Rifiuti tossici di ogni tipo interrati in una zona sottoposta a vincolo idrogeologico, sversamenti selvaggi che vanno avanti da mesi e che potrebbero aver inquinato anche una sorgente di acqua minerale, mettendo a rischio la salute di migliaia di cittadini, una decina di società e diversi imprenditori coinvolti nel traffico illegale. L'ennesimo abuso del territorio è stato svelato dalla Polizia che, con un'indagine nata quasi per caso, ha scoperto un'enorme discarica abusiva ad Aprilia, paese a cavallo delle province di Roma e Latina.
Ventidue i provvedimenti emessi dal Gip di Roma su richiesta della Dda, che ha coordinato le indagini: 16 ordinanze di custodia cautelare in carcere (uno dei destinatari risulta ancora irreperibile) e 6 divieti di dimora. Nei loro confronti i pm ipotizzano una serie di reati che, a vario titolo, vanno dall'associazione a delinquere al traffico illecito di rifiuti, dall'intestazione fittizia di beni all'autoriciclaggio. «Dai filmati delle telecamere e dalle intercettazioni - scrive il gip nell'ordinanza - emergono atteggiamenti francamente inquietanti, assoluto sprezzo delle comuni regole di gestione dei rifiuti, totale indifferenza per i gravissimi, e probabilmente irreversibili, danni cagionati al territorio, interesse esclusivo per il denaro». Le indagini sono partite a marzo del 2016: gli uomini della polizia stradale si sono insospettiti di un anomalo traffico, anche di notte, di camion lungo una strada chiusa diretta ad una cava dismessa. Gli accertamenti sui mezzi e i controlli con le videocamere e con gli elicotteri, hanno consentito di scoprire l'esistenza della discarica.
Le successive indagini degli uomini della squadra mobile di Latina e dello Sco hanno consentito di capire come funzionava il sistema. Da un lato c'erano gli 'smaltitorì, vale a dire coloro che gestivano la discarica: al vertice il proprietario della cava, Antonino Piattella, al suo fianco il figlio 22enne Riccardo, che aveva il compito di ricevere i camion con i rifiuti e di predisporre le buche dove interrare le sostanze pericolose, e la moglie Roberta Lanari che si occupava di incassare i compensi. L'altro gruppo era invece composto dai 'conferitorì, le società e gli imprenditori di Roma e Latina, molti dei quali operavano nel settore dei rifiuti, che inviavano i camion carichi di qualunque rifiuto. Grazie ai sistemi di videosorveglianza, gli investigatori hanno potuto vedere i tir arrivare e scaricare materiale di qualsiasi tipo: rifiuti solidi urbani, da costruzione e demolizione e sostanze pericolose da cui esalavano fumi colorati. «Quando abbiamo capito la quantità e la qualità dei rifiuti gettati nella cava - spiega il capo della mobile Carmine Mosca - c'era da rabbrividire. Abbiamo monitorato centinaia di episodi di sversamento illecito». «Si tratta di un'indagine su tematiche di estrema complessità e di vitale importanza - ha sottolineato il capo dello Sco Alessandro Giuliano - perché attiene alla salute di tutti e alla sopravvivenza dei nostri territori».
Per questo sono stati avviati dei controlli sulla sorgente di acqua minerale e su un torrente che scorre vicino alla discarica. «Vogliamo verificare - ha spiegato il procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino - quali conseguenze possano essersi determinate sulla genuinità delle acque ed evitare così qualsiasi danno alla salute».