Sud, l'agricoltura tira la ripresa: mezzo milione di nuovi occupati nel 2015

Sud, l'agricoltura tira la ripresa: mezzo milione di nuovi occupati nel 2015
di Luciano Pignataro
Mercoledì 22 Febbraio 2017, 09:46 - Ultimo agg. 10:27
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Inviato a Roma

Mezzo milione di posti in agricoltura, il Sud primo nella crescita del Pil, nell’export, negli investimenti. Insomma, in Italia siamo stati oltre un secolo a parlare di industrializzazione per scoprire che solo l’agricoltura può salvare le regioni meridionali dall’impoverimento demografico. Le bombe carta lanciate dai taxisti in sciopero impegnati nella protesta vicino piazza Montecitorio rendono ancora più surreali i dati che vengono snocciolati dal direttore generale dell’Ismea, Raffaele Borriello. Mai e poi mai, infatti avremmo pensato di vedere i dati del Sud migliori della media nazionale.

Invece nel 2015 è avvenuto proprio questo. Nella Sala della Lupa alla Camera dei Deputati Ismea e Svimez presentano il rapporto sul Mezzogiorno, «un tema finalmente riportato alla centralità del dibattito politico» osserva la presidente della Camera Boldrini. In realtà, la centralità le regioni del Sud se la sono presa reagendo alla grande rispetto alla crisi iniziata nel 2004.

Il Pil del Sud è +0,8% mentre quello del Centro Nord segna +0,5%. Scomponendo questa ripresina nazionale, si scopre che il settore primario contribuisce con il più 3,8%, l’industria con il +0,9 e i servizi con il +0,4%. Non male per un paese che negli anni ’90 aveva sognato di vivere giocando in Borsa.

Ma è nella scomposizione territoriale che emerge con chiarezza il sorpasso: l’agricoltura al Sud è cresciuta del 7,3% mentre quella del Centro Nord si attesta a +1,6%. Questa ripresa riguarda anche l’export, 36 miliardi di euro con +7,3% in Italia con il Sud che segna +15,5% nei prodotti agricoli e +7,6% nei prodotti alimentari. Su dati assoluti, il Sud raggiunge il30% dell’export ma i margini di crescita sono ancora ampli.

Cosa è successo in questi anni? Se lo chiedono Adriano Giannola, presidente dello Svimez, e lo stesso ministro delle poitiche agricole, Martina. In realtà è cambiata in primo luogo la percezione culturale del lavoro nei campi: lavorare la terra non è più una vergogna, una fatica di cui liberarsi, ma un punto di orgoglio, regala in un momento di crisi del modello urbano una sensazione di rapporto solido con la terra e le sue stagioni. E, cosa assolutamente nuova, consente di girare il mondo come ben sanno i giovani produttori di vino, olio e formaggi.

Ma non è solo questo, il Sud è passato negli ultimi due decenni dall’essere produttore di commodity a produttore di veri e propri oggetti gastronomici di culto che regala valore aggiunto a una materia considerata povera e in alcuni segmenti ha fatto passi da gigante anche nella trasformazione come dimostra per esempio il comparto della quarta gamma.

Le regioni del Sud tornano in vantaggio dopo tanti decenni grazie alle condizioni pedoclimatiche più favorevoli che hanno consentito nell’antica lo sviluppo di ricchezze immense. E i tempi lunghi della storia, quello che misurano l’andamento di una civiltà dall’inizio sino al declino, in questa fase di globalizzazione sembrano restituire la giusta misura delle potenzialità produttive. Ci sono i freddi dati a confermarlo, quelli che piacciono agli statistici e ai bocconiani. Persino negli investimenti fissi il Mezzogiorno registra un impegno di 2,2 miliardi di euro segnando +9,6% mentre il Centro Nord registra addirittura il meno 2%. Naturalmente i dati assoluti ci dicono che c’è ancora un forte sbilanciamento territoriale perché i 3/4 della cifra assoluta sono ancora concentrati al centro Nord. Ma l’inversione di tendenza è significativa. Anche il credito alle imprese agricole, pur con tutte le difficoltà che conosciamo, vede il Sud in vantaggio con +0,7% rispetto a -0,2 del centro Nord.

Ma il dato che più interessa è la crescita dell’occupazione: nel 2015 hanno trovato occupazione in agricoltura mezzo milione di persone, e anche qui il Sud è in testa con +3,8% rispetto al Centro Nord che vede +0,4%.
Davvero incredibili i numeri dell’occupazione giovanile: +13% al Sud rispetto al +9,5% al centro Nord. Questo vuol dire che sta avvenendo anche un ricambio generazionale che interrompe il circolo vizioso nel quale nella terra restavano sempre i più anziani.

Ci sono dei punti critici? Certo, il primo è che le attività secondarie restano ancora marginali: nonostante la bellezza dei paesaggio e i territorio incontaminati il settore agrituristico è ancora molto più debole al Sud mentre tutte le attività collaterali legate all’agricoltura non hanno pienamente sviluppato il giusto potenziale. Colpa del mancato spirito associazionistico e del fatto che la mentalità imprenditoriale è ancora scissa al Sud da quella impegnata nel lavoro della terra. Ma questi elementi sono una molla ad impegnarsi di più sapendo che, secondo le prime elaborazioni del 2016, non siamo stati in presenza di un fuoco di paglia ma dell’inizio di una vera tendenza.
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