Trasformare,
la sfida del digitale

Trasformare, la sfida del digitale
di Antonio Pescapé
Mercoledì 28 Novembre 2018, 20:00
6 Minuti di Lettura
L'espressione Trasformazione Digitale (Digital Transformation) ha prima affiancato e poi pian piano sostituito quella di Innovazione Digitale (Digital Innovation).

Perché ciò sia accaduto, non solo in Italia, e perché sia accaduto oggi è un fatto molto importante. Ed è importante perché, da un lato, questo nuovo modo di riferirsi ai cambiamenti favoriti dalle tecnologie digitali rappresenta una importante discontinuità; dall'altro perché si tratta di un tema che, a causa della trasversalità delle stesse tecnologie, interessa tutti gli ambiti applicativi e quindi oggi è oggetto di forte attenzione da parte di diversi interlocutori, non più soltanto di quelli che fino a ieri si sono occupati di tecnologia e di innovazione digitale. Innovazione digitale che negli anni ha fatto passi da gigante, rappresentando uno dei volani di crescita principali di un'economia mondiale sempre più basata su beni e servizi immateriali. Innovazione digitale favorita da anni in cui abbiamo assistito ad una sempre più massiva introduzione di nuove tecnologie in ogni segmento della realtà che ci troviamo a vivere quotidianamente. Proprio l'introduzione e l'adozione delle tecnologie digitali in modo massivo ha aperto la strada a ciò che oggi prende il nome di Digital Transformation - da molti definita anche Digital Revolution o Digital Reinvention - allargando una visione che era diventata parziale su un fenomeno di portata notevolmente più ampia, una vera e propria trasformazione. Una trasformazione che ha apportato e sta apportando cambiamenti consistenti non solo all'utilizzo che facciamo della tecnologia, ma più in generale alle nostre strutture organizzative, produttive, economiche, sociali e culturali.

Di fronte a un fenomeno così esteso, è oggi indispensabile un cambio di visione ed una sistematica variazione nell'approccio alla gestione di tutti i processi alla base di un'economia in un paese trasformato dal digitale e da tecnologie quali ad esempio l'Internet delle Cose, il Cloud Computing, i Big Data e l'Intelligenza Artificiale.

Intelligenza Artificiale che, incrociando i dati dei pazienti con le analisi e le informazioni sulle patologie, decide le dosi dei farmaci e configura in tempo reale terapie combinate per quella che oggi è una realtà: la medicina su misura del singolo paziente.

Intelligenza Artificiale che, addestrando algoritmi di riconoscimento automatico, è in grado di descrivere a persone ipovedenti testi, oggetti, monete, prodotti, colori e anche le persone che hanno di fronte.

Intelligenza Artificiale che, impiegando come base le registrazioni di migliaia di annunciatori in carne e ossa ha addestrato un sistema in grado di realizzare le animazioni necessarie ai movimenti della bocca e delle altre parti del viso, e quindi guida i movimenti di un anchorman avatar digitale impiegato per leggere le news.

Intelligenza Artificiale che, basandosi sulla registrazione ed osservazione del volo degli uccelli, è in grado di addestrare un algoritmo per il controllo e la guida di alianti e altri velivoli.

Intelligenza Artificiale che, seguendo il famoso adagio gli occhi sono lo specchio dell'anima è in grado di identificare la personalità di un essere umano sulla base dei movimenti degli occhi.

Intelligenza Artificiale che, partendo dai dati e dalle immagini delle esplorazioni sulla superficie dei pianeti del sistema solare, prova a costruire una mappa delle superfici extraterrestri per consentire a robot ed astronauti di muoversi senza perdersi e in autonomia in luoghi e contesti nei quali i sistemi satellitari che usiamo comunemente (Gps, Glonass, Galileo) non sono utilizzabili.

Intelligenza Artificiale che, addestrando -- su sei secoli di arte e più di quindicimila dipinti -- un algoritmo basato sulle reti neurali che si sfidano l'un l'altra, ha già dipinto numerosi ritratti di famiglie francesi.

