Raffaele Chiumiento a Paestum
il ricordo di un grande patròn

Raffaele Chiumiento
Raffaele Chiumiento
di Luciano Pignataro
Sabato 21 Ottobre 2017, 21:02 - Ultimo agg. 22 Ottobre, 00:02
3 Minuti di Lettura
Non aveva un carattere facile anche perché ha fatto parte di una generazione di ristoratori a cui più che la squadra interessava uscire dalla melma della banalità e della sciatteria. Ma adesso che non c'è più, tutti, produttori, amici e nemici, lo rimpiangono. Torna continuamente nei discorsi come è capitato l'altra sera a cena con Silvia Imparato, Mila Vuolo e Bruno De Conciliis. Perché, in realtà si rimpiange chi ha fatto le cose e non chi ha avuto solo un buon carattere.
E Raffaele Chiumiento, scomparso poco più che cinquantenne lo scorso febbraio, di cose ne ha fatte. Tante. L'anima con il fratello Luigi di un locale che ancora oggi è riferimento assoluto a Paestum.
I meno giovani ricorderanno che Nonna Sceppa era considerato da Veronelli il migliore in Campania insieme al Don Alfonso. Grande appassionato di cibo e di vino, insieme a Luigi ha cambiato tono al locale a partire dagli anni'80, puntando su una cucina semplice ma fatta di grande materie prime e soprattutto allargando la lista dei vini.
Uno dei protagonisti della rinascita del vino negli anni '90, il primo porto in cui approdavano i giovanissimi Luigi Maffini, Bruno De Conciliis, Alfonso Rotolo, Ida e Mario Corrado. Un vero e proprio faro di cultura gastronomica ed enologica quando ancora quasi nessuno da queste parti se ne occupava.
Nonna Sceppa nasce alla fine degli anni '60 ad opera di Antonio Chiumiento e della moglie ma trova le sue origini nel ventennio antecedente, quando la madre di Antonio, la mitica Sceppa, ospitava cacciatori e pescatori di anguille nella propria abitazione, cucinando insieme al cacciato e al pescato degli ospiti, anche i propri prodotti dell'orto (asparagi, vutarelle, carciofi).
Il ristorante, inizialmente composto da uno stanzone annesso alla casa rurale e dal pergolato antistante, crebbe grazie al successo di una cucina semplice (qualcuno ricorda ancora gli splendidi polli ruspanti, il baccalà e lo stocco cucinati dalla moglie di Antonio originaria dell'Agro Nocerino-Sarnese).
Nel corso di questi anni il locale è riuscito a mantenere standard molto elevati. La formula è stata molto semplice: semplicità nel piatto e grande qualità nel servizio. In quasi trent'anni non ho mai sentito qualcuno che se ne lamentasse e parliamo, chi lo conosce lo sa, di centinaia di pasti al giorno. Una volta in una recensione sulla Guida Espresso fu definito «mangimificio» di qualità e Raffaele, un po' permaloso, se la prese a morte. Forse aveva ragione, all'epoca, perché questo termine, benché usato in tono più che benevolo e accompagnato da giudizi lusinghieri, sembrava andare controtendenza in una ristorazione che riduceva i tavoli. Oggi noi sappiano che invece questo è un grandissimo valore aggiunto. Lo sappiamo per quello che fanno le pizzerie, le trattorie popolari, le paninoteche. Non c'è nulla di più difficile che avere sempre prodotti di qualità per grandi numeri.
Raffaele amava il cibo. Quando ti portava il piatto se lo mangiava prima con gli occhi, te lo metteva davanti disegnando una sorta di semicerchio con il braccio e un sorriso soddisfatto. E quella ventricina di baccalà a zuppa che vale centomila piatti di autore? Sono passati vent'anni ma è impossibile da dimenticare. Da grande patròn, conosceva vizi e difetti di tutti i suoi clienti come solo un barbiere oggi può. Ma quello che Raffaele ha dimostrato di amare più di tutti è la sua famiglia e la tradizione di Nonna Sceppa a cui è rimasto assolutamente fedele anche al prezzo di rinunciare a qualche convinzione. E anche questo, sui tempi lunghi, si è rivelata una carta vincente perché è proprio la famiglia, con il suo lavoro e la sua dedizione, che lo fa girare ancora oggi nei saloni di Nonna Sceppa. La famiglia, il vero valore della tradizione italiana.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA