Mostra, sottoservizi a rischio: e le casette saranno «mini»

Mostra, sottoservizi a rischio: e le casette saranno «mini»
di Fulvio Scarlata
Lunedì 14 Maggio 2018, 08:53 - Ultimo agg. 09:24
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La suggestione del semplice fascino del castello di Gondar immerso nei Bagni di Fasilides nel mezzo di un villaggio africano tra vere famiglie di abissini portate a vivere sotto il cielo partenopeo, esposte come animali esotici: era ambizioso il progetto della Mostra d’Oltremare, anzi delle Terre Italiane d’Oltremare. Con tanto di padiglioni per celebrare le conquiste dell’impero, la ricerca di essenze arboree e soluzioni tecniche mozzafiato, come la funicolare che collegava Fuorigrotta a Posillipo. Altri tempi, quelli dell’era fascista. Tra passato, presente e soprattutto il futuro delle migliaia di casette delle Universiadi si gioca il destino del parco storico del ’900 esempio unico di coesistenza di un patrimonio verde, artistico, architettonico, archeologico.

Il 9 maggio ha celebrato i suoi 78 anni, la Mostra d’Oltremare. Inaugurata in piena guerra, nel 1940, per celebrare la politica coloniale del regime fascista e subito chiusa per i bombardamenti, quasi a segnare un destino. Ricostruita e restaurata dopo un decennio, utilizzata pochissimo fino ad una nuova chiusura con anni di spoliazioni. Il «bombardamento» successivo fu quello dell’insediamento dei terremotati che devastarono tutto, a cominciare dal verde, dopo che per far spazio ai container si sacrificarono le serre di Cocchia. E, dopo un lento e non completato recupero, per molti docenti universitari e intellettuali sono altri container, questa volta con il nome di casette o moduli abitativi, che rischiano di essere un altro «bombardamento» per il vasto complesso espositivo. 
La polemica è esplosa appena si è conosciuto il progetto. E non si ferma nemmeno dopo che la Cabina di regia a Roma ha deciso che il villaggio olimpico sarà proprio alla Mostra. Il punto più controverso sono i sottoservizi. Per Vincenzo De Luca sono insufficienti, per il vertice della società che gestisce l’area, che con piantine e mappe ha convinto il commissario per le Universiadi e il Coni, oltre che ministri e Anac, invece sono pronti. Eppure nell’ambito del Grande Progetto Mostra da 45 milioni di fondi europei poi persi perché mai spesi, 12 milioni erano destinati proprio a rifare i sottoservizi e le fogne.

Entrando da viale Kennedy, sulla sinistra è previsto il primo agglomerato di casette-container-moduli abitativi, 45 su un’area dominata da un gigantesco albero di magnolie che estende le sue radici tutt’intorno con un imponente, artistico impianto a raggiera, di una bellezza naturale stupefacente. Difficile immaginare qui container. Anche perché, e magari è sfuggito, gran parte delle casette saranno a due piani, finendo proprio a ridosso dei rami. Fresco e suggestivo per gli atleti internazionali, dubbi fondati sul fatto che le radici delle piante non verranno intaccate da lavori o da piedi di olimpionici universitari.

La vista viene subito catturata dal Cubo d’Oro, un edificio-scultura su pilastri ricoperti in pietrarsa e grandi vetrate, rivestito da piastrelle vitree rotte, alcune dorate, a trama geometrica che insegue le decorazioni delle architetture di Axum in Etiopia. Affascinante, ma off limits perché pericolante. Chiuso l’interno in marmo di Carrara, recintato l’esterno. Intorno al Cubo d’Oro tante casette, il problema è la sicurezza. 

