Il presidente della Coldiretti Moncalvo
«Made in Italy contro l'omologazione»

Roberto Moncalvo
Roberto Moncalvo
di Luciano Pignataro
Domenica 26 Novembre 2017, 11:44 - Ultimo agg. 12:14
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«Napoli rappresenta la tappa più importante del nostro villaggio. Siamo nel cuore della Dieta Mediterranea dove tutti i nostri temi vivono quotidianamente senza forzature. Non a caso i napoletani erano chiamati magiafoglie. Il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo sottolinea i grandi temi della tre giorni organizzati sul Lungomare Caracciolo.
Quali sono gli argomenti al centro della vistra riflessione?
«Parliamo di Dieta Mediterranea, appunto, perché è quella più vicina alla filiera agricola italiana e meridionale. Ne parliamo perché noi siamo da sempre produttori di qualità, il Pil agricolo è ripreso a salire quando abbiao smesso di inseguire i prezzi bassi e abbiamo capito che le cose devono essere fatte molto ben, tracciate e rispettose dell'ambiente».
La percezione del cibo oggi sta cambiano in Italia.
«Sicuro, il consumatore vuole qualità, preferisce il prodotto del Belpaese perché le nostre regole sono comunque una garanzia per tutti e ci distinguono».
Al centro il tema della ruralità consapevole
«Sicuro, l'agricoltura oltre che produrre reddito garantisce il territorio, spesso è attrattore turistico e ha una funzione sociale. Sono dati statistici precisi a dirci che c'è un ritorno alle campagne, la vergogna di stare a zappare è stato sostituito dall'orgoglio di fare vino, olio, ortofrutta di qualità. Il senso comune è cambiato anche grazie al fatto che la difficoltà di vivere nelle città è sempre più avvertita».
Anche a livello governativo mi sembra che ci siano indicazioni positive.
«Certo, aver realizzato la riforma delle etichette indicando la provenienza ha aiutato tanto i produttori di latte. Vedete, il prezzo alle stalle è aumentato mentre al consumo non c'è stata modifica. Questo vuol dire che spesso realizzare anche riforme che non costano comporta una svolta positiva. Fare le riforme spesso non è un problema di costi, ma di volontà politica, avere la capacità di scardinare vecchi interessi precostituiti che non favoriscono lo sviluppo».
Il valore sociale dell'agricoltura è al centro dei vostri focus
«Sicuramente. Un'altra riforma molto efficace è stata all'abolizione dell'Imu per i fabbricati di uso agricolo. Una tassa vista come ingiusta che avrebbe soffocato sul nascere la ripresa che registriamo da Nord a Sud, anzi da Sud a Nord».
In effetti dal 2015 si registra una inversione di tendenza: il Pil, l'occupazione, l'export, gli investimenti. Tutti i principali indicatori vedono il Mezzogiorno davanti al Centro Nord, i dato letti dal direttore dell'Ismea Raffaele Borriello hanno spiazzato tutti.
«Non solo il 2015, sono ormai diversi trimestri che il Mezzogiorno registra una crescita superiore a quella del resto del Paese. Questo è dovuto anche alla presenza delle giovani generazioni che si sono rimboccate le maniche e sono tornate a coltivare i terreni abbandonati a partire dagli anni '60».
In quale direzione bisogna indirizzare gli sforzi?
«Il problema principale è costituito dall'agro-pirateria, spesso gestita dall'agro mafia. Basti considerare che il fatturato complessivo dei prodotti falsi è quasi eguale alla produzione regolare. Sembra incredibile, ma è così».
Non è anche un problema di scarso interesse dello Stato sullo scenario internazionale?
«Diciamo che nelle trattative internazionali l'agricoltura è stata usata come merce di scambio e non si dava grande importanza al patrimonio italiano. Questo atteggiamento però ormai è cambiato come si è visto durante l'Expò durante il quale proprio il tema della contraffazione alimentare è stato messo al centro dell'attenzione. L'evento di Milano è stato un grande successo in cui il governo è stato decisivo. E anche le trattative in corso per i diversi accordi internazionali vedono il governo molto più attento».
Siamo a Napoli, impossibile non parlare di pizza.
«La Coldiretti Nazionale è stata in prima fila nella raccolta delle firme a sostegno della candidatura Unesco. La pizza è un fenomeno nazionale, ma le sue radici sono a Napoli e grazie al miglioramento della qualità dei locali abbiamo visto l'aiuto importate che i pizzaioli riescono a dare ai piccoli produttori locali. L'intelligenza di molti è stata quella di spingere il circuito virtuoso della qualità. Non pagare meno, ma pagare il giusto per garantire reddito. Inoltre, le pizzerie pagano quasi tutte a consegna. Una vera boccata di ossigeno per i produttori che non sono costretti a ricorrere agli anticipi bancari. A Napoli celebriamo il compleanno della dieta mediterranea ma aspettiamo anche con ansia la decisione dell'Unesco che si riunisce a Seul sull'Arte del Pizzaiolo Napoletano».
Invitare a consumare italiano non è un atteggiamento protezionistico, un po' passatista?
«Anzi, è un atteggiamento moderno che ci garantisce il futuro. Una medicina contro la globalizzazione e l'abbassamento dei prezzi mondiale. Noi siamo per il Made in Italy e per tutti coloro che fanno qualità. Naturalmente non siamo per la chiusura delle frontiere, sarebbe suicida visto il ruolo dell'export del food italiano. Ma vogliamo però chiarezza: se un prosciutto non è fatto con carne italiana va specificato in etichetta e dare così al consumatore la possibilità di scegliere. È vero che siamo un paese pieno di burocrazia, ma gli italiani si fidano di più delle cose prodotte in Italia».
 

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