Scoperta al Ceinge molecola
contro tumore pediatrico cervelletto

Scoperta al Ceinge molecola contro tumore pediatrico cervelletto
di Rossella Grasso
Martedì 27 Febbraio 2018, 20:10
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Buone notizie dal Ceinge di Napoli: «Il tumore pediatrico del cervelletto, il medulloblastoma-gruppo 3, si potrà sconfiggere». Ad affermarlo è Massimo Zollo, docente di Genetica presso l’Università Federico II di Napoli e Principal Investigator del Ceinge che ha coordinato l'equipe di ricercatori che dopo anni di lavoro annunciano l'interessante scoperta. I ricercatori hanno svelato come nascono e proliferano le metastasi ed hanno sperimentato in vivo un nuovo farmaco in grado non solo di fermarne la crescita, ma di invertire il processo da maligno in benigno. Per il momento la molecola è stata testata sui topi da laboratorio ed è risultata pienamente efficace e senza controindicazioni. Ora dovrà ora essere sottoposta agli studi di tossicità e farmacodinamica nell’uomo, perché possa essere utilizzata a scopo terapeutico nei bambini. Un traguardo importante per la diagnosi e la cura di un tipo tumore pediatrico per il quale fino ad oggi non esisteva alcuna terapia efficace. Nasce così una nuova speranza per la diagnosi e la cura di un male che affligge i bambini. Il successo dello studio è stato consacrato con la pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Brain (Oxford, Journal of Neurology).

Gran parte degli esperimenti, avviati da Pasquale de Antonellis, sono stati eseguiti da Veronica Ferrucci, giovane dottoranda della SEMM, Scuola Europea di Medicina Molecolare con sede al Ceinge. La ricercatrice ha identificato il meccanismo di azione del processo metastatico che parte da medullosfere, le cellule staminali tumorali, presenti nel cervelletto e genera metastasi nella colonna spinale del bambino affetto. Questa azione è stata replicata in modelli murini, che hanno subito xenotrapianto delle cellule di gruppo 3 ed è stato dimostrato che è possibile inibire il processo di proliferazione e di migrazione di queste cellule nel cervelletto dei topi le quali non sono più in grado di attivare il processo metastatico grazie all’uso del nuovo farmaco messo a punto dal gruppo di ricerca. Un altro dato presente nel lavoro dimostra che la combinazione tra le radiazioni alle cellule metastatiche di MB gruppo 3 e la presenza del farmaco raggiunge un effetto superiore rispetto al singolo utilizzo delle due componenti terapeutiche e che è quindi applicabile nell’ambito di protocolli di terapia convenzionale per i tumori definiti «ad alto rischio» nel bambino. Inoltre, grazie agli studi di Next-Generation-Sequencing svolti nella facility del Ceinge e coordinati da Francesco Salvatore e da Valeria d’Argenio, sono state identificate le mutazioni occorrenti durante la progressione tumorale con il sequenziamento dell’intero genoma delle cellule metastatiche del bambino affetto da medulloblastoma del gruppo 3.
 
«In questo modo sono stati identificati altri nuovi geni targets - spiega Massimo Zollo - le cui mutazioni erano sconosciute per la terapia nell’uomo. Questo studio definisce per prima volta che i tumori nel cervelletto del bambino presentano geni mutati che influenzano negativamente l’azione del sistema immunitario attivo nel cervello. Quindi l’approccio immunoterapeutico che agisce attraverso una sua specifica attivazione delle cellule immunitarie stesse per combattere il tumore deve essere usato con cautela proprio per la presenza di meccanismi genetici di evasione dall’azione del sistema immunitario nel combattere il Medulloblastoma».

Genetisti, chimici, biochimici, farmacologi, structural biologist, chirurghi, patologi hanno lavorato gomito a gomito per raggiungere questo risultato. Un lavoro svolto a livello internazionale con il contributo di ricercatori e medici da Napoli a Londra, passando per Dusseldorf, Parigi e Uppsala, fino a Toronto e San Francisco. Alla ricerca ha partecipato il team di neurochirurgia dell’Ospedale Santobono, con Giuseppe Cinalli, Lucia Quaglietta e Antonio Verrico. Vittoria Donofrio, medico del Santobono, ha curato l’aspetto patologico e clinico insieme a Felice Giangaspero dell’Università la Sapienza di Roma e Angela Mastronuzzi dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma. Gli studi molecolari legati alla sintesi e alla definizione attraverso studi dinamici di interazione del farmaco con la proteina Prune-1 sono stati condotti da Aldo Galeone del dipartimento di Farmacia della Federico II di Napoli, e da Roberto Fattorusso dell' Università L. Vanvitelli di Napoli.

La ricerca è nata dall'incontro con Leonardo, un bambino affetto da un medulloblastoma di tipo 3, che non gli ha lasciato scampo. Aveva 5 anni quando gli è stato diagnosticato. «Un giorno è venuto qui al Ceinge con i suoi genitori – racconta Zollo – Al suo papà aveva chiesto di trovare il migliore studioso del suo male. Leo è stato con noi, è entrato nei laboratori, ha conosciuto i nostri ricercatori. Ha voluto che gli spiegassimo cosa facciamo. Il suo coraggio non è stato vano». Infatti lo studio del gruppo di Zollo è stato fatto proprio su un campione di Leo. Da quell'incontro Zollo e i suoi non hanno smesso un attimo di studiare, di provare, di verificare. «C’è voluta tanta tenacia, fatica e determinazione per portare avanti questo studio e tutte le forze messe in campo, parlo di tutte le collaborazioni nazionali ed internazionali che abbiano avuto, hanno avuto un ruolo importante. E non nascondo che Leo è stato ed è sempre nei nostri cuori, la nostra guida». Leo se ne è andato nell’ottobre del 2015. Nessuno ha dimenticato quel coraggioso bambino, il suo sorriso, la sua forza. La scuola che frequentava, insieme alla famiglia, agli insegnanti e agli alunni, sostiene con una serie di iniziative la ricerca scientifica, che si svolge a Napoli. «Basta andare sulla pagina Facebook della scuola di Leonardo, leggere quello che fanno i suoi compagni di scuola, vedere tutto l’amore e la solidarietà che esiste, per capire perché lavoriamo senza sosta», ha detto Massimo Zollo.

Il team di ricercatori non è riuscito a salvare Leo, ma il suo coraggio ha portato i ricercatori a fare un enorme passo in avanti nella ricerca per sconfiggere uno dei tumori più aggressivi del cervelletto nel bambino. Il medulloblastoma del gruppo 3 è un tumore tipicamente metastatico, colpisce il cervelletto e il IV ventricolo e produce man mano metastasi nella colonna spinale. La diagnosi avviene mediate risonanza magnetica e non sempre è possibile intervenire chirurgicamente. Circa il 50% dei casi dopo circa 2 anni ha una prognosi infausta. «Ora siamo in grado di fare diagnosi dei medulloblastoma del gruppo 3 - chiarisce Zollo – che purtroppo hanno attualmente una prognosi infausta. Adesso finalmente abbiamo un arma, una piccola molecola che può essere usata per sviluppi clinici. Purtroppo, per avviare questa attività per studi nell’uomo occorrono investimenti, siamo pronti ad accogliere azioni di aziende farmaceutiche che vogliano investire in questo sviluppo e portare questa molecola a diventare farmaco. Siamo in grado di passare subito agli studi di fase 1, in Italia e all’estero».
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