Quando un cantiere rimane paralizzato per anni, c’è sempre un dettaglio che non lascia scampo a chi avrebbe il dovere di far procedere gli interventi: è il cartello con tutti i dettagli sui lavori, sul committente, sulla ditta esecutrice, nel quale viene segnata la data d’apertura del cantiere, e quella prevista per la chiusura. Davanti all’ingresso dei Girolamini, a via Duomo, quel cartello spiega che la muraglia di tubi innocenti è stata alzata il 18 luglio del 2017 e i lavori avrebbero dovuto essere conclusi in 441 giorni. Significa che tutto è iniziato 1.392 giorni fa e, attualmente, il ritardo nella conclusione degli interventi ammonta a 951 giorni. Più di due anni e mezzo di allungamento dei tempi, settimane durante le quali al lavoro non s’è visto nessuno, mesi in cui fra i tubi innocenti di via Duomo, protetti dalle lamiere, sono state creati anfratti dove i disperati hanno trascorso i loro giorni ma, soprattutto, hanno trovato riparo durante le infinite notti.
Il risultato della mancanza di presidio, e di totale abbandono del cantiere, è una montagna di robaccia abbandonata: scatoloni di cartone, abiti, resti di cibo e, soprattutto, una insopportabile puzza che si solleva dalle varie aree toilette utilizzate dai clochard e dai disperati.
Quello della ristrutturazione dei Girolamini è un esempio classico di caos alla napoletana. Lavori finanziati dal grande progetto Unesco, due anni interi, dal 2013 al 2015 perduti nelle maglie della burocrazia per l’aggiudicazione della gara, altri due anni immolati sull’altare della sottoscrizione dei contratti poi, finalmente, nel 2017 viene dato il via al cantiere.
Anzi, si cerca di avviare i lavori perché, quasi subito, si scopre che il progetto esecutivo non è adeguato. Nel 2018 Comune di Napoli e Soprintendenza sospendono i lavori e affidano la custodia del cantiere alla ditta che avrebbe dovuto lavorare in quel luogo. Poi la luce si spegne, tutto si ferma. La questione torna a galla solo nell’estate del 2020 quando si verifica un crollo all’interno della struttura, fortunatamente in un’area di realizzazione postbellica e non antica come il resto dell’immenso complesso.
Si materializzano polemiche e nuove richieste di interventi rapidi. Si spiega che tutto è fermo perché la variante al progetto esecutivo risulta troppo costosa e bisogna cercare di ridimensionarla altrimenti non c’è il budget necessario. Insomma, la burocrazie torna a prendere il sopravvento. E quando la burocrazia avanza, nei cantieri inevitabilmente cresce pure il degrado. Così arriviamo ai giorni d’oggi, alle fotografie che abbiamo scattato ieri e anche a quelle che potremmo realizzare domani o la prossima settimana, perché tutt’intorno ai Girolamini il cantiere non ha altra funzione che quella di raccogliere immondizia e disperati.
Ecco, nel cuore di una Napoli accartocciata dalle difficoltà e dalla pandemia, la fotografia dei Girolamini diventa un’immagine-simbolo: muri scalcinati e schifezze, tentativi di ripristino solo abbozzati, ritardi che superano i 900 giorni senza che nessuno provi a fare qualcosa. Napoli aspetta, i Girolamini aspettano: quando accadrà qualcosa?