Riace, il Viminale: nessun trasferimento obbligatorio dei migranti. Lucano: «Rifarei tutto»

Riace, il Viminale precisa: nessun trasferimento obbligatorio dei migranti
Riace, il Viminale precisa: nessun trasferimento obbligatorio dei migranti
Domenica 14 Ottobre 2018, 18:02 - Ultimo agg. 15 Ottobre, 12:30
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A Riace non ci sarà nessun trasferimento obbligatorio: i migranti si muoveranno solo su base volontaria, e quelli che decideranno di restare usciranno però dal circuito dell'accoglienza. È questo il meccanismo che scatta quando un progetto Sprar deve chiudere, sottolinea una nota del Viminale che a fine giornata interviene dopo le polemiche che non si placano sullo smantellamento del 'modellò Riace. Lui, Domenico Lucano, sindaco del paese lucano finito ai domiciliari, dice con orgoglio «non voglio apparire una vittima», «rifarei tutto quello che ho fatto», «consapevole di essere nel giusto».

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Il suo è ormai un caso politico. Susanna Camusso, leader Cgil, punta il dito contro Salvini per «un atto disumano di dubbia legalità». Carla Nespolo, presidente Anpi, chiede a M5S di «non voltarsi dall'altra parte e fermare Salvini». Laura Boldrini e Nicola Fratoianni, LeU, ricordano i guai legali della Lega e ritengono «poco credibile» che a parlare di «gestione irregolare di fondi pubblici» sia chi «deve restituire 49 milioni».

Nicola Zingaretti, candidato alla guida del Pd, definisce «un atto immondo, quello di Salvini». E il segretario attuale, Maurizio Martina, lancia un appello per una manifestazione antirazzista. Ma il leader leghista e ministro dell'Interno manda a dire «a quelli del Pd, che parlano di 'deportazionì», che «l'indagine sulle gravi irregolarità di Riace erano state avviate da Minniti, mio predecessore al Viminale e oggi possibile segretario del loro partito». Di fatto le ispezioni sono partite nel 2016. Ma la nuova miccia è la circolare del ministero che, sulla base di «gravi anomalie» nella gestione dello Sprar, chiede ora tutti i conti e il trasferimento dei migranti. L'atto smonta il «modello Riace». Tra i rilievi, la presenza di non aventi diritto, l'uso improprio dei pocket money, case in condizioni igieniche precarie.

«Non è vero niente», solo «denigrazione» e i migranti «non se ne andranno, hanno bimbi piccoli e nessun posto dove andare», replica Lucano che ha ricevuto i cronisti a casa. Nel paese sono 80 gli stranieri a carico dello Sprar (altre decine afferiscono al Cas, centro di accoglienza straordinaria). L'atmosfera è di sconforto: «Non vogliamo andare via», dicono. Cosa succederà a queste persone? Daniela Di Capua, direttrice del Servizio Centrale Sprar, assicura che «non ci sarà alcuna deportazione. Non è il primo caso del genere. Il trasferimento viene proposto e non imposto ai migranti».

Questo si traduce in una serie di colloqui che operatori del Comune dovranno fare con loro per capire se vogliono restare o uscire dal progetto Sprar. Nel primo caso, si è destinati a un altro Sprar; nel secondo, si esce dal progetto e dai relativi finanziamenti, ma «richiedenti asilo e rifugiati sono liberi di stare dove vogliono, affittare casa, lavorare; se non sono in grado, stanno nei centri per richiedenti asilo», dice Di Capua. «A Riace - aggiunge - i colloqui coi migranti non inizieranno né domani, né dopodomani e comunque non prima di aver trovato soluzioni alternative. Di solito le cerchiamo negli Sprar vicini, dipende dalla disponibilità: in Calabria ce ne sono oltre 100».

Nel frattempo, la circolare del Viminale potrebbe finire di fronte al Tar ed essere sospesa.
Punta in prima battuta a questo il ricorso che il Comune depositerà nei prossimi giorni. «Abbiamo molte ragioni di impugnazione: il 'modello Riacè risale al 2002. È sorprendente che, dopo 16 anni, venga attaccato come fallimentare», osserva Gianfranco Schiavone, consulente del Comune e vicepresidente dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione. Se accolta, la sospensiva bloccherà temporaneamente l'efficacia della circolare, in attesa che i giudici si pronuncino nel merito, ma quasi certamente non avrà effetto sul blocco dei finanziamenti, disposto già due anni fa quando Lucano finì sotto indagine.

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