Afragola, l'alta velocità frenata dalla paura dei veleni sotterranei

Afragola, l'alta velocità frenata dalla paura dei veleni sotterranei
di Nando Santonastaso
Mercoledì 25 Ottobre 2017, 10:07
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Se provate a cercare un posto nell'unico parcheggio per auto attualmente disponibile all'esterno della nuova stazione ferroviaria di Afragola e non appartenete alla nutrita schiera dei pendolari che il treno lo prendono all'alba, dovete rassegnarvi. O parcheggiate al di fuori dell'area, e dunque in una zona non controllata e per questo a rischio (parcheggiatori abusivi ma non solo) o cambiate scalo. Perché di fronte alle recinzioni degli spazi di sosta messi sotto sequestro dalla magistratura c'è ben poco da fare. Di là, fino a quando non si concluderanno i carotaggi per capire di che natura è il sottosuolo, non si passa.

È solo uno dei paradossi di una vicenda che per molti aspetti assomiglia al paradigma delle classiche storie all'italiana. Da un lato una grande infrastruttura pubblica sostenuta dal governo, una progettista di fama mondiale, un finanziamento di decine di milioni; dall'altro, un vespaio di polemiche sul sito prescelto (con l'immancabile j'accuse sulla cattedrale nel deserto) e da qualche mese anche il timore che sotto i binari e i parcheggi siano stati sepolti rifiuti di non meglio precisata provenienza e pericolosità. Insomma, fatta l'opera, trovate l'inganno, sempre ammesso che ci sia, s'intende.

Perché se è vero che spetta solo alla magistratura relazioni tecniche alla mano il compito di capire se i veleni sotterranei ci sono e se, soprattutto, hanno compromesso le falde acquifere, è altrettanto vero che il clamore mediatico sollevato dai sospetti ha già fatto una vittima. È la stazione disegnata da Zaha Adid, è lei la pietra di uno scandalo solo presunto ma che il passaparola incontrollato ha fatto diventare quasi virale: alzi la mano chi almeno una volta in questi mesi non abbia pensato che dietro quell'avveniristica costruzione si nascondesse chissà quale imbroglio. Afragola, Sud, sprechi, veleni e così via, la narrazione del sospetto non poteva chiedere di meglio.
Al punto che ieri, nell'area prospiciente all'impianto, è arrivata persino la commissione parlamentare che indaga sulle ecomafie anche se, per ora, non è chiaro se bisogna parlare di clan, di camorra e di collusioni di vario tipo. Un segnale, è stato detto, dell'attenzione che il caso merita ma anche deputati e senatori dovranno aspettare, come tutti noi, l'esito delle trivellazioni. E, come detto, le decisioni dei magistrati.

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