Gli atleti avranno alloggi in tutta quest’area, circondando perfino al laghetto dei Bagni di Fasilides con le sue specie rare di uccelli che, tra tappeti di infiorescenze degli alberi, incredibilmente vivono proprio qui, al centro di Napoli, avendo eletto a dimora il castello di Gondar che sembra galleggiare sull’acqua, ormai diroccato, ma con l’incanto delle bellezze antiche e inaccessibili. Il bosco intorno, il parco Robinson, è in parte pianeggiante e adatto ad accogliere i moduli abitativi, con pure l’allaccio con la fogna visto che ci sono già una serie di bagni. In un’altra parte, al contrario, è scosceso con gli alberi cresciuti non certo in fila: sono prevedibili difficoltà per incastrare le casette tra le piante. Il problema è dei collegamenti con i sottoservizi e quello della sicurezza per la chiesetta copta circolare, circondata da ampie arcate, tutta sventrata e decadente, oggi interdetta con una recinzione che allontana i visitatori ma non è insuperabile per atleti universitari. Complessivamente in questa prima area sono previsti 600 container per quasi 1800 ospiti.

C’è una particolarità: la Federazione internazionale degli sport universitari prescrive sistemazioni da massimo tre persone con 7 metri quadrati per ogni atleta, perfino nel bando per l’analisi di mercato, però, i container richiesti sono di poco più di 19 metri quadrati, 6,5 metri quadrati per ogni ospite. Saranno sistemati anche nel viale delle Maioliche, con le palme miracolosamente sopravvissute all’invasione del punteruolo rosso grazie a esosi investimenti e cure meticolose. Le piante dominano il percorso segnato da maioliche verdi. Le due strade che costeggiano il viale diventano lo spazio per 192 casette e 576 atleti. La cosa che creerà polemiche è che una lunga serie di 24 container, per fortuna a un solo piano, è prevista proprio in mezzo, tra le palme e le maioliche. Un insediamento critico, in relazione al pregio dei luoghi, con il problema dei collegamenti fognari, idrici e elettrici.

Poco più avanti ecco il padiglione Libia, 180 moduli abitativi e 500 atleti nei progetti, peccato che oggi sia completamente chiuso perché circondato da edifici pericolanti. Dovrebbe essere una piacevole sistemazione quella su via cardinale Massaia e via Marco Polo, 433 casette per 1300 ospiti. La zona è un susseguirsi di costruzioni affascinanti. Per valore architettonico e per il gusto delle rovine derelitte dei gran tour ottocenteschi. Il cervo sul pilastro introduce al padiglione Rodi ornato da bassorilievi, la suggestione è quella degli edifici dell’Ordine di Malta. Gli alberi sono invece cresciuti perfino all’interno della Chiesa Cabrini, dietro gli alti archi del pronao in mattoni rossi, tutto inaccessibile con la cupola ormai crollata. E di seguito ecco il padiglione Albania dal caratteristico bugnato e l’altrettanto caratteristica fatiscenza. Tutti edifici da mettere in sicurezza.

L’ultimo grande accampamento di casette è quello dell’area parcheggio già messa a servizio delle Universiadi: un’unica «stesa» di asfalto infinito, cocente perfino sotto il sole di maggio, con 500 prefabbricati per 1500 atleti, quasi una riedizione del campo container. Forse la dislocazione più disagiata per i futuri ospiti. 60 moduli abitativi a due piani, infine, saranno insediati anche a ridosso dell’area archeologica con la via Antiliana del secondo secolo avanti Cristo. Lì anche per il più piccolo pertugio deve intervenire la Soprintendenza.

Il villaggio olimpico sarà per gli ospiti un posto in gran parte molto bello. I moduli abitativi sui viali asfaltati non dovrebbero creare problemi. Sotto il grande albero di magnolie e in parte del parco Robinson, invece, il patrimonio verde è messo a rischio. E la sistemazione al centro del viale delle Maioliche è un vero azzardo. Ovunque, poi, bisogna mettere in sicurezza una serie di fabbricati, da cui tenere lontani settemila universitari, atleti, certo, ma soprattutto ragazzi che vorranno divertirsi, magari con qualche eccesso. Resta aperto il dibattito sulla vocazione della Mostra d’Oltremare e sulla opportunità di una scelta, quella di ospitare il villaggio delle Universiadi, che sembra ormai definitiva.
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