Riso e risotti, sorprese al Sud
Ecco dove mangiarli alla grande

Riso e risotti, sorprese al Sud Ecco dove mangiarli alla grande
di Luciano Pignataro
Martedì 23 Agosto 2016, 14:32 - Ultimo agg. 17:59
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Risotto sotto il Po? Sotto il Garigliano? Per il numero uno della critica gastronomica italiana Enzo Vizzari adesso è possibile. «Amo trascorrere parte delle mie vacanze in Campania. E mi capita sempre più spesso di trovare esecuzioni che non hanno nulla da invidiare a quelle del Nord. Ricordo quello di Salvatore Bianco all'Hotel Romeo di Napoli e il risotto di Michele Deleo di Palazzo Avino a Ravello. Bisogna distinguere tra riso e risotto - precisa il direttore delle Guide Espresso - perché il primo viene proprio dal Sud, dalla Sicilia, il secondo è un modo di cuocerlo proprio del Nord che adesso si sta estendendo a tutta l'Italia».

Già, il riso parte dal Sud portato dagli arabi. Dalla Sicilia e dalla Calabria. Qui, nella florida piana di Sibari è tornata la cultura di questo cereale con grandi soddisfazioni. Circa 600 ettari tra sei aziende specializzate, è la località più a sud d'Europa dove questa particolare coltivazione è possibile. Molti si meravigliano di trovare queste coltivazioni, dimenticando che, nel mondo, la maggior parte della produzione di riso viene realizzata nei paesi notoriamente caldi o comunque temperati. Nella Piana di Sibari, le prime coltivazioni di riso risalgono addirittura al tempo dei Greci intorno al III secolo a.C., quando le truppe di Alessandro Magno, che conquistarono buona parte dell'India settentrionale, conobbero per la prima volta questo cereale. In Grecia non esistevano grandi distese di pianure irrigue, così fu portato, probabilmente da qualche mercante, in Calabria. Ripreso con alterne fortune nell'800, sono ormai circa 30 anni che questa coltura è ripartita molto bene.

Nel Medioevo quello che conobbe molta fortuna fu il riso di Salerno. Ricorda Tommaso Esposito: «Bartolomeo Scappi, il primo grande cuoco del Rinascimento, conosceva questo riso e lo consigliava in una delle sue ricette di minestra con brodo di pollo: Piglisi il riso Milanese o di Salerno che sono i migliori, lavisi con più acque tiepide, lascisi stare nell'ultima acqua tiepida per un hora e pongasi in vaso di terra invetrato o di rame bene stagnato, con brodo di pollo di vitella». Che questo cereale fosse diffuso nel mangiare quotidiano è attestato dalle ricette della tradizione. A cominciare dalle «Arancine» siciliane che a Napoli diventano «Palle di Riso» nella cucina popolare, per andare al famoso sartù della cucina aristocratica del Monzù oggi andato un po' in ombra. E poi dobbiamo ricordare le minestre di riso e verza, un classico della cucina invernale partenopea e persino la pastiera di riso, diffusa in alcune zone del Sud. E, per spostarci sull'Adriatico, come non citare riso, patate e cozze, il piatto tipico di Bari?

Negli anni 60 si diffonde il risotto alla pescatora che resiste nei locali più turistici. Ma la differenza tra riso e risotto è molto profonda e spesso al Sud si tende a chiamare risotto qualcosa di profondamente diverso perché la maggior parte della clientela è abituata a consumarlo come gli stranieri mangiano la pasta: scotto. Un amante del risotto ama sentire il chicco sotto il dente e non riuscirebbe mai a mangiare quello che noi chiamiamo risotto. Anche perché fare un piatto di riso non vuol dire fare un risotto in quanto nella stragrande maggioranza dei ristoranti il cereale viene prima lessato e poi condito mentre la tecnica di risottare parte da una base di tostatura dei chicchi che poi riassorbono l'umidità con l'aggiunta di brodo.

Oggi è possibile mangiare buoni risotti al Sud? Si, grazie soprattutto alle giovani generazioni di cuochi che hanno imparato la tecnica al Nord e che sono tornati al Sud. Risotti davvero competitivi, come quelli di Gennaro Esposito, Michele Deleo, Angelo Sabatelli a Monopoli, Iannotti a Telese, Abbruzzino a Catanzaro, Bianco a Napoli. Bene, benissimo, purché, ma non è certo il caso di questi cuochi eccellenti, non si dimentichino come si fa la pasta e soprattutto non ne abbiano vergogna. Già, perché ci sono due forme di provincialismo gastronomico: definire risotto una pappa scotta e non preparare una pasta perché considerata un alimento di rango inferiore.
 
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