Gentiloni al forum del Mattino:
«Sud, oggi lo sviluppo è possibile»

Gentiloni al forum del Mattino: «Sud, oggi lo sviluppo è possibile»
di Alessio Fanuzzi
Lunedì 11 Dicembre 2017, 10:46 - Ultimo agg. 22 Marzo, 14:31
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«Voglio mandare un messaggio alla politica: cerchiamo di concentrare le nostre forze e le nostre risorse nei grandi obiettivi, non rinunciamo alle priorità della legge di bilancio annegandole in una nuvola di segnali in direzioni svariate. Anche con risorse limitate, le risorse vanno concentrate, sul lavoro e sui giovani: così è congegnata la legge di bilancio e così, sono certo, maggioranza e forze parlamentari la faranno uscire fino all'approvazione finale prima della pausa natalizia». Dal palco del teatro Mercadante, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni lancia il messaggio di fine legislatura a tutte le forze parlamentari. Perché, questa volta, «il Sud e i giovani del Sud non ci perdonerebbero se sprecassimo questa grande occasione».



È il momento clou del convegno promosso dal Mattino e ospitato dal Teatro Mercadante di Napoli: «Avere 20 anni al Sud: le ragioni per restare e per tornare». Dopo le testimonianze di giovani laureati napoletani, è il direttore de Il Mattino Alessandro Barbano a chiamare sul palco il premier. «Abbiamo davanti un'occasione e dobbiamo guardarci in faccia ciascuno con le proprie responsabilità», esordisce Gentiloni. E spiega: «La sfida del lavoro per i giovani del Sud esiste da lungo tempo, ma il contesto europeo e globale dell'economia, oggi ci dà l'occasione per dare risposte. Siamo a metà del guado, la crescita nelle regioni meridionali, con differenze tra le regioni, ha raggiunto livelli allineati a quelli nazionali con dati dell'export per alcuni versi estremamente incoraggianti. Chi vuole investire nel Mezzogiorno e creare lavoro lo può fare a condizioni economiche e legislative straordinariamente positive, di una convenienza senza precedenti tra il credito d'imposta rafforzato e la decontribuzione per l'assunzione di giovani che vale doppio per il Mezzogiorno. Con queste misure proviamo a dare una spallata a una situazione che apparentemente non si riesce a smuovere».

Le priorità, per il Sud, sono sempre le stesse: «Il Mezzogiorno deve scommettere su quelle che sono le sue vocazioni, certamente il binomio turismo-cultura, green economy, innovazione e ricerca - continua il premier - Poi c'è la sfida del Mediterraneo, che per noi è vitale, e rappresenta la terza area dei nostri scambi commerciali nel mondo. Ma è anche la frontiera di una sfida futura: portare uno sviluppo sostenibile nel continente africano». Spetta alla politica creare le condizioni. E alla politica Gentiloni spedisce il suo messaggio. Consapevole che «il Sud e i giovani del Sud non ci perdonerebbero se sprecassimo questa grande occasione».
 
 

Dopo il premier, e altre testimonianze di cervelli in fuga e giovani che hanno scelto di restare in Campania tra mille difficoltà, è la volta del sindaco di Napoli Luigi de Magistris e del presidente della giunta regionale Vincenzo De Luca, d'accordo (per una volta) sulla necessità di nuovi interventi per il Mezzogiorno. «Se vogliamo creare le condizioni di sviluppo - attacca de Magistris - dobbiamo evitare che gli enti locali vivano una perenne situazione di dissesto o predissesto. Così è impossibile creare qualità della vita e garantire i servizi. In questo senso è necessario rivedere alcune misure nazionali, perché c'è ancora troppa disparità tra Nord e Sud rispetto ai fabbisogni. Prendo atto che il premier Gentiloni ha detto che il Sud avrebbe bisogno di leggi speciali, ma finora abbiamo registrato leggi speciali per Roma e per Milano e un emendamento speciale per i trasporti di Torino». 

