Napoli, Ceinge e ricerca sul cancro
«Possiamo aiutare a sconfiggerlo»

Napoli, Ceinge e ricerca sul cancro «Possiamo aiutare a sconfiggerlo»
di Gerardo Ausiello
Domenica 16 Aprile 2017, 10:52
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Nasce anche dal cuore e dall'ingegno napoletano il vaccino contro l'ebola attualmente in fase di sperimentazione. Ma si è plasmato all'ombra del Vesuvio pure lo studio che potrebbe portare alla realizzazione di un nuovo farmaco contro la schizofrenia. E qui si è arrivati ad una importante scoperta sulla celiachia: lo sviluppo della malattia, che è di natura autoimmune e con predisposizione genetica, è dovuto a batteri e ad un virus finora ritenuto innocuo. Tutte conquiste della scienza che hanno un unico denominatore: sono opera degli sforzi dell'equipe di ricercatori del Ceinge, il Centro di ricerca sulle biotecnologie avanzate presieduto da Franco Salvatore, che ha il suo quartier generale all'interno del Policlinico federiciano. E che da anni ha lanciato la sfida alla malattia più temuta del secolo: il cancro.

Professor Salvatore, quali sono i risultati più significativi ottenuti dalla sua squadra?
«L'ultimo in ordine di tempo, pubblicato qualche giorno fa su Science, è frutto di collaborazioni internazionali. La scoperta è soprattutto opera del team di Chicago, coordinato da Bana Jabrì, cui ha partecipato una nostra dottoranda Semm (Scuola europea di medicina molecolare, ndr), e riguarda la celiachia: l'esistenza di un fattore scatenante infettivo, un particolare reovirus fino ad oggi considerato innocuo. Questa ricerca è stata preceduta pochi mesi prima da studi pubblicati da un team del Ceinge, guidato da Lucia Sacchetti, che ha individuato per primo un'altra causa infettiva, stavolta batterica. Le ricadute pratiche possono essere rilevanti perché, come per ogni altra causa virale o batterica, è possibile intervenire con agenti antinfettivi e vaccini».

E sull'ebola?
«Sono stati compiuti incoraggianti passi in avanti. I ricercatori di Okairòs al Ceinge hanno lavorato molto spesso con materiale derivato dalle scimmie. Così è nato il vaccino di cui ha scritto a marzo la rivista scientifica New England Journal of Medicine».

Veniamo alla schizofrenia.
«Il laboratorio di Neuroscienze traslazionali del Ceinge, guidato da Alessandro Usiello, ha analizzato il ruolo di un amminoacido, il D-aspartato, presente nel cervello umano scoprendo che è capace di attivare i circuiti neuronali implicati nella memoria e nell'apprendimento. In passato altri studi in materia hanno dimostrato che livelli più elevati di D-aspartato nel cervello sono in grado di potenziare le connessioni esistenti tra le terminazioni sinaptiche e, di conseguenza, di migliorare le performance cognitive degli animali da laboratorio. Le applicazioni di tali scoperte in campo biomedico coinvolgono anche la schizofrenia. In un recente lavoro svolto in collaborazione con altri importanti centri di ricerca italiani, infatti, i nostri scienziati hanno evidenziato alterazioni nel metabolismo del D-aspartato nel cervello post mortem di pazienti che soffrono di tale disturbo psichiatrico. Lo stesso team ha poi scoperto che il D-aspartato è implicato negli effetti neurochimici esercitati da uno degli psicofarmaci più diffusi al mondo: l'olanzapina. Un traguardo che potrebbe portare alla creazione di un farmaco specifico».

Che contributo state fornendo alla ricerca sul cancro?
«Negli ultimi anni, grazie alle ricerche di Achille Iolascon e Mario Capasso, si è riusciti a svelare le basi genetiche di un tumore dell'infanzia chiamato neuroblastoma, che presenta ancora un'alta percentuale di mortalità. In pratica, il gruppo di scienziati ha scoperto le mutazioni che si verificano in geni responsabili dello sviluppo del cancro e della sua progressione. È stato inoltre dimostrato che questi geni hanno un ruolo cruciale anche nella diffusione di altri tumori dell'adulto, come il melanoma. Ora si sta sviluppando un metodo per identificare mutazioni del Dna che avvengono nel tessuto tumorale ma che possono anche essere saggiate nel sangue. La messa a punto di questa tecnica non invasiva, detta biopsia liquida, consentirà di monitorare l'andamento della malattia durante il trattamento, individuando precocemente il momento in cui il tumore impara a neutralizzarne l'effetto. Sarà possibile, quindi, realizzare cure personalizzate. Ma tanti altri ricercatori al Ceinge lavorano per combattere il cancro, lo stesso team diretto da me cerca di conoscere quante più mutazioni possibili determinino i vari tipi di tumori familiari; Massimo Zollo, attraverso lo studio del gene prune-1, tende a combattere il cancro al seno più aggressivo; i team di Fabrizio Pane e Luigi Del Vecchio ricercano ed effettuano indagini per diagnosticare, monitorare e agire terapeuticamente sulle varie forme di leucemia. Nel campo delle malattie infettive, infine, il gruppo da me diretto e quello di Antonello Pessi hanno sintetizzato e studiano molecole peptidiche piccole, le defensine, a cui gli individui non diventano resistenti, come invece accade per gli antibiotici».

È difficile fare ricerca a Napoli?
«Le condizioni non sono particolarmente favorevoli, qui come nel resto del Paese, ma noi ce la mettiamo tutta. Cruciali, in questo senso, sono gli sforzi della Semm, che promuove formazione e ricerca in campo biomedico. Ebbene su un totale di 63 dottori di ricerca formati presso la Semm di Napoli il 42,3 per cento ha trovato impiego all'estero, il 31,7 in Italia, il 23,8 presso Ceinge e Tigem. Ma le risorse destinate dal Paese a questo settore sono, com'è noto, insufficienti. Per questo rivolgo un appello al governatore Vincenzo De Luca, che ha più volte detto di voler puntare sulla ricerca affinché la Campania svolga un ruolo determinante nella battaglia per sconfiggere il cancro. Noi siamo pronti a fare la nostra parte».
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