Intelligenza Artificiale che, sulla base di algoritmi che studiano le condizioni meteorologiche e di dati raccolti da sensori intelligenti presenti sul territorio, consente in Inghilterra di prevedere le variazioni nella domanda di energia e quindi di pianificare l'offerta.

Intelligenza Artificiale che, sulla base del monitoraggio dei comportamenti in rete e dei dati degli utenti, addestra algoritmi per orientare il nostro modo di informarci, i beni da acquistare, la reputazione stessa degli utenti. Monitoraggio che si estende a informazioni non solo provenienti dalla rete e quindi può costruire una reputazione che riguarda non tanto il nostro comportamento on-line, ma anche e soprattutto nella società, nella vita di tutti i giorni, nelle relazioni personali e commerciali. Come si prevede di fare in Cina con il progetto Social Credit System che sarà operativo nel 2020.

Questi sono solo esempi. Sono solo applicazioni e utilizzi di tecnologie digitali che non rappresentano più una semplice innovazione. Ma hanno generato e stanno generando una trasformazione. Sono solo pochi esempi, ma sono esempi di fatti reali.

Non sono suggestioni.

Non è una suggestione una medicina personalizzata che prova ad allungarci la vita. Non è una suggestione una tecnologia che utilizza il movimento dei nostri occhi in quanto fondamentale per, ad esempio, l'interazione uomo robot e non a caso è di enorme interesse per colossi come Google, Facebook e Apple. Non è una suggestione un algoritmo che ci guida in nuove scoperte spaziali o che governa e controlla veicoli e velivoli senza conducente. Non è una suggestione un algoritmo che sulla base delle previsioni meteo consente di ridurre i consumi energetici globali. Non è una suggestione un algoritmo che attribuirà un punteggio sociale a un miliardo e mezzo circa di persone.

Ma non passa giorno che commentatori distratti e purtroppo molto superficiali finiscono per liquidare cose come quelle descritte qui come «affascinanti suggestioni». Senza sapere che ciò che loro chiamano suggestioni è già realtà. È già presente. E lo è da tempo. Sì perché oggi, accade tutto più rapidamente: il presente diventa molto presto passato e il futuro rapidamente si trasforma in presente.

E riferirci alla realtà come a una suggestione è da un lato la plastica dimostrazione dell'inadeguatezza del nostro modo di guardare alle cose e di vedere il mondo che ci circonda: un mondo che è cambiato senza avere avuto il tempo di accorgersene. Dall'altro è un modo per prendere tempo, per aggrapparsi al mondo che non c'è più.

Non siamo pronti. E non siamo pronti in quanto innanzitutto non siamo formati. Non abbiamo una formazione e una cultura in grado di comprendere le trasformazioni e gestire il cambiamento. Non siamo formati per comprendere la trasformazione guidata dalle tecnologie digitali che stiamo vivendo oggi. Non abbiamo un contesto normativo in linea con i cambiamenti della società. Non abbiamo un contesto lavorativo e sociale pronto alle sfide e alle rivoluzioni indotte dalla trasformazione digitale.

Una trasformazione che per anni è stata vista, appunto, solo come una semplice innovazione.

Una trasformazione invece cambia profondamente i processi, cambia la produzione di beni e servizi, cambia la vita e la società, deve far cambiare il sistema delle policy. Una trasformazione può avvenire solo se accompagnata da adeguati processi formativi. Formazione, che deve profondamente cambiare anche lei. A Napoli, alla Federico II lo abbiamo capito qualche anno fa. E con qualche anno di anticipo abbiamo provato a preparare i nostri giovani al cambiamento. A formarli con le competenze, quelle del sapere innanzitutto e poi anche quelle del saper fare. A formarli provando ad insegnare loro però soprattutto ad imparare. Perché è soprattutto continuare ad imparare quello che ci troveremo a fare, tutti, nei prossimi anni. Perché siamo solo all'inizio di una trasformazione davvero enorme, i cui impatti, i benefici e i rischi non sono ad oggi assolutamente chiari. E sarà solo rimettendo l'uomo al centro, l'uomo con la sua conoscenza e competenza e l'uomo con le sue relazioni, che potremo guidare la trasformazione digitale della nostra società. Perché tanto, «non c'è alternativa al futuro»
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