«Dobbiamo fare di più, è del tutto insufficiente il quadro legislativo attuale per affrontare le dimensioni del problema disoccupazione giovanile al Sud, bisogna liberare l'Italia dal groviglio burocratico, amministrativo, giudiziario che paralizza questo Paese», rilancia De Luca citando «dati impressionanti: 200mila giovani laureati sono andati via negli ultimi 15 anni dal Mezzogiorno, il Centro Nord ha recuperato i posti perduti negli anni della crisi, nel Sud invece siamo sotto le 400mila unità. La questione economica e sociale rischia di diventare una questione democratica, rischiamo la desertificazione delle aree interne, di perdere il capitale umano più prezioso che abbiamo, e rischiamo di non fare quello che dobbiamo fare».
 

Chiusa la prima sessione, è il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ad aprire la seconda sessione del convegno. Subito con una vena polemica: «Forse il ritardo del Sud lo determina il fatto che, quando viene un investitore a investire 5,3 miliardi di euro, caso unico nell'orbe terraqueo, il governatore della Regione fa il ricorso al Tar e cerca di cacciarlo a pedate nel sedere. Non credo esista posto nel mondo che si comporta così». L'accusa è bipartisan: «Con la Campania abbiamo lavorato bene per rimettere in moto l'economia, ma il presidente della Regione Calabria l'ho visto una volta per sbaglio, non è mai venuto a dire che facciamo? Che strumenti abbiamo? Anche col presidente della Sicilia non ho mai parlato al telefono. C'è una grossa mancanza di meridionali efficienti nella politica locale». 

L'obiettivo è cambiare il paradigma di sviluppo del Mezzogiorno. Senza una nuova Cassa per il Mezzogiorno: «Non serve a niente, non ha funzionato nonostante ci abbiamo buttato dentro miliardi. Lo sviluppo si fa con investimenti, imprese e occupazione. Ritenere che il Sud sia una riserva indiana che può avere un suo percorso di sviluppo diverso dal Centro, dal Nord, dall'Europa e dall'Occidente è una totale fesseria», spiega il ministro dello Sviluppo economico. E avverte: «Se da qui non lo diciamo con grande chiarezza, andiamo verso un'altra campagna elettorale in cui si racconteranno un sacco di cose sul Sud, ma quale politica meridionalistica si racconterà? Quella dei fatti o di cose che non danno risultati? Detesto la retorica meridionalista, la ritengo squalificante in primo luogo per i meridionali. Il mio ragionamento parte da quanto succede nel mondo e non in un pezzo di Italia, di Nord o di Sud. Sono canoni che contribuiscono a separare e frammentare il paese, non a unirlo».



Dalle imprese alla politica, è il ministro per la Coesione territoriale, Claudio De Vincenti, ad aprire la terza sessione. Con un impegno: «Il futuro del Mezzogiorno non è il reddito di cittadinanza, che è una vecchia forma malata del passato. Dobbiamo ricostruire la speranza per i giovani del nostro Paese attraverso un'azione costante e metodica e molto determinata per ricucire quelle ferite e riaprire un futuro di speranza». Lavoro e legalità: «L'impegno deve riguardare tutti noi - continua De Vincenti - Dobbiamo garantire al Mezzogiorno un futuro diverso, la risposta dev'essere molto netta e non può che essere lavoro, lavoro, lavoro: è quello che chiedono i ragazzi del Sud, non riaprire una stagione di assistenza». 

L'ultimo applauso è per un grande innovatore del Novecento, a modo suo. È il ministro per la Coesione territoriale a ricordare dal palco monsignor Antonio Riboldi, il vescovo emerito di Acerra morto ieri dopo una vita spesa per il Sud: «Esempio forte di un impegno che deve riguardare tutti noi, teso a garantire al Mezzogiorno un futuro diverso» Nel Mezzogiorno, in Belice e poi ad Acerra, don Antonio ha dedicato grandi energie alla lotta alla camorra, alla mafia, all'affermazione della legalità e per la voglia di vivere insieme e condividere il bene comune».
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