e tutto ciò che vi viene in mente.
 
Corso Umberto, un chilometro e quattrocento metri di vetrine da un lato e dall'altro della strada: in totale due chilometri e ottocento metri di negozi piazzati di fronte alla stazione ferroviaria, la porta d'accesso alla città, e di fianco al centro storico, assalito dai turisti. Alle cinque di pomeriggio della domenica che sta al centro del ponte del primo maggio, la strada è piena di turisti: non le orde del centro storico, per carità, ma sono davvero tanti. Si muovono in gruppetti, sono frastornati, non riescono a trovare negozi aperti. Hanno ragione, oltre ai bar, al Corso Umberto sono aperte solo due vetrine. Il ragazzo con la barba ha la maglia tutta sudata, porta il suo zaino sulle spalle e quello della fidanzata davanti, sta discutendo con la ragazza, si ferma affranto, si sfoga davanti al taccuino: «Aveva detto che avrebbe fatto shopping qui. Ma che shopping vuoi fare se non c'è nemmeno un negozio aperto?». Passa un gruppo di sessantenni del Nord, annuiscono, borbottano: ma perché sono tutti chiusi?

Percorso che prosegue lungo Corso Garibaldi: solo un negozio aperto, anche da piazza Carlo III al museo un solo «esercizio» in funzione (oltre a bar e ristoranti), si trova ai piedi dell'Albergo dei Poveri, è la bancarella del torrone: «Mo' che scura notte faccio affari, si fermano con la macchina, non scendono nemmeno, faccio servizio a domicilio dentro al finestrino», sorride il tizio. Via Toledo è un po' meno desolata. Qualche vetrina in più, anche via Chiaia ha (pochi) negozi aperti, così come via Filangieri e via dei Mille. Un salto al Vomero. Solo nell'area pedonale tra via Luca Giordano e via Scarlatti c'è qualcuno aperto, ma è poca roba.

Ma perché la Napoli del commercio non prende al volo l'occasione del turismo? Secondo Confcommercio le serrande restano abbassate «perché l'equazione turismo uguale affari per i negozianti non è realistica. Rimanere aperti questa domenica non sarebbe stato conveniente». Parla con ardore Pasquale Russo, direttore di Confcommercio che respinge al mittente le accuse di «occasione sprecata» e spiega che sarebbe troppo semplicistico raccontarla così: «Se ci fate caso, sono aperte soprattutto le vetrine dei negozi del lusso, oltre a quelle delle grandi catene. Succede così perché la maggior parte dei turisti che arrivano a Napoli hanno bassa capacità di spesa e non si fermano a fare shopping. Quelli che hanno un buon portafoglio vanno dalle grandi firme, le catene internazionali, invece, hanno personale in abbondanza per restare aperti anche nei festivi». Il discorso si fa interessante: c'è uno studio ufficiale dal quale si evince che i turisti non farebbero shopping in un negozio di abbigliamento, o di scarpe, ad esempio? Il direttore di Confcommercio chiarisce: «No, nessuno studio ufficiale. I commercianti sanno capire quando è il momento di stare chiusi. Lo ripeto, aprire di domenica avrebbe significato registrare una perdita e nessuno può permettersi di perdere. Per piacere, non scriva che hanno preferito andare al mare piuttosto che aprire, sarebbe ingiusto». D'accordo, non lo scriveremo, ma l'abbiamo pensato.

Un'ultima osservazione: forse un po' di spirito d'iniziativa inviterebbe a tentare di accaparrarsi i turisti, magari facendo capire loro che anche nei giorni festivi si può fare shopping: «No, nessuno dica che i commercianti non hanno spirito d'iniziativa o non hanno propensione al rischio. Fare commercio a Napoli significa essere degli eroi. La chiusura domenicale è stata dettata dalla logica, solo dalla logica».
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