Orgoglio Caserta del gigante buono
Francesco Martucci story

Orgoglio Caserta del gigante buono Francesco Martucci story
di Lorenzo Iuliano
Martedì 31 Gennaio 2017, 18:13
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L'orgoglio casertano se l'è cucito addosso ai suoi 37 anni. Uno dei tatuaggi che sfoggia è dedicato alla sua squadra del cuore, la Casertana. E subito fa venir fuori il suo carattere: «Caserta è fin troppo bistrattata, paga lo stereotipo di terra di malaffare, poi terra dei fuochi, io cerco di far cadere le etichette con la mia arma, la pizza». Eccolo Francesco Martucci, uno dei simboli della nuova generazione di maestri con la sua pizzeria I Masanielli di viale Lincoln e l'altra in via Vivaldi gestita dal fratello Sasà. Braccia possenti, occhi limpidi di verità, una passione unita all'umiltà delle radici. Gli ingredienti del successo sono tutti qui e nella capacità di rendere la pizza sempre più racconto del cibo della memoria e anche della famiglia, a partire dalla moglie Linda e dai due figli Lorenzo e Giulia. E' questo lo storytelling della pizza.
Francesco ha iniziato a lavorare a 10 anni per necessità. Cameriere nei locali di famiglia, ribelle e testardo. Nella pizzeria «Al solito posto», dove ha mosso i primi passi, ogni sera, dopo aver finito di pulire, chiedeva allo zio se poteva farsi una pizza. Da solo. Anche se era stanco morto. «Così ho iniziato il mio percorso e mi sono innamorato di questo mondo». Francesco è dovuto crescere in fretta, ma ha scelto di non abbandonare il suo rione, quel quartiere Acquaviva dove si trova il suo locale, «un posto essenziale, perché la pizza deve restare un piatto del popolo, che tutti possono permettersi», sottolinea. Così i Tre Spicchi del Gambero Rosso sono arrivate in questo pezzo di periferia casertana, insieme a tanti altri riconoscimenti, dalla guida dell'Espresso a quella di Slow Food e alla Mangia&Bevi del Mattino.
Ma la storia è fatta di paure e sacrifici. «Non avevo nulla da investire quando si liberarono gli spazi di viale Lincoln. Gestivo una pizzeria da asporto, ma dissi di sì lo stesso. I primi tempi furono durissimi. Mia moglie però mi incoraggiava ad andare avanti». Poi ha iniziato a funzionare il passaparola ed è cominciata la cavalcata entusiasmante che dura ancora oggi. Le due sedi de I Masanielli sfornano mille pizze ogni giorno, arrivano da Giappone e Australia i clienti più lontani. Francesco accoglie critici gastronomici e ospiti vip con l'umiltà di sempre. Eduardo De Crescenzo, Toni Servillo e Luisa Ranieri appena possono prenotano un tavolo. Francesco è riuscito a fare rete con molti colleghi in un mondo che è anche pieno di rivalità. Gli amici più vicini sono Gino Sorbillo, Francesco Vitiello, Pasqualino Rossi, Carlo Sammarco, Salvatore Lioniello e due grandi ristoratori come Francesco Sposito e Domenico Iavarone.

Ma che pizza c'è alla base di tanto successo? Sicuramente la ricerca maniacale sui prodotti e sulle fermentazioni dell'impasto, il segreto di Francesco però è saperla raccontare ed emozionare. Nel menu ci sono almeno cinque pizze che narrano le sue origini. «La riccia di mammà» (scarola riccia messa a crudo, capperi di Salina, oliva caiazzana, pomodoro del piennolo e burrata di bufala) riporta a quando era bambino: «Non volevo mangiare la verdura, allora mia mamma preparava le scarole saltate e per farmele mangiare aggiungeva la burrata, che usavamo visto che mia nonna era pugliese. Così c'è mia mamma in un piatto, insieme a tutto il Sud» Ed è questa bontà che presenterà mercoledì alla tappa di Milano delle Strade della Mozzarella. E' tempo però di nuove sfide. Entro l'anno Francesco aprirà il nuovo locale: «Sono 500 metri quadrati, con tre forni, uno dedicato alla pizza gluten free. Non aggiungo altro per scaramanzia. Non finirò mai di imparare. E oggi posso dire che aveva ragione mia moglie a non farmi mollare».
 
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