La libertà individuale muore
nella società digitalizzata

La libertà individuale muore nella società digitalizzata
di Aldo Masullo
Sabato 25 Marzo 2017, 09:38 - Ultimo agg. 11:37
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«Società» non è qualsiasi vago mettersi insieme tra persone, ma un ordine di relazioni complesse e così strettamente regolate da legare tra loro un gran numero di persone reciprocamente sconosciute o comunque indifferenti: «società» dunque è «sistema». Si tratta di un vero e proprio organismo più o meno complesso, con la cui versione matura Marx identifica la moderna società borghese. «La mutua e generale dipendenza degl’individui reciprocamente indifferenti costituisce il loro nesso sociale». 

Peraltro, quando si parla in modo serio di «tecnica» e del suo rapporto con la società, ossia con un sistema sociale, non si può lasciare il nome di «tecnica» nella sua vaghezza semantica: abilità manuale o intellettuale, protocollo procedurale del fare o dell’agire, macchina materiale o simbolica. Ciò che seriamente interessa comprendere è il rapporto tra un «sistema sociale» e il contemporaneo complesso di tecniche nella loro più o meno stretta interdipendenza e coesione funzionale, insomma il «sistema tecnico».

L’attuale situazione culturale spinge sempre più a ritenere che alla fine, divenuta tutta tecnica la società, la tecnica si presenterà come il sistema che risolve in sé la società tutt’intera. Al limite la tecnica inghiottirà la società, il sistema tecnico sarà esso il sistema sociale. Che questo sia il punto d’arrivo della presente fase storica sembra perfettamente annunciato dal modello Singapore, descritto nell’articolo di Antonio Pescapé.

In questa singolare città-Stato, insediata in un’isola del sud-est asiatico, «la tecnologia è la protagonista assoluta». Si apre così la vetrina delle meraviglie, come sempre è avvenuto agli occhi di chi legge libri di fantascienza. Ma qui la meraviglia, di cui la mente umana ha inesauribile bisogno come di adrenalina, non si prova di fronte ai racconti immaginari di una finta scienza e di una ancor più finta propaggine tecnologica di essa, bensì dinanzi agli sviluppi di straordinarie realizzazioni che scienza e tecnologia assicurano di avere già in corso. Lasciamo stare il fanciullesco entusiasmo per cose come i droni postini già in atto da qualche parte, o i taxi autonomi volanti ancora allo studio. Si tratta in fondo di giocattoli per adulti, certamente utili per rendere più rapidi e comodi i servizi della vita quotidiana.

Ma c’è ben altro. Dalla digitalizzazione estrema, cioè dalla riduzione delle cose materiali in immateriali sequenze numeriche, alla elaborazione e allo sfruttamento economico di enormi masse di dati, raccolti a strascico, al monitoraggio capillare delle persone. Tutto ciò, non manca di osservare l’autorevole articolista, implica naturalmente «una massiccia sorveglianza di massa». Molto significativa è, tra le meraviglie di Singapore, la «identità digitale», una smart card intestata a ciascun cittadino, costruita attraverso i dati variamente collezionati. Ad essa, per essere dettagliamente informato sulla «reputazione» del suo intestatario, chiunque altro può chiedere di accedere, se per esempio «ci si deve sposare o iniziare una relazione d’affari».

Così la personalità di ognuno, ridotta ad una sommatoria di astratti indici, è esposta all’arbitrario apprezzamento di ogni altro. Alla liberale «società aperta» si sostituisce una società fusa.

Il sintomo più inquietante del «nuovo modello di società», che si va sviluppando a Singapore, sta nel fatto che «i cittadini, soprattutto le generazioni più giovani, non si pongono tante domande su privacy e diritti umani». «Queste domande, del resto, «in una società in cui tutto funziona incredibilmente bene e in cui il famoso piatto a tavola non manca mai, difficilmente vengono poste»! Insomma, si tratta di una società che soddisfa i bisogni di tutti, ma quali bisogni? e al prezzo di quale sottomissione?

Di fatto, nello Stato di Singapore la libertà economica è massima, ma quella politica è limitata. Le linee dei vari governi recenti si sono attestate sul disegno di massimizzare lo sviluppo e contenere la democrazia. In questo quadro si sono offerte condizioni molto attraenti per i ricercatori e trovano illimitato spazio i programmi innovativi più spericolati.

Se, come racconta Antonio Pescapé, uno scienziato di Singapore «ritiene non azzardata l’ipotesi che entro il 2050 si legalizzi il matrimonio tra uomini e robot», si comprende come quel che fino al secolo scorso è stato irrilevante fantascienza si sia rapidamente convertito in concreto programma di realizzazione di una società incomparabile con l’attuale, di un sistema sociale risolto senza residui nel sistema integralmente tecnico. L’individuo umano si troverebbe così costretto in un’enorme macchina. La macchina, in quanto tale, funziona ma non vive. Essa è tutta una concatenazione di cause e una serie di casi, ma non offre occasioni alla libertà.
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