Solopaca, i primi 50 anni
la festa della Cantina Sociale

Solopaca, i primi 50 anni la festa della Cantina Sociale
di Luciano Pignataro
Martedì 20 Settembre 2016, 14:53
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Non sono certo numerosi gli esempi di associazionismo produttivo nel Sud. Il Sannio, con la Cantina Sociale di Solopaca, la Guardiense e la stessa Cantina del Taburno è un territorio che fa eccezione come ben dimostra l'esistenza di un Consorzio che, pur tra mille difficoltà, si distingue per organizzazione e capacità di promuoversi come in nessun altra provincia campana avviene. Qui il reddito vitivinicolo non è chiacchiera da convegno, ma incide nel paesaggio. Non a caso in questa provincia di produce oltre il 60% del vino certificato in Campania.
Per questo motivo l'anniversario del primo mezzo secolo di vita della Cantina Sociale di Solopaca è stato un evento importante, a cui lo stesso governatore Vincenzo De Luca ha voluto partecipare. Una cantina nata tra mille difficoltà nel 1966 quando i contadini dovevano difendere il loro reddito agricolo dai mediatori della città che aspettavano fino all'ultimo prima di comprare per giocare sulla paura e abbassare il costo dell'uva.

Da quella viticoltura eroica, che però pure godeva di grande fama, si è passati ad una gestione completamente diversa della vigna, in cui conta la qualità e non la quantità, la capacità di passare dallo sfuso, che pure continua ad essere venduto, a bottiglie belle da vedere e da bere in occasioni importanti. Aglianico, Falanghina, ma anche tanto altro, in un continuo crescendo dovuto anche al rinnovamento della gestione con l'arrivo di un gruppo di giovani diretto da Carmine Coletta.
Addio vecchie beghe con la dirimpettaia Guardiense, addio lotta ai piccoli produttori, si alla creazione di una strategia comune pur nella tutela in prima battuita degli interessi aziendali. Questa è stato il cambio di basso che si misura con l'aumento del 15% delle fascette autorizzate dal Consorzio dei Vini Sannio e dalla crescita della produzione.

Una cantina sociale è l'espressione della comunità. Lo si è visto in ooccasione delle terribile alluvione che ha sconvolto la valle telesina e che ha fatto afflurire gli angeli del fango anche qui, con l'idea di vendere le bottiglie rovinate dall'acqua come segno di solidarietà. Una spinta che dimostra come la viticoltura non sia solo economica e calcolo ragionieristico, ma molto di più. Non a caso nel libro che la cantina ha coluto pubblicare, o0ltre ai contributi scientifici e tecnici, ci sono le testimonianze dei protagonisti, prima fra tutti di Roberto Costanzo che fu tra i promotori della nascita della cantina sociale.

Da allora i tempi sono cambiati, ne è passato di vino nelle botti e nei silos di acciaio, ma la tensione morale, la semplicità dei protagonisti di questa impresa si smarca da un panorama imposto da uffici stampa, mantra ideologici, piccole marchette, per rimettere al centro dell'attenzione gli uomini che trasformano la terra in vino.
